Non sono state raggiunte le 500mila firme necessarie per il referendum sull’Italicum. Lo hanno reso noto Alfiero Grandi, Massimo Villone, Silvia Manderino in una dichiarazione a nome del Comitato promotore sui referendum istituzionali. La raccolta delle firme sui due quesiti si è fermata a quota 420.000 (418.239 per quello contro il premio di maggioranza e 422.555 per quello sui capilista bloccati). “Ha pesato l’assenza pressoché totale dell’informazione sulla raccolta delle firme e sulle sue ragioni, effetto del prevalente conformismo dettato dai gruppi di potere dominanti nell’informazione e da autocensure che non fanno onore alla categoria” denuncia il Comitato.
Il comitato ha assicurato però che la battaglia contro l’Italicum non si ferma, perché parallelamente alla proposta referendaria è andata avanti anche la strada del quesito di incostituzionalità presentato alla Corte costituzionale, la quale si pronuncerà sulla sua ammissibilità il prossimo 4 ottobre.
La battaglia parallela portata avanti è quella per il No al referendum sulle riforme controcostituzionali annunciato dal governo e previsto a ottobre (sulla data ancora è mistero). Un referendum sul cui successo Renzi ha scommesso il suo futuro politico attirandosi le reprimende della Confindustria, delle banche e del Corriere della Sera che gli hanno esplicitamente chiesto di ritirare il suo “o vinco o vado a casa”. Dopo i risultati elettorali delle amministrative e la Brexit, un sacro timore sta percorrendo le vene delle classi dominanti.
“L’impegno prioritario – si legge ancora nel comunicato del Comitato promotore del mancato referendum – è per la difesa della Costituzione e della democrazia, nel quale dobbiamo spendere tutte le nostre energie nazionali e locali con un secco e forte No alle deformazioni della Costituzione. Tanto più che “un successo del No riaprirebbe anche il confronto sulla legge elettorale”.
Il mancato obiettivo della raccolta delle firme sui referendum istituzionali non può che diventare ulteriore motivo di riflessione tra le file della “sinistra democratica” sul suo effettivo insediamento sociale nel paese. Intanto venerdì scorso a Roma si è tenuta una prima riunione nazionale che ha cominciato a definire le caratteristiche della manifestazione nazionale da tenersi alla vigilia del Referenzum di ottobre, un “No Renzi Day” che, se ben gestito dentro la società, può effettivamente ambire a fare il risultato che serve: la vittoria del NO.
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