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02/09/2014

Cadaveri e nemmeno eccellenti: Giuliano Pisapia

Come ogni anno, quando si annuncia il declino dell’estate, nella politica istituzionale partono le ipotesi di formule d'alleanza un po’ innovative un po’ sperimentali. O meglio, partivano, perché oggi non è così difficile pensare una maggioranza politica. Non richiede nessun sforzo, per così dire, politico: basta capire quali provvedimenti di tagli, o di contenimento della spesa, sono più graditi a Bruxelles, e poi una maggioranza per votarli si trova. Ma c’è sempre qualcuno che ama le tradizioni e, anche se l’estate quest’anno non è calda come ai tempi in cui De Mita tirava fuori immaginifiche formule politiche di primo settembre, qualche rispettoso del rituale del dibattito salta sempre fuori.

È il caso di Giuliano Pisapia che, senza accorgersi di provocare l’effetto trapassato remoto che fa, argomenta, a parer suo seriamente, di un nuovo soggetto politico a sinistra che dialoghi col Pd. Insomma la grande novità starebbe nell’ennesima operazione di marketing politico che ripropone, senza neanche un sospiro di originalità, il mito dello spostamento a sinistra del Pd, una volta stimolato dal soggetto giusto. A venti anni dalla nascita del centrosinistra, che i soggetti della sinistra li ha spostati tutti ma a destra, più che incavolare, una proposta del genere suscita imbarazzo verso chi la fa. Rimasto magari alle formule politiche di tre anni fa, quando è stato eletto sindaco, senza un reale futuro davanti. Ma veniamo al Pisapia che, ligio agli ordini di scuderia Pd, manda un messaggio (sgangheratissimo dal punto di vista della comunicazione) agli elettori livornesi, nel periodo del ballottaggio tra Ruggeri e Nogarin a favore del candidato del Partito Democratico. Di quale Pisapia stiamo parlando?

Di quello che, dopo aver battuto Letizia Moratti alle Amministrative 2011, oltre a sgomberare occupazioni, ha compiuto due atti fondamentali per capire di quale tipo di sinistra stiamo parlando. Il primo, dopo aver preso i voti dei comitati No Expo, è stato quello di continuare con il “governo” di Expo, la madre di tutte le tangenti, e di tutte le devastazioni dei territori, degli anni ’10. Il secondo, simbolico e non solo, è stato il ritiro del Comune di Milano dalla costituzione di parte civile al processo contro Deutsche Bank per la truffa dei derivati alle amministrazioni locali (e quindi ai cittadini di Milano). Non sia mai, se una banca riempie di derivati il Comune di Milano, che Pisapia mantiene la costituzione di parte civile.

L’innovazione di Pisapia si è purtroppo, e spiace dirlo, materializzata nella piena adesione di un ceto politico, autoproclamatosi di sinistra, al mattone e alle banche. Non solo una adesione non proprio originale ma anche di quelle che si fanno a ciclo finito. In Lombardia la grande polpa dell’affare mattone-banche l’ha divorata, nel quindicennio precedente a Pisapia, il centrodestra (con i Penati a supporto, ci mancherebbe). Oggi ai Pisapia rimangono le bucce, evidentemente basta.

Lasciamo poi perdere la politica reale. Non è affare dei Pisapia. Un soggetto politico non parte da formule da galateo del tempo che fu (chi siede a destra del tuo scranno, chi più a sinistra) ma da idee innovative su euro, fiscal compact, tecnologie, sapere, innovazione, energia, reddito, risanamento del territorio, comunicazione. Ecco quindi che questo signore, che un tempo fu di Soccorso Rosso e oggi fa fatica a farsi imbarcare anche tra i volontari del soccorso al Pd, si propone. Non si sa bene a fare cosa, di fronte al quinquennio più rischioso della storia d’Italia dall’unità ad oggi, parlando un linguaggio fuori tempo, fuori sincrono, fuori dalle scadenze reali.

Di fronte ad un certo proporsi, onestamente non si sa bene a far cosa, non si può provare qualcosa di diverso dall’imbarazzo per chi si propone. Ma evidente a qualcuno va bene così, senza porsi il problema se, per come si propone, fa ridere, sorridere o stramazzare per terra dalle risate.

Redazione

1 settembre 2014


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