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16/08/2016

Capalbio e la fiera del luogo comune

Da qualche giorno impazza nella rete e sui giornali la vicenda del Comune di Capalbio, che si sarebbe ribellato alla decisione della Prefettura di Grosseto di collocare nel comune maremmano cinquanta rifugiati in attesa di permesso di soggiorno. In poche ore ha preso piede il festival del cliché: da una parte il Pd locale, che si lamentava della decisione che potrebbe incidere sull’immagine turistica cittadina, provocando a suo dire un potenziale fuggi fuggi del turismo benestante del luogo; dall’altra tutte le altre forze politiche che subito hanno gridato al “radical-chichismo” della sinistra romano-capalbiese.

Eppure, in questo caso, la vicenda non ha nulla a che fare con quella gauche caviar brava a predicare nei salotti ma allergica alla vita reale. Infatti, la questione riguarda la presa di posizione del Pd cittadino, e affiancare al Pd la parola o il concetto di “radical” è come minimo una provocazione. Il Pd non sta tradendo alcuna posizione politica in questa polemica, è perfettamente lineare con la sua impostazione programmatica e sociale. Quella “sinistra” romana di stanza a Capalbio nei mesi estivi è scomparsa da tempo immemore. Sono rimasti una serie di pensionati d’oro dal nome altisonante e dal ricco conto in banca, ma dall’inutile incidenza nelle sorti politiche della “sinistra” italiana. Il più “nobile” è Alberto Asor Rosa, quello che si augurava un golpe militare contro i governi Berlusconi, per dire. Stiamo parlando del niente, di tromboni ottuagenari o di piccoli cacicchi politici neo-democristiani.

E’ perfettamente normale che il Pd proponga di spedire quei rifugiati nelle periferie urbane, fuori dai circuiti del turismo, soprattutto se benestante, e che immagini “zone speciali” da destinare ai flussi turistici internazionali disinfettandole dalla popolazione povera autoctona. E’ la sua natura di classe, non le sue posizioni politiche, a spingerlo verso quell’inevitabile direzione. A destra, invece, la polemica è servita per dimostrare quanto l’accoglienza dei migranti sia una forzatura politica distante dai veri umori della popolazione: anche quella stessa “sinistra” che fa dell’accoglienza un merito, di fronte al migrante in carne e ossa rifiuta il contatto e mette veti a ogni possibile promiscuità. Dal proprio punto di vista ha ragione. E’ chiaro che per il Pd i migranti vanno accolti solo se detenuti nelle periferie metropolitane, come carne da lavoro sottopagata e senza diritti, ma esclusi da qualsiasi processo di inclusione effettiva nella comunità nazionale. Ma, a ben vedere, è ciò che in realtà vuole anche la destra! Qui il radical chic non c’entra nulla: è una dialettica tra due tipi di destra, una istituzionale ed europeista e l’altra nazionalista e xenofoba. Che perseguono, in realtà, un unico obiettivo, quello di disumanizzare il migrante impedendone ogni possibile integrazione sociale.

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