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01/03/2018

I 100 anni dell’Armata Rossa

Si sono celebrati lo scorso 23 febbraio i cento anni dalla costituzione dell’Esercito Rosso degli Operai e dei Contadini, o RKKA: Raboče-Krestjanskaja Krasnaja Armija. Sebbene il decreto ufficiale di formazione del nuovo esercito sovietico fosse stato sottoscritto il 28 gennaio 1918, fu proprio nei giorni tra il 21 e il 25 febbraio che l’esercito operaio e contadino della Russia Sovietica ebbe il vero e proprio battesimo del fuoco, fermando l’avanzata delle truppe tedesche su Pietrogrado, prima nei pressi di Pskov e poi di Narva.

Il 1918 si era aperto per la Russia sovietica con il vecchio esercito in disfatta, ereditato dallo zarismo e dal governo provvisorio borghese. I soldati, stanchi per i molti anni di guerra nel macello mondiale, non volevano più combattere e volevano tornare a casa. I bolscevichi al potere, pur dovendo difendere la patria sovietica dall’aggressione dell’imperialismo germanico, furono costretti a smobilitare l’esercito, proclamarono l’uscita dalla guerra e iniziarono negoziati di pace con la Germania.

Il 28 gennaio 1918, contravvenendo alle indicazioni di Lenin, il Commissario agli affari esteri Trotskij aveva respinto l’ultimatum del comando germanico, rifiutando di firmare il pesante accordo di pace. Il 18 febbraio le truppe tedesche avevano ripreso l’offensiva verso Pietrogrado, dal sud, attraverso Pskov, e da nord, attraverso Narva. Berlino attese deliberatamente fino al 23 febbraio, con le sue truppe che avanzavano praticamente senza incontrare resistenza, prima di rispondere al radiogramma inviato da Lenin nella notte tra il18 e il 19 febbraio, con l’accettazione di condizioni di pace ancora più dure.

Intanto, il 21 febbraio il Consiglio dei commissari del popolo aveva lanciato l’appello “La patria socialista è in pericolo!”, pubblicato su Pravda e Izvestija il 22 febbraio: “fino al momento in cui il proletariato della Germania non si solleverà e vincerà, sacro dovere degli operai e dei contadini di Russia è la difesa incondizionata della repubblica dei Soviet contro le orde della Germania borghese-imperialista”.

Le masse risposero prontamente all’appello. Chiunque poteva entrare nelle file dell’Esercito Rosso; c’era un’unica condizione, molto seria: ogni candidato doveva dimostrare una precisa origine di classe, provenire cioè dalle classi operaia o contadina. Funzionari, mercanti, preti erano considerati elementi di classi estranee.

Organizzati i ranghi dell’esercito sovietico su basi nuove, il nemico cominciò a incontrare una decisa resistenza, pur se organizzata da pochi distaccamenti del giovane Esercito Rosso; quindi, i contrattacchi si fecero sempre più coordinati ed efficaci, tanto che le truppe tedesche batterono in ritirata. Il comando tedesco fu costretto a scendere a nuovi negoziati e il 3 marzo a Brest fu concluso il trattato di pace; una pace “incredibilmente pesante, imposta con la forza, umiliante, data la mancanza di un esercito e l’esaurimento delle forze del popolo causato dalla guerra”, scrisse in seguito Lenin; ma necessaria.

Nel corso dei successivi tre anni, l’Esercito Rosso cacciò dalla Repubblica Sovietica i soldati tedeschi, inglesi, francesi, americani, giapponesi e di un’altra decina di eserciti stranieri; liquidò le armate bianche di Kolčak, Denikin, Vrangel e le bande nazionaliste in Ucraina, Caucaso e Asia centrale.

“Il giorno in cui furono respinte le truppe dell’imperialismo tedesco – il 23 febbraio – è il giorno della nascita del giovane Esercito Rosso”, avrebbe detto poi Stalin.

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