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29/03/2018

I truffatori del “reddito di inclusione”

Gentiloni e Poletti lucrano ancora una volta sulla povertà, aiutati da Boeri nella presentazione dei risultati del primo trimestre del Reddito di inclusione sociale, i cui sussidi sono erogati dal’INPS. Per mascherare esiti al di sotto delle aspettative, Boeri ha gonfiato le cifre in una tabella introduttiva dal titolo “Già raggiunto il 50% della platea potenziale”, indicando in 900 mila le persone “beneficiarie di misure di contrasto alla povertà collegate al Rei”. Ed è così che le agenzie di stampa e i quotidiani titolano la notizia.

In realtà la cifra riguarda una grande ammucchiata, a cui il Rei concorre per poco più di un terzo, essendo gli altri interventi sostenuti con i fondi SIA (Sostegno per l’inclusione attiva) e soprattutto coperti da molteplici fondi regionali.

Il governo aveva accelerato l’avvio del Rei a dicembre per ragioni elettoralistiche. L’obiettivo enunciato era di intervenire entro luglio 2018 in favore di 500 mila famiglie e 1 milione 800 mila persone. Le domande pervenute al 23 marzo riguardano 110.138 famiglie e 316.693 persone.

Boeri a queste ha aggiunto i beneficiari del Sia (119.226 nuclei e 476.868 persone), ma non quelli che sono passati al Rei dal SIA che si è estinto il 31 dicembre scorso, bensì tutti quelli che percepivano il sussidio nell’ultimo bimestre del 2017. Così ha potuto magnificare il raggiungimento del 50 per cento dell’obiettivo, e annunciarne il nuovo, da luglio in poi, di 700 mila famiglie e 2 milioni e mezzo di persone.

Rossini, presidente dell’Alleanza contro la povertà, ha avuto la faccia tosta, dopo Poletti, di affermare che il Rei è “misura flessibile ragionevole e completa” e che “su questa strada bisogna continuare per portare la persona fuori dalla povertà”. Come sia possibile, lo sa solo lui, dal momento che il sostegno finanziario dura al massimo 18 mesi e può essere eventualmente rinnovato per 12 mesi dopo 6 mesi di intervallo.

E che sia misura completa, poi! Anche quando arrivasse a regime riguarderebbe il 43 per cento del milione seicentomila famiglie che versano in condizioni di povertà assoluta. E’ un approccio intollerabile, che facendo proprie le indicazioni dell’Alleanza contro la povertà, alla quale aderisce la triplice sindacale, ha portato per legge a stratificare la povertà secondo il principio ‘di dare prima a chi sta peggio’ o, come si legge nel suo progetto, “detto altrimenti si comincia da coloro i quali versano in condizioni economiche più critiche, e cioè i più poveri tra i poveri, e progressivamente si raggiunge anche chi sta ‘un po meno peggio’ sino a rivolgersi dal quarto anno a chiunque sperimenti la povertà assoluta”.

Per questa logica il PD, che aveva mobilitato le sezioni per trar vantaggio dal Rei, ha ben pagato. Di un intervento diverso c’è bisogno. La denuncia del Rei viene dalla cronaca quotidiana.

“Dodicimila richieste presentate, poco più di mille quelle accettate: È molto stretta la porta per accedere al Reddito d’inclusione, che dall’inizio di dicembre ha sostituito l’assegno di disoccupazione e il sostegno per l’inclusione attiva” (cronaca di Bergamo, Corriere della Sera, 18 marzo).

“Reddito di inclusione 8 mila famiglie in coda: dicevamo di 8 mila domande fra dicembre e gennaio. Di queste, una su otto non ha superato la prima scrematura, non possedeva cioè i requisiti. I restanti 7 mila sono invece finiti negli elenchi dell’Inps che ha il compito di erogare i fondi e nel 50% circa dei casi le domande sono state accolte” (edizione di Torino, La Stampa, 27 marzo).

“Palermo. Il Comune azzera gli appuntamenti per il reddito di inclusione: si riparte da zero. Tutti gli appuntamenti già fissati per fare i colloqui con gli assistenti sociali del Comune e avviare il percorso personalizzato previsto dal Reddito di inclusione sono stati azzerati. Perché in questi mesi in tanti, dopo il colloquio, sono stati mandati indietro dal momento che di fatto non avevano i requisiti per accedere al Rei (cronaca di Palermo, La Repubblica, 16 marzo).

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