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02/09/2014

Usa cerca ‘volenterosi’ per gestire la guerra all’islam jihadista


‘Coalizione dei volenterosi’ contro IS. Nell’attesa di trovare soci, gli Usa, sul notiziario delle forze armate ‘Stars and Stripes’ pubblicano i conti: le operazioni militari in Iraq, attacchi aerei e voli di sorveglianza, sono costate circa 560 milioni dollari. 7,5 milioni di dollari al giorno.

SPILORCI. John Kirby, addetto stampa del Pentagono, è pignolo come un ragioniere, oppure come un militare: il costo medio giornaliero dell’intervento di sostegno aereo americano all’Iraq, è stato di 7,5 milioni di dollari. Che poi fanno il bel totale di circa 560 milioni. Sino ad oggi. Soldi che escono dal fondo di ‘Emergenza all’estero’ e basteranno fino a settembre. Poi? Poi toccherà al Congresso mettere mano al portafogli nel prossimo ‘Esercizio di bilancio’, quando dovranno essere riesaminate le operazioni in Iraq, decidere se andranno intensificate e, se sì, con chi spartire gli oneri.

VOLENTEROSI. Una ‘Coalizione dei volenterosi’ contro l’IS. E il Segretario della Difesa Chuck Hagel inizia il suo tour ‘promozionale’ dalla Turchia. Non a caso. Il presidente Obama sta valutando altre opzioni militari. Ed è alla ricerca di alleati nel mondo. “Qualsiasi strategia di successo... ha bisogno di forti partner regionali”, ha detto Obama nei giorni scorsi. E gli Stati Uniti non hanno una strategia per sconfiggere la crescente minaccia estremista proveniente dalla Siria - dice Washington - perché manca ancora, o resta al momento informe, una coalizione internazionale anti IS nel mondo.

ANTI CALIFFO. Per sconfiggere gli estremisti dello Stato Islamico che nell’ultimo anno e mezzo hanno vinto contro tutti, bisogna attaccare i loro santuari in Siria. Ma con quali alleati e quali forze in campo? Scegliere tra una vasta gamma di governi e milizie. Alcuni in competizione l’uno contro l’altro per l’influenza se non impegnati in guerra aperta. Scegliere bene per non ripetere l’errore di sostenere quell’integralismo che poi generò Isis, in chiave anti Assad. Diamo uno sguardo a quello che gli Stati Uniti stanno chiedendo o non chiedendo ad alcuni dei giocatori centrali della regione.

IRAQ. Gli Stati Uniti vogliono che il nuovo governo di al-Abadi coinvolga i sunniti allontanandoli dalle tentazioni verso lo Stato islamico. L’esercito non può far altro che migliorare dopo essere fuggito in combattimento. Poi, continuare ad armare le forze curde irachene. Tutti gli sforzi mirano a spingere indietro gli estremisti sul campo di battaglia e a isolarli dalle comunità di supporto. Come era già accaduto nei dieci anni di occupazione Usa rispetto ad Al Qaeda. Oggi gli orfani sunniti di Saddam e ciò che resta del partito Baath, ad esempio, per togliere loro reclute locali e rifugi sicuri.

SIRIA. L’epicentro del problema, la Siria, è il grande punto interrogativo per Obama. Dilemma etico: cooperare col presidente Bashar Assad contro lo stesso nemico islamico favorendo la sua permanenza al potere dopo una sanguinosa guerra civile. Stati Uniti e funzionari siriani hanno ovviamente problemi di comunicazione. Tuttavia, gli USA hanno bisogno di una forza di terra capace d'imporsi contro i miliziani jihadisti. E non saranno soldati americani. Ed in Siria, esistono solo due alternative reali all’esercito di Assad e agli islamisti: i pochi ribelli moderati (*) e pochi curdi (**).

TURCHIA. Unico partner Nato degli Stati Uniti tra i paesi confinanti con la Siria, la Turchia è Paese fondamentale in qualsiasi progetto di azione politica, o di supporto militare. Da ottenere subito una maggiore prevenzione nel flussi di armi verso la Siria, e del contrabbando di petrolio dalla Siria in Turchia, fonte significativa dei ricavi dei miliziani IS. Se gli Stati Uniti decideranno di sostenere più seriamente l’opposizione laica siriana, dovranno chiederà al neo presidente Erdogan di contribuire in grande stile. Gran parte della leadership moderata dell’opposizione è in Turchia.

QATAR. Secondo gli Usa il Qatar non starebbe sostenendo il ‘Califfato islamico’, ma deve fare di più per bloccare le donazioni che arrivano alla jihad. E con i suoi miliardi di petrolio, l’Emirato potrebbe contribuire a staccare dal Califfo le componenti meno estremiste del mondo sunnita, quelle che hanno aderito alla causa dell’IS per disperazione in Siria o per emarginazione in Iraq. Per modellare una opposizione siriana ‘amica’ gli Stati Uniti hanno bisogno che il Qatar scelga meglio quali gruppi aiutare. Sino a ieri ha sostenuto alcuni attori sgradevoli pur d'espandere la propria influenza regionale.

GIORDANIA. Stati Uniti e le forze speciali giordane hanno collaborato per un paio d’anni in Siria, vagliando i gruppi di opposizione e la fornitura di armi limitate alle formazioni ritenute degne di assistenza. Gli americani probabilmente cercheranno un ruolo militare attivo per i giordani, che potranno forse ottenere solo attraverso il loro impegno alla distruzione definitiva dei miliziani IS. “Re Abdullah non vuole rimanere appeso là fuori, se gli Stati Uniti lasciano”, dice Frederic Hof, l’ex uomo di punta del Dipartimento di Stato per la Siria e senior fellow presso il Consiglio Atlantico.

LIBANO. Il Libano presenta una situazione molto più complicata. Innanzitutto per l’influenza del gruppo sciita Hezbollah nel paese, e la sua partecipazione militare attiva a favore di Assad nella guerra civile siriana. Al massimo, giudicano gli analisti di Washington, gli Stati Uniti potrebbero sperare che il Libano riesca a mantenere un coperchio sui suoi problemi interni e non aggiunga nell’area una sua guerra di religione tra sciita e sunniti. Oltre a mantenere sulla sua spalle il milione e trecentomila profughi ufficiali dalla Siria, almeno un milione e mezzo per le valutazioni locali.

IRAN. Altra contraddizione storica per gli Stati Uniti. Nessun spazio ufficiale tra Washington e Teheran per una collaborazione. Ufficiosamente però... Sulla Siria obiettivi in netto contrasto, con unità iraniane che lottano per Assad. Sullo Stato islamico, invece gli interessi iraniani e Usa si allineano. Si parla di colloqui segreti sulla questione. Gli americani incassano il sostegno dell’Iran al nuovo governo di Baghdad e fanno finta di non vedere il continuo e sostanzioso sostegno militare iraniano alle autorità irachene e ai curdi nel nord, in violazione delle sanzioni delle Nazioni Unite.

RUSSIA. Se non fosse per l’Ucraina Washington avrebbe potuto chiedere a Mosca di fare da intermediario con la Siria. E se non fosse per l’Ucraina probabilmente il Cremlino avrebbe accettato. Ora difficilmente acconsentirà alla benedizione Onu per una azione di forza in Siria. Gli Stati Uniti potrebbero chiedere a Putin di mettere una parola con Assad se gli Usa manderanno aerei e forze speciali in territorio siriano. Ma ora la Russia insisterà sulla richiesta di Assad che qualsiasi azione militare internazionale sia soggetta all’approvazione del sua governo.

EUROPA. Farebbe comodo che la Gran Bretagna e la Francia partecipassero attivamente ai progetti d'intervento, ma la preoccupazione maggiore riguarda i jihadisti stranieri di IS. Gli Stati Uniti vogliono una accresciuta vigilanza sulle migliaia di europei arruolati con gli estremisti in Iraq e in Siria. Problema Usa, dato che la maggior parte degli europei possono visitare gli Stati Uniti senza visto e gli americani possono viaggiare liberamente in Europa. I servizi segreti vedono i volontari islamici con passaporti occidentali come la più grande minaccia terroristica oggi per gli Stati Uniti.

Fonte

* Ribelli moderati che a detta di tutti ormai non esistono, ammesso che siano mai esistiti.

** Su questi si potrebbe puntare, il problema è che i curdi siriani sono molto più vicini al Pkk turco che ai peshmerga del Barzani filo USA.


Riassunto: il caos che sfugge di mano.

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