Nello Yemen dimenticato dai media si muore ogni giorno. Si muore di
guerra ma anche di fame: gli aiuti non arrivano perché l’Arabia Saudita
continua a imporre il blocco aereo e navale e il cargo dell’Onu
attraccato ad Aden dieci giorni fa è stato una goccia nel mare
dell’emergenza umanitaria.
Negli ospedali non c’è carburante per i generatori di
elettricità, non ci sono quasi più medicinali. Mancano anche i medici:
quelli stranieri sono stati evacuati dalle ambasciate, quelli locali
sono tornati nelle loro case. Ma non c’è neppure cibo. In internet
girano foto di bambini e neonati malnutriti, scheletrici, nei letti
degli ospedali dove sono stati ricoverati a seguito del conflitto.
Già prima del lancio dell’operazione anti-Houthi “Tempesta decisiva”,
da parte di Riyadh e degli alleati del Golfo, lo Yemen aveva – secondo
il World Food Programme – uno dei più alti tassi al mondo di
malnutrizione infantile: metà dei bambini sotto i 5 anni non ha accesso
regolare al cibo, che in Yemen non si produce. Il 90% dei prodotti
alimentari di base vengono importati dall’estero.
E oggi quel poco cibo che c’è costa troppo. Come i vaccini e i
medicinali, dice allarmata l’Unicef: 16mila bambini sono gravemente
malnutriti e rischiano la vita, mentre 1.3 milioni sono a rischio
malnutrizione.
Fuori, intanto, prosegue la guerra: la tregua a senso unico
dichiarata da Riyadh sabato scorso è finita poche ore dopo. Ieri missili
lanciati dal movimento Houthi a nord verso la frontiera con l’Arabia Saudita hanno ucciso 3 soldati sauditi e un paramilitare. A est, nella
provincia di Hadramaut, quasi del tutto in mano ad Al Qaeda nella
Penisola Arabica (Aqap), un attentatore suicida a bordo di un’auto si è
fatto esplodere vicino ad una base militare, uccidendo almeno nove
soldati e ferendone 30.
Scontri in corso anche nella martoriata città di Taiz,
contesa tra movimento ribelle Houthi e forze fedeli al governo del
presidente Hadi, in esilio volontario in Arabia Saudita. A sud teatro
dello scontro è ancora Aden, ripresa dal governo due settimane
fa, e le aree periferiche con gli Houthi che perdono terreno a favore
delle forze militari governative. A guidare l’avanzata è la Resistenza
Meridionale, fazione secessionista del sud che punta a ridividere lo
Yemen in due. Una minaccia agli stessi obiettivi di Hadi e di
Riyadh che però non disdegnano di sfruttare gli uomini armati del
movimento secessionista e anche di Al Qaeda. Perchè per ora il nemico è
lo stesso.
La crisi è profonda: dal 26 marzo, quando l’Arabia Saudita ha
attaccato lo Yemen, sono morte oltre 4mila persone (oltre la metà
civili), quasi 20mila i feriti, oltre un milione gli sfollati interni.
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