E’ questo, per sommi capi, il ragionamento proposto dall’oligarca ucraino Poroshenko per giustificare la disfatta delle forze armate e dei battaglioni punitivi della Guardia Nazionale che negli ultimi dieci giorni non fanno altro che incassare sconfitte nel corso dei combattimenti nelle città del Donbass. Come a dire: si, è vero, stiamo perdendo, ma è perché combattiamo con i russi.
I russi ci sono, i russi non ci sono... finora ne abbiamo visti solo dieci – nella fattispecie paracadutisti – catturati dalle guardie di frontiera ucraine qualche giorno fa dopo che avevano sconfinato (per errore, si è giustificata Mosca) e subito scambiati con una sessantina di militari di Kiev che per sfuggire ai combattimenti erano riparati oltre il confine della Federazione Russa. Per il resto, i famosi 4-5000 militari mandati da Putin insieme a centinaia di carri armati non si sono visti, anche se il sostegno di Mosca alle milizie delle Repubbliche Popolari nelle ultime settimane è cresciuto parecchio. Ma oltre ad armi russe i miliziani possono contare ultimamente su un vero e proprio arsenale sequestrato a circa un migliaio di soldati e ‘paramilitari’ ucraini che si sono arresi o sono stati catturati. Anche armi americane supermoderne (come il fucile di precisione che imbraccia la miliziana nella foto).
Semmai il problema per le repubbliche di Donetsk e Lugansk è cosa farsene di un numero così alto di prigionieri, per la maggior parte volontari di estrema destra o sbandati arruolatisi nei battaglioni Azov, Donbass e Dnipro per mettere in riga 'i russi' e che negli ultimi giorni sono scappati a gambe levate, a volte abbandonando blindati e carri armati rimasti senza carburante.
Anche nelle ultime 24 ore dal fronte sono arrivate notizie assai penose per gli oligarchi ucraini che non a caso continuano a invocare un intervento Nato immediato e risoluto.
Ieri l'esercito ucraino si è ritirato, oltre che da una decina di villaggi e importanti avamposti, anche dall'aeroporto di Lugansk e dalla cittadina di Georgivka, scappando sotto l'incalzante offensiva dei guerriglieri e il martellare della loro artiglieria. «A giudicare dalla precisione dei colpi d'artiglieria a sparare sono professionisti delle forze armate russe» ha accusato un portavoce dei comandi militari di Kiev. Stesso scenario anche a Donetsk dove le milizie si sono riprese l’aeroporto dopo un feroce combattimento togliendo ai nazionalisti una postazione dalla quale per mesi hanno bersagliato gli edifici della città con bombe e missili che hanno fatto strage di civili.
Ieri mattina il portavoce del Consiglio di Sicurezza di Kiev ha ammesso la perdita di sette militari, ma il bilancio delle vittime nell’esercito ucraino è assai più alto e il disfattismo comincia a serpeggiare all’interno della truppa già demotivata e demoralizzata. E in un quadro del genere la notizia che il governo ucraino vuole ristabilire la leva obbligatoria potrebbe far crescere malumori e proteste e rivelarsi un boomerang.
Per le forze armate di Kiev non va meglio sugli altri fronti: l’altro ieri un’imbarcazione della Guardia Costiera ucraina è stata colpita e messa fuori uso al largo della città portuale di Mariupol mentre ieri gli insorti sono riusciti ad abbattere un altro caccia di Kiev, un Sukhoi Su-27, vicino al al villaggio di Merezhki (Donetsk).
Fonte
* La miliziana in foto non imbraccia un'arma americana. Osservando il calcio e la parte posteriore dell'ottica di puntamento, si può dedurre che si tratti di un fucile di precisione Dragunov di fabbricazione russa, un'arma validissima nella propria "specialità", ma non classificabile come "supermoderna".
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