di Michele Paris
Grazie a
un’ingiunzione emessa questa settimana da un giudice federale,
l’amministrazione Obama ha fatto un passo avanti forse decisivo
nell’acquisizione degli strumenti necessari a penetrare i sistemi di
sicurezza dei telefoni cellulari in possesso di utenti privati. La
giustificazione per questa mossa dalle gravissime implicazioni è la
necessità di accedere al contenuto dell’iPhone appartenuto a uno dei due
attentatori che lo scorso anno erano stati protagonisti del sanguinoso
attacco a un centro conferenze di San Bernardino, in California.
Il
giudice Sheri Pym del tribunale distrettuale federale della California
centrale ha imposto martedì a Apple di trovare un modo, ovvero di
realizzare un apposito software, per “bypassare e disabilitare” il
sistema crittografico che fa parte del sistema operativo iOS9 e che
serve a proteggere la privacy dei propri smarthphone.
Gli agenti
dell’FBI non sono infatti in grado di accedere all’iPhone del defunto
Syed Rizwan Farook a causa del sistema che prevede l’auto-cancellazione
dei dati dopo avere effettuato dieci tentativi di sbloccarlo. Questa
sicurezza non consente il ricorso al metodo solitamente utilizzato dalla
polizia federale americana per penetrare i dispositivi elettronici,
provando cioè tutte le possibili password fino all’individuazione di
quella corretta.
In questa vicenda, la posta in gioco è
enormemente più grande di un telefono appartenuto a un terrorista morto.
Tramite l’ordine emesso contro Apple, e con l’immancabile riferimento
alla lotta al terrorismo, il governo americano intende attribuirsi la
facoltà di aggirare i sistemi crittografici dei dispositivi per riuscire
a monitorare le comunicazioni elettroniche che restano attualmente al
di fuori della propria portata.
Un “dibattito” sul bisogno delle
autorità di polizia di avere uno strumento pseudo-legale per eludere gli
ostacoli rappresentati dalla crittografia è in corso da tempo negli
Stati Uniti e non solo. Gli attentati degli ultimi mesi, tra cui appunto
quello di San Bernardino e quelli di Parigi, avevano dato l’occasione
ai vari governi di tornare alla carica per abbattere uno degli ultimi
muri rimasti contro l’invadenza dei servizi di sicurezza.
Il
presidente Obama si era rifiutato di appoggiare pubblicamente
un’eventuale nuova legge che fornisse alle forze di polizia gli
strumenti per aggirare i sistemi crittografici, ma la sua decisione non
era basata su questioni di principio, bensì era dettata solo da ragioni
di opportunità, vista la vastissima opposizione popolare e delle stesse
compagnie informatiche.
A testimonianza della determinazione con
cui il governo USA intende comunque raggiungere questo obiettivo, il
giudice Pym ha addirittura fatto riferimento a un’oscura legge – “All
Writs Act” – che, nella sua forma originaria, è stata scritta nel XVIII
secolo. Grazie a un’interpretazione elastica di essa, un giudice può
attribuirsi ampie facoltà di imporre a “parti terze” l’esecuzione di un
ordine del tribunale, sospendendo in sostanza le restrizioni ai poteri
dello stato previste dalla Costituzione.
Le rassicurazioni della
Casa Bianca sul caso in corso in California sono da prendere a dir poco
con le molle. In una conferenza stampa, il portavoce del presidente,
Josh Earnest, ha garantito che il Dipartimento di Giustizia non sta
cercando di ottenere un modo per accedere “dalla porta di servizio” agli
smartphone protetti da crittografia, ma l’ingiunzione a Apple è
limitata a “un solo dispositivo”.
In realtà, il governo sta
cercando di assicurarsi il potere di fare precisamente quanto dice di
escludere. A provarlo ci sono non solo le numerose dichiarazioni degli
ultimi mesi di vari esponenti politici e dell’apparato della sicurezza
nazionale, tra cui il direttore dell’FBI James Comey, sulla necessità di
limitare i sistemi crittografici, ma anche i precedenti dell’Agenzia
per la Sicurezza Nazionale (NSA), i cui programmi di sorveglianza
globale sono stati rivelati da Edward Snowden.
L’amministratore
delegato della Apple, Tim Cook, ha fatto riferimento alle implicazioni
dell’ordine emesso dal giudice californiano nella dichiarazione con cui
ha annunciato che la sua azienda intende appellarsi per renderlo nullo.
Cook ha affermato che “una volta creata, la tecnica [per aggirare la
crittografia dell’iPhone] può essere usata all’infinito, su qualsiasi
dispositivo”, come un “passepartout in grado di aprire centinaia di
milioni di serrature”.
“Il governo”, ha spiegato Cook, “sta
chiedendo a Apple di hackerare i suoi stessi utenti”, visto che il
software richiesto potrebbe essere usato per “intercettare i vostri
messaggi, accedere alle vostre informazioni sanitarie o finanziarie,
individuare la vostra posizione e addirittura attivare il microfono o la
fotocamera del vostro telefono senza che ve ne rendiate conto”.
La
presa di posizione del numero uno di Apple non deve comunque trarre in
inganno sulla disposizione verso le richieste del governo americano di
questa e delle altre compagnie tecnologiche, rimaste non a caso in larga
misura in silenzio in questi giorni. Solo mercoledì, ad esempio, il CEO
di Google, Sundar Pichai, ha tardivamente appoggiato il collega di
Apple, limitandosi però a esprimere il proprio parere con una serie di
“tweet”.
Per cominciare, come ha rivelato Snowden, queste aziende
collaborano quanto meno da oltre un decennio con il governo per
garantire alla NSA e alle altre agenzie federali l’accesso ai propri
server e, di conseguenza, alle informazioni private dei loro utenti. Lo
stesso Tim Cook, inoltre, ha assicurato che Apple intende continuare a
collaborare con il governo nella farsa della “guerra al terrore”, visto
che “quando l’FBI ha richiesto dei dati [relativi ai propri clienti],
essi sono stati forniti”.
La resistenza mostrata da Apple alla
richiesta di sbloccare l’iPhone di Syed Rizwan Farook è insomma motivata
soltanto da ragioni di ordine economico. L’indebolimento dei sistemi di
sicurezza installati sui propri prodotti, garantendo l’accesso a essi
da parte del governo USA e possibilmente anche da hacker, assesterebbe
un grave colpo all’immagine della compagnia, penalizzandola in maniera
sensibile visto il livello di competitività globale in questo segmento
di mercato.
Per il New York Times, infatti, i vertici di
Apple si auguravano di risolvere le difficoltà di accesso al
dispositivo in questione senza il bisogno di creare un apposito software
e, soprattutto, hanno mostrato non poca irritazione di fronte alla
decisione del governo di rendere pubblica la propria richiesta di
eludere la crittografia invece di ricorre a una procedura o a un accordo
segreto.
Lo
stesso quotidiano ha raccontato di frenetiche discussioni il mese
scorso tra gli avvocati di Apple e gli uomini del Dipartimento di
Giustizia di Washington per convincere la compagnia a cedere e ad
accogliere le richieste del governo. Solo quando si è accertato che non
era possibile giungere a un compromesso, il governo ha proceduto con la
richiesta di ingiunzione in tribunale e Apple ha deciso di rendere
pubblico il proprio dissenso.
Lo stallo, ad ogni modo, potrebbe
essere risolto dalla Corte Suprema nel prossimo futuro, anche se in
molti credono che il Congresso abbia intenzione di intervenire per
approvare una legge che, verosimilmente con appoggio bipartisan, imponga
alle compagnie tecnologiche di creare un accesso agli smartphone
protetti da crittografia, accontentando finalmente le agenzie
governative e contribuendo a smantellare ancor più le residue garanzie
di privacy e i diritti democratici dei cittadini.
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