Un arresto eccellente, si sarebbe detto una volta. E anche un arresto che mostra l’abisso in cui è precipitata una delle famiglie che hanno fatto la storia industriale italiana. Alfredo Romeo è stato arrestato questa mattina dai carabinieri e dalla guardia di Finanza in relazione ad un episodio di corruzione nell'ambito dell'inchiesta Consip.
Per restare in ambito “famiglie”, si tratta di una notizia che complica notevolmente il già disagevole “ritorno del futuro”, ovvero il tentativo di Matteo Renzi di ripresentarsi sulla scena come mattatore. Tralasciamo per il momento la lunga serie di indiscrezioni – ampiamente riportata da tutti i giornali – sulle fibrillazioni interne a quello che fu la sua maggioranza dentro il Pd, con gente che scende dal suo carro senza essere sostituita da nessuno. Vediamo perché questo arresto è per lui un problema ulteriore.
Tutto nasce dalle dichiarazioni dell'alto dirigente della Consip Mario Gasparri, interrogato a dicembre dai pm di Napoli, Henry John Woodcock e Celeste Carrano. L’inchiesta è stata poi trasferita a Roma per competenza ed ha assunto, se possibile, un ritmo di marcia molto incalzante. Per esempio, scrive Repubblica, “Gli uffici di Romeo sono stati intercettati per mesi dalla procura napoletana sia con il virus Trojan sia con metodi tradizionali e perfino sui balconi di alcune stanze romane. I carabinieri del Noe hanno tra l'altro recuperato, nella discarica di Roma, i 'pizzini' strappati e poi ricomposti, con appunti che recavano tracce, secondo gli inquirenti, di dazioni di denaro, accordi illeciti e favori di varia natura”.
Colore a parte (i “pizzini” saranno stati recuperati tra i rifiuti dell’ufficio, non certo “in discarica”), sembra chiaro che “c’è ciccia”. Ed anche tanta. Consip è infatti la società – controllata dal ministero dell’economia – che centralizza gli acquisti dello Stato. Pensata per eliminare la corruzione diffusa (ogni centrale di spesa locale era facilmente avvicinabile da interessi privati anche relativamente piccoli o addirittura malavitosi), si sta rivelando invece una “centrale sicura” per i grandi corruttori, quelli che muovono società miliardarie e “competono” per appalti di quelle dimensioni. Ovviamente, per ottenerli, devono o cercano di “ungere” le rotelle giuste. Ossia funzionari di altissimo livello, nominati direttamente dal governo.
Uno di questi – Mario Gasparri, appunto – direttore della divisione Sourcing Servizi e Utility di Consip, il settore che si occupa delle gare d’appalto per l’acquisto dei servizi per tutte le amministrazioni, ha ammesso davanti ai magistrati inquirenti di aver ricevuto da Alfredo Romeo somme “consistenti” in cambio di informazioni riservate utili a fargli vincere un appalto da 700 milioni di euro nell’ambito dell’appalto più grande d’Europa: il Fm4 (facility management). La gara era stata indetta nel 2014 per l’affidamento dei servizi gestionali di uffici, università e centri di ricerca della Pubblica amministrazione. Tutto, insomma. Per un totale di 2,7 miliardi di euro da affidare “in convenzione”, corrispondenti all’11,5% del totale della spesa statale corrente.
Viene da chiedersi come potesse un impero economico fondamentalmente centrato sul business immobiliare (Romeo ha gestito per anni anche le case di proprietà del Comune di Roma, grazie a una delibera di Veltroni nel 2005) garantire “servizi” di tutt’altra natura. Ma concentriamoci sui rischi per “il futuro”, ossia Renzi.
L’inchiesta giudiziaria, andando avanti, ha messo nel mirino – per rivelazione di segreto di ufficio e favoreggiamento – Luca Lotti, l’amico personale di Renzi che nel suo governo aveva ottenuto deleghe delicatissime e che avrebbe voluto anche quella ai servizi segreti nell’esecutivo Gentiloni. Respinto con perdite, si è dovuto accontentare della nomina a ministro dello sport, che assicura comunque una notevole vicinanza alle grandi opere per possibili eventi (immaginiamo con quanta gioia debba avere accolto il “no” alle Olimpiadi 2014). Lotti avrebbe infatti avvertito l’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, di essere sotto inchiesta, con i telefoni sotto controllo. Il quale ordina una verifica dei suoi uffici e scopre un bel numero di “cimici”. Interrogato, Marroni tira in ballo anche il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, comandante dell’arma in Toscana.
Peggio ancora. È stato iscritto nel registro degli indagati anche Tiziano Renzi, padre dell’ex premier. Nel suo caso il reato ipotizzato è “traffico di influenze illecite”, e non sembra difficile capire di cosa si tratta, in un giro di “conoscenze” che mette in contatto continuo premier, ministri, imprenditori e generali dei carabinieri. Il contatto sbagliato, quello che lega Romeo al padre di Renzi, è Carlo Russo, giovanissimo imprenditore di Scandicci “legatissimo” a Tiziano.
A pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca. Se poi i cattivi pensieri vengono confermati dalle intercettazioni, dai “pizzini” stracciati e da qualche confessione... La filiera delle “conoscenze” sarebbe insomma abbastanza chiara, e avrebbe prodotto il risultato voluto: aggiudicazione dell’appalto in cambio di...
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