di Stefano Mauro
“L’avvio di nuovi
negoziati tra Hamas e al Fatah è positivo per l’unità e la lotta dei
palestinesi, soprattutto in questo periodo di repressione ed
incarcerazioni”. Così si è recentemente pronunciato, in un comunicato
ufficiale, il Fronte Popolare Liberazione Palestina, principale forza
della sinistra palestinese, riguardo ai colloqui per far tornare Gaza
sotto l’amministrazione dell’Autorità Palestinese.
Arresti sommari e fermi con detenzione amministrativa che sono
triplicati rispetto agli anni precedenti e che, in alcuni casi, vengono
effettuati con la collaborazione delle forze di sicurezza palestinesi.
In queste ultime settimane sono state lanciate due differenti
campagne di sensibilizzazione. L’obiettivo è quello di far emergere la difficile condizione dei prigionieri politici palestinesi nelle carceri
israeliane: detenzione resa un po’ più visibile, a livello
internazionale, dopo il recente (aprile-maggio) sciopero della fame
guidato da Marwan Barghouti e sostenuto dai prigionieri di tutte le
forze politiche. Sciopero che, se da una parte ha mostrato l’efficacia
di un’azione congiunta ed unitaria dei partiti palestinesi, dall’altra
non è riuscito ad ottenere grandi cambiamenti legati alle condizioni,
spesso durissime, imposte dal sistema carcerario israeliano.
Il primo appello è per Badran Jaber, militante di 69 anni
del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, “prelevato”
dalle forze di sicurezza israeliane con un’incursione nella notte del 9
Agosto e messo in detenzione amministrativa, per sei mesi. senza
un’accusa specifica. Badran Jaber è una figura molto conosciuta
nei Territori Occupati perché, attraverso la sua azione politica, ha
sempre combattuto i soprusi e le continue violenze da parte dei coloni
di Hebron, sua città natale, che da anni terrorizzano la popolazione
palestinese. Fu proprio ad Hebron che Barouch Goldstein uccise, nel
1994, 29 palestinesi in preghiera e ne ferì altri 125. Ogni anno i
palestinesi protestano contro le commemorazioni che i coloni fanno, con
la protezione dei militari israeliani, proprio alla memoria di
Goldstein.
Proprio una di queste proteste e il pubblico sostegno dato durante lo
sciopero della fame di aprile/maggio hanno spinto le autorità di Tel
Aviv ad incarcerare, per l’ennesima volta, un uomo malato di diabete,
con problemi cardiaci, che lotta contro un cancro e, nonostante ciò,
considerato “pericoloso” da Israele.
Altrettanto emblematico è il caso di Salah Hamouri, militante
franco-palestinese del FPLP, arrestato dalle forze israeliane il 22
agosto e posto in detenzione amministrativa fino a febbraio.
Qual è l’accusa di Tel Aviv nei confronti del giovane avvocato Hamouri?
Sostenere la causa palestinese ed i diritti dei prigionieri nelle
carceri. Il caso ha avuto una maggiore eco in Francia con numerose
proteste da parte di esponenti politici della sinistra d’oltralpe.
La stessa ambasciata francese, come ha riportato il quotidiano L’Humanité, ha rifiutato le motivazioni per l’incarcerazione considerandole “assurde e inesistenti,
a tal punto da violare la convenzione di Ginevra ”. L’autorità
carceraria israeliana ha, inoltre, negato qualsiasi tipo di contatto tra
Salah Hamouri ed i suoi familiari: misura repressiva spesso utilizzata
da Tel Aviv nei confronti delle migliaia di prigionieri politici.
Secondo il diritto internazionale, la detenzione amministrativa può
essere usata solo per “ragioni imperative di sicurezza” in una
situazione di emergenza, decidendo caso per caso. L’utilizzo della
detenzione amministrativa da parte di Israele, al contrario, è spesso
una pratica di massa, ordinaria, come alternativa al tribunale militare
soprattutto quando i palestinesi arrestati rifiutano di confessare
durante l’interrogatorio. Il segretario generale di Mubadara (Iniziativa
Nazionale Palestinese), Mustafa Barghouti, ha dichiarato che “la
Palestina è l’unico paese al mondo nel quale si è incarcerati senza
un’accusa precisa e si rimane in detenzione amministrativa e senza un
regolare processo anche per anni, una forma illegale di repressione
politica”.
Secondo Addameer, associazione palestinese per i diritti dei
prigionieri politici, sono oltre 6.500 i detenuti nelle carceri in
quest’ultimo anno, con 300 adolescenti, 61 donne e 24 giornalisti.
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