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28/03/2018

Egitto - Minacce di multa a chi non si reca ai seggi

Terzo e ultimo giorno di urne aperte in Egitto. Dati certi sull’affluenza – il vero risultato in un voto scontato – non se ne hanno. Ieri fonti interne all’Autorità nazionale per le elezioni davano un 13,5% a lunedì sera, dopo il primo giorno. Di file ai seggi non se ne sono registrate, causando non poche difficoltà alla stampa filo-governativa. Che alla fine ha ceduto: al-Ahram ieri sera raccontava di una generale apatia dell’elettorato egiziano verso presidenziali che sono nei fatti un referendum su al-Sisi.

Tanta è la paura di una bassa affluenza nelle stanze dei bottoni che, dopo aver aperto le urne per ben tre giorni, dopo campagne mediatiche martellanti che hanno utilizzato anche i volti delle celebrità nazionali, dopo promesse di denaro e di cibo sussidiato in più a chi avesse dimostrato di aver messo la scheda nell’urna, ieri si è passati alle minacce.

Parlando con la stampa il portavoce dell’Autorità per le elezioni ha paventato multe per chi non si recherà alle urne, 500 sterline egiziane, circa 23 euro, somma che per un egiziano medio è enorme. In passato, ha aggiunto, è stato fatto perché votare è “un dovere nazionale”, dichiarazione a cui si aggiungono quelle dei rappresentanti governativi che bollano la chiamata al boicottaggio fatta dalle opposizioni come uno strumento per indebolire il paese se non addirittura un complotto straniero.

Eppure ancora ieri i seggi erano semi vuoti, ad Alessandria si parlava di un elettore ogni cinque minuti per un’affluenza inferiore al 15%. I sostenitori del governo provano ad organizzarsi, piantando tende fuori dai seggi e distribuendo snack e bevande agli elettori, mentre l’Autorità per le elezioni cancellava la pausa di un’ora, dalle 15 alle 16, per permettere di aumentare il tasso di affluenza nei 13.706 seggi aperti nei 26 governatorati del paese. Secondo fonti governative, maggiore partecipazione si sarebbe registrata al Cairo, Giza, Assiut e Aswan, ma anche ad Alessandria, dove sabato un attentato dinamitardo ha preso di mira il capo locale della sicurezza, uccidendo due poliziotti.

A monitorare il voto ci sono 54 organizzazioni locali e nove internazionali, tra cui ispettori dell’Unione Africana. Niente da dichiarare, hanno fatto sapere, tutto procede con ordine. Anche perché di folle non se ne vedono. A monte la generale apatia che avvolge la società egiziana, stretta tra crisi economica e repressione. Il consenso di al-Sisi, altissimo nel 2013 dopo la deposizione del presidente dei Fratelli Musulmani, Mohammed Morsi, è stato vanificato da anni di abusi e di misure di austerity. Nemmeno la sicurezza, la carta vincente usata da al-Sisi all’interno e all’esterno, garantisce più il sostegno della popolazione: il paese è più insicuro di prima, teatro di attentati terroristici non solo nella Penisola del Sinai contro polizia ed esercito ma anche nelle città della costa e nella capitale.

La stampa pro-governativa attribuisce l’apatia e lo scarso interesse alle giovani generazioni, più interessate – dicono – al calcio e alla moda. Nessuna parola sulla possibile scelta politica, non votare come forma di dissenso.

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