di Francesca La Bella
La guerra in Yemen sembra non avere tregua. La
rappresentanza Houthi avrebbe rifiutato l’accordo siglato in Kuwait per
un arretramento delle proprie forze dalle tre principali città del
Paese e i rappresentanti del Governo avrebbero, per questo, lasciato i
colloqui in atto. Il ministro degli
Esteri Abdel-Malek al-Mekhlafi avrebbe, però, affermato di essere
disponibile a riprendere il processo qualora gli Houthi e il loro
attuale alleato, l’ex presidente Ali Abdullah Saleh, decidessero di dare
il proprio benestare all’accordo ONU. Poche ore dopo, però, truppe
fedeli al Presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi hanno ripreso l’offensiva
contro il gruppo Houthi e le forze militari che appoggiano Saleh
sostenendo di essere ormai a sole 12 miglia da Sana’a. Parallelamente le
truppe Houthi e l’esercito yemenita fedele a Saleh avrebbero attaccato
la città di Samitah, nella provincia saudita meridionale di Najran.
Un atto particolarmente significativo in quanto l’attacco sarebbe
avvenuto al di là del confine, andando a colpire direttamente le forze
saudite sul loro territorio.
Da molti mesi, ormai, il territorio
yemenita è segnato dai combattimenti tra il Governo sostenuto
dall’Arabia Saudita e i ribelli Houthi e, in questo contesto di
disgregazione, si è assistito al proliferare di gruppi minori e
all’avanzata delle forze jihadiste legate allo Stato Islamico e ad AQAP
(Al Qaeda nella Penisola Arabica). La compenetrazione tra dinamiche
interne ed internazionali con il continuo intervento, ufficiale ed
ufficioso, di soggetti esterni come l’Iran a sostegno delle milizie
Houthi o le forze occidentali di Stati Uniti e Gran Bretagna a favore
della coalizione saudita, ha creato i contorni di un conflitto che
trascende i confini nazionali e che difficilmente potrà trovare una
soluzione nel breve periodo. Gli interessi in gioco sono, infatti,
sostanziosi. Oltre ad essere un territorio strategico nella
guerra fredda tra Arabia Saudita e Iran, lo Yemen, per il suo
posizionamento geografico, è centrale per il controllo del Golfo di Aden
e, dunque, per i flussi migranti verso il Corno d’Africa. In
questo senso il contrasto delle attività delle milizie jihadiste nel sud
risulterebbe fondamentale per impedire un collegamento con gli Shabaab
somali che agiscono sul fronte occidentale del Golfo.
A questo si aggiunga che, secondo i
report di numerose organizzazioni internazionali, il conflitto yemenita
costituirebbe un enorme business per alcune potenze internazionali. Con
l’approvazione dei loro Governi, molte aziende occidentali forniscono
servizi di intelligence, supporto logistico e armamenti alla coalizione
saudita che opera in Yemen. L’utilizzo di bombe a grappolo
britanniche e di armamenti statunitensi, secondo la testimonianza di
Amnesty International, sarebbe una delle cause delle numerose morti
civili e, nonostante la richiesta ONU di procedere ad un’inchiesta in
merito a queste stragi, ancora nessuna risposta esaustiva sarebbe giunta
dall’Arabia Saudita.
A tal proposito, le
Nazioni Unite affermano che da quando è iniziata l’offensiva saudita a
sostegno di Hadi, il conflitto avrebbe causato circa 32000 tra morti e
feriti e avrebbe portato allo sfollamento interno di 2,3 milioni persone
e alla migrazione di altri 120000, principalmente in direzione Gibuti e
Somalia. Entrambe le parti sarebbero, inoltre, colpevoli della
morte di civili: l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti
umani ha stimato che gli attacchi aerei della coalizione saudita
avrebbero causato quasi i due terzi delle vittime civili segnalate,
mentre gli Houthi sono accusati del massacro di civili perpetrato
durante l’assedio di Taiz, terza città yemenita.
La forza intrinseca delle due coalizioni e la potenza di frammentazione data dagli attori indipendenti, induce a pensare che un’eventuale
soluzione di lungo periodo deriverà dalla vittoria di un solo
contendente con il conseguente portato di repressione e disequilibrio.
Anche se si dovesse giungere ad una pacificazione apparente, dunque, le
radici del conflitto rischiano di non poter essere eradicate per molto
tempo.
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