01/07/2014
Carceri. Italia condannata anche dall'Europa
Un paese dentro l'Unione Europea, ma fuori dall'Europa.
Hai voglia a dire che rispetterai tutti i patti economici, fiscali, militari, ecc. Questo farà di un paese un perfetto soldatino che affama il proprio popolo. Ma se le tue "forze dell'ordine" si possono comportare come aguzzini preistorici, e i tuoi tribunali li mandano assolti o con pene ridicole, mentre i comandi li confermano in servizio, allora non sei un paese che merita di essere definito europeo.
La condanna, ancora una volta, arriva da Strasburgo. Per un episodio specifico, non per il sovraffollamento. Ed è anche peggio.
Gli agenti colpevoli di atti di violenza avvenuti nel carcere di San Sebastiano di Sassari nell’aprile 2000 non hanno ricevuto pene proporzionali al reato commesso. Il detenuto che aveva denunciato l'accaduto, Valentino Saba, riceverà un rimborso molto modesto - 15mila euro di "danni morali" - ma si è visto riconoscere la veridicità di quanto sostenuto.
Soprattutto, ne esce maciullata la credibilità della magistratura locale - in Sardegna, da sempre, si dice che viga un codice penale diverso da quello nazionale - e l'onorabilità della polizia penitenziaria. E stiamo usando eufemismi...
La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per aver sottoposto a "trattamento inumano e degradante" - ma non per tortura, come richiesto dal ricorrente - i detenuti che denunciarono gli atti di violenza. Il processo che ne seguì è stato smantellato dai giudici europei: tempi infiniti (per facilitare la prescrizione), pene troppo leggere rispetto ai reati commessi, proscioglimenti facilitati.
Gli esempi sono agghiaccianti. Appena 100 euro di multa inflitti a un agente per non aver denunciato le violenze (meno di un divieto di sosta, insomma); oppure la generale sospensione della condanna al carcere per tutti gli altri.
Ma non basta. La Corte europea ha stigmatizzato il comportamento ignobile delle "autorità italiane" - il governo, dunque, per tramite dei ministri interessati - per non aver spiegato se gli agenti sotto processo siano stati o no sospesi dal servizio. Come peraltro stabilisce la giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
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