Terzo e ultimo giorno di urne aperte in Egitto. Dati certi
sull’affluenza – il vero risultato in un voto scontato – non se ne
hanno. Ieri fonti interne all’Autorità nazionale per le elezioni
davano un 13,5% a lunedì sera, dopo il primo giorno. Di file ai seggi
non se ne sono registrate, causando non poche difficoltà alla stampa
filo-governativa. Che alla fine ha ceduto: al-Ahram
ieri sera raccontava di una generale apatia dell’elettorato egiziano
verso presidenziali che sono nei fatti un referendum su al-Sisi.
Tanta è la paura di una bassa affluenza nelle stanze dei bottoni che,
dopo aver aperto le urne per ben tre giorni, dopo campagne mediatiche
martellanti che hanno utilizzato anche i volti delle celebrità
nazionali, dopo promesse di denaro e di cibo sussidiato in più a chi
avesse dimostrato di aver messo la scheda nell’urna, ieri si è passati
alle minacce.
Parlando con la stampa il portavoce dell’Autorità per le elezioni ha paventato multe per chi non si recherà alle urne, 500 sterline egiziane, circa 23 euro, somma che per un egiziano medio è enorme.
In passato, ha aggiunto, è stato fatto perché votare è “un dovere
nazionale”, dichiarazione a cui si aggiungono quelle dei rappresentanti
governativi che bollano la chiamata al boicottaggio fatta dalle
opposizioni come uno strumento per indebolire il paese se non
addirittura un complotto straniero.
Eppure ancora ieri i seggi erano semi vuoti, ad Alessandria si
parlava di un elettore ogni cinque minuti per un’affluenza inferiore al
15%. I sostenitori del governo provano ad organizzarsi,
piantando tende fuori dai seggi e distribuendo snack e bevande agli
elettori, mentre l’Autorità per le elezioni cancellava la pausa di
un’ora, dalle 15 alle 16, per permettere di aumentare il tasso
di affluenza nei 13.706 seggi aperti nei 26 governatorati del paese.
Secondo fonti governative, maggiore partecipazione si sarebbe registrata
al Cairo, Giza, Assiut e Aswan, ma anche ad Alessandria, dove sabato un
attentato dinamitardo ha preso di mira il capo locale della sicurezza,
uccidendo due poliziotti.
A monitorare il voto ci sono 54 organizzazioni locali e nove
internazionali, tra cui ispettori dell’Unione Africana. Niente da
dichiarare, hanno fatto sapere, tutto procede con ordine. Anche perché
di folle non se ne vedono. A monte la generale apatia che
avvolge la società egiziana, stretta tra crisi economica e repressione.
Il consenso di al-Sisi, altissimo nel 2013 dopo la deposizione del
presidente dei Fratelli Musulmani, Mohammed Morsi, è stato vanificato da
anni di abusi e di misure di austerity. Nemmeno la sicurezza,
la carta vincente usata da al-Sisi all’interno e all’esterno, garantisce
più il sostegno della popolazione: il paese è più insicuro di prima,
teatro di attentati terroristici non solo nella Penisola del Sinai
contro polizia ed esercito ma anche nelle città della costa e nella
capitale.
La stampa pro-governativa attribuisce l’apatia e lo scarso interesse
alle giovani generazioni, più interessate – dicono – al calcio e alla
moda. Nessuna parola sulla possibile scelta politica, non votare come
forma di dissenso.
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