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17/12/2016

Trump-Netanyahu: una lapide sul “problema palestinese”

Due notizie in un giorno certificano la volontà israelo-americana di stendere una lapide sul “problema palestinese”, dando carta bianca ai governi di Tel Aviv, per qualsiasi “soluzione finale” riescano a immaginare.

La prima notizia viene dagli Stati Uniti. L'agenzia Ansa riporta infatti che Donald Trump ha scelto l'avvocato David Friedman come ambasciatore in Israele. La prima dichiarazione del futuro diplomatico è che non vede l'ora di lavorare "all'ambasciata Usa nella capitale eterna di Israele, Gerusalemme", confermando così l'intenzione del presidente eletto di spostare l'ambasciata da Tel Aviv. Una mossa che punta a cancellare anche la retorica relativa a un "processo di pace" mai avviato e di incendiare il conflitto nella regione. Inutile ricordare infatti che anche i palestinesi rivendicano Gerusalemme come capitale del loro futuro Stato.

Immediata la reazione della pur condiscendente Olp. Lo spostamento dell'ambasciata americana a Gerusalemme distruggerebbe le prospettive del processo di pace con Israele. Lo ha detto il segretario generale dell'Olp Saeb Erekat, citato dai media. "Guardando negli occhi David Freedman e Donald Trump – ha aggiunto Erekat – gli direi: se intraprendete questi passi di muovere l'ambasciata e annettere le colonie in Cisgiordania manderete questa regione in una situazione che io chiamo caos, mancanza di legge ed estremismo".

Gongolano naturalmente i fautori dell'apartheid in Israele. Friedman "è stato un amico di lunga data e un fidato consigliere. Le sue forti relazioni in Israele costituiranno le fondamenta della sua missione diplomatica e saranno uno straordinario asset per il nostro Paese mentre rafforzeremo i legami con i nostri alleati e ci batteremo per la pace in Medio Oriente", ha detto Trump in un comunicato. Friedman, che è stato il suo consigliere durante la campagna elettorale per gli affari Usa-Israele, ha promesso di "lavorare instancabilmente per rafforzare l'indistruttibile vincolo tra i nostri due Paesi e far avanzare la causa della pace nella regione". Impossibile riuscirci spostando l'ambasciata Usa a Gerusalemme e riconoscendola come capitale.

La seconda notizia viene invece dall'interno del governo israeliano e può esser letta in quest'articolo dal quotidiano Haaretz, tradotto da Francesco Spataro.

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Il fustigatore della coalizione di maggioranza preferisce che i cittadini arabo – israeliani non votino.

Raddoppiando l’istigazione razzista fatta nel giorno delle elezioni da Netanyahu, David Bitan, il fustigatore, dichiara: “Non mi dispiacerebbe se gli Arabi disertassero le urne a frotte, o se non andassero a votare affatto.

I parlamentari Arabi rispondono a loro volta: “Bitan non fa altro che tradurre in parole il pensiero di Netanyahu.”

Il fustigatore della coalizione di maggioranza, sabato ha dichiarato che preferirebbe che i cittadini arabo-israeliani, alle prossime elezioni nazionali, non votassero.

“Il 95% di loro vota per la Joint List *, che non rappresenta assolutamente tutti gli Arabo-Israeliani, ma solo gli interessi dei Palestinesi” Questa la dichiarazione che il membro della Knesset (il Parlamento Israeliano), David Bitan ha dato in pasto alla folla durante un evento pubblico a Mevaseret Zion, vicino Gerusalemme, riferendosi prevalentemente al partito Arabo.

E’ stata chiesta un’opinione di Bitan, sull’uso che fa dei social media il Primo Ministro, Benjamin Netanyahu, incluso il video trasmesso il giorno delle elezioni, nel quale Netanyahu stesso, rivolgendosi a tutti i suoi sostenitori chiede di andare al voto, ma allo stesso tempo avverte che, “gli Arabi hanno intenzione di andare alle urne a frotte.” Bitan, che è considerato essere molto vicino a Netanyahu, ha di contro affermato: “Mi piacerebbe che gli Arabi, invece, disertassero a frotte le urne, tanto da non andarci neanche!”

Netanyahu, per questo commento nel giorno delle elezioni, è stato messo ferocemente sotto pressione; diciotto mesi dopo, il Primo Ministro, ha postato un altro video su Facebook, scusandosi con i cittadini Arabi, per qualsiasi commento offensivo, e anzi, spingendoli ad unirsi alla società Israeliana “en masse”.

Il leader della Joint List, Ayman Odeh, ha chiamato Bitan, “il megafono di Netanyahu” e ha dichiarato che “tutto ciò è la riprova che quello che questa leadership ha da offrire è solo razzismo esplicito e populismo a buon mercato.”

Ed aggiunge: “I commenti quotidiani di Bitan, sono patetici, ed esprimono la paura del Primo Ministro, riguardo la crescita del nostro potere politico.”

Isaac Herzog, Presidente dell’Unione Sionista e capo dell’opposizione, ha accusato Bitan di aver fatto un appello, che invitava a cancellare il diritto al voto delle minoranze, “proprio come i vertici anti-Semiti in Europa, fecero nei riguardi degli Ebrei, nel passato.”

“La malattia del razzismo si è diffusa, nel cuore della società Israeliana, come una metastasi, e sta mettendo in imbarazzo i votanti sia di sinistra che di destra,” chiosa Herzog.

Il precedente Primo Ministro, Ehud Barak ha tweettato: “Bitan, la voce del, padrone, rivela in poche parole, tutta la verità riguardo la direzione in cui ci sta portando il nostro leader. Ora è popolare, ma andando avanti, ci troveremo, sicuramente, a contemplare un abisso.”

Bitan rispose, sempre via tweet con un’ immagine ironica:“Non azzardatevi a farci la predica, proprio voi, dalla vostra confortevole casetta negli States.”

Yousef Jabareen, anche lui della Joint List, ha chiesto formalmente il licenziamento di Bitan, per “comportamenti razzisti”. “Come avrebbe risposto l’establishment politico in Francia, se un politico di lunga data avesse dichiarato che non avrebbe gradito la presenza di Ebrei alle urne?” si è chiesto.

“Bitan dà voce ai pensieri di Netanyahu” è l’opinione del parlamentare di Meretz (partito israeliano di sinistra, di ispirazione sionista, laica, e socialdemocratica) Issawi Frej. “Questa è la vera faccia di un governo non interessato alla democrazia... uno stato nel quale il suffragio universale e la libertà di espressione sarà riservata sempre più solo ai devoti e fedeli Ebrei, solo capaci di recitare a memoria gli slogan di Re Bibi (Netanyahu).”

Bitan è stato criticato persino da un membro del suo stesso partito, il Likud, Mr. Yehuda Glick, che rigettando i suoi commenti, ha dichiarato:” Spero vivamente che gli Arabi votino. E spero soprattutto che ci trovino così attraenti, da votare per il nostro partito, per il Likud.”

Un recente sondaggio di Canale 2, ha riscontrato che, in caso di nuove elezioni, la Joint List diventerebbe il terzo partito di Israele, con 13 seggi nella Knesset, dopo Il Likud di Netanyahu ed il partito di Yair Lapid, Yesh Atid.

*Lista Araba formata da quattro partiti: Hadash, United Arab List, Balad e Ta’al. Sono il terzo “partito” della Knesset.

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