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28/03/2018

Le fake news in stile Viminale

Improvvisamente, qualche giorno fa, tutti i media italiani sono stati allertati con una notizia terrorizzante, più o meno riassumibile così:

Da stanotte sono state rafforzate le misure di sicurezza, anche perché Pasqua rappresenta un momento delicato per la difesa dal terrorismo internazionale. Così a Roma è scattata la caccia a un tunisino che si teme possa avere programmato un attentato. Un allarme che riguarda un uomo già noto alle forze dell’ordine per vicende di droga: la notizia è stata riportata da Tgcom24 in riferimento a una segnalazione dei carabinieri a loro volta in azione in base a una lettera anonima recapitata all’ambasciata italiana a Tunisi: in essa si cita la “intenzionalità terroristica” del 42enne. In attesa di ulteriori verifiche, tutte le stazioni dei carabinieri della Capitale sono state allertate. Secondo la nota “l’uomo avrebbe manifestato l’intenzione di commettere una serie di attentati nel Centro di Roma, nella metropolitana, nei caffè, nei centro commerciali“.

Del “sospettato” è stato fatto anche il nome e diffusa la foto segnaletica: Atef Mathlouthi. Roba seria, dunque. O almeno così doveva sembrare. Se la polizia (chi altri, se no?) diffonde ai media nome, precedenti, foto di una persona in relazione a un pericolo di attentati terroristici in mezzo alla folla si è obbligati a credere che la notizia sia assolutamente vera. Ossia verificata in gran segreto – stiamo parlando di Isis, non di ladri di polli – con controlli eseguiti su più canali e in più paesi, compreso quello di provenienza del sospettato.

Si è obbligati a crederci perché di fronte al dilagare delle fake news sui social network tutto il mondo politico, l’informazione mainstream, l’establishment in ogni sua diramazione, da mesi insistono sulla necessità di fermare il fenomeno, incaricando proprio le forze dell’ordine di arginare la marea. Qualcuno, timidamente o comunque da un media minoritario, aveva provato ad obiettare che così facendo si trasformava la polizia (e organi similari) in una sorta di ministero della verità. Il povero Orwell si sarà sentito fischiare le orecchie, ma non si sarebbe mai aspettato – neanche lui – di vedere confermate le sue previsioni così rapidamente.

La notizia “certa” di fonte ministeriale, infatti, era la più colossale delle fake news. Sia per il clamore suscitato da qualsiasi “allarme terrorismo”, sia – e soprattutto – per la fonte da cui proviene. E non è davvero ammissibile che la polizia “giochi” mediaticamente lanciando allarmi fasulli su possibili attentati (che sono oggettivamente possibili, vista la posizione internazionale dell’Italia...).

Cos’è accaduto, infatti? Sabrina Oueldi, giovane nipote del cittadino tunisino indicato come un terrorista pronto a colpire in Italia, secondo una lettera anonima recapitata all’ambasciata italiana a Tunisi, ha scritto su Facebook com’è andata la storia:

“È stata tutta una menzogna, questo poveruomo è mio zio, dicono che lo cercano a Roma mentre oggi la polizia tunisina l’ha trovato a lavorare in Tunisia ed ha passato tutta la giornata a farsi interrogare dai poliziotti.

Tutto ciò è stato causato da una lettera anonima inviata da una persona che gli voleva troppo male. Non voglio accusare nessuno.

Però a parer mio la polizia italiana ha agito troppo veloce senza prima avere delle certezze.

In 24 ore mio zio si è ritrovato su tutti i telegiornali del mondo con un’accusa talmente grave di fare parte dell’Isis e di voler fare un attentato a Roma mentre poverino stava lavorando a Tunisi per portare da mangiare alla sua famiglia.

Spero che tutto ciò si risolvi e che mio zio avrà tutte le scuse dovute“.

Il povero Atef Mathlouthi, in effetti, era tornato al suo paese per sbarcare il lunario, e sarebbe bastata una telefonata tra i ministeri dell’interno di entrambi i paesi per averne certezza.

Delle due l’una, insomma. O la notizia è stata diffusa dal Viminale senza alcuna verifica, oppure la verifica c’è stata ma la notizia è stata diffusa lo stesso.

Non si sa quale sia l’ipotesi peggiore...

Il Prefetto Gabrielli, attuale capo della polizia, si era distinto nelle scorse settimane con numerosi interventi sui giornali, pienamente supportato dal ministro Minniti. Una volta per “consigliare” loro come definire gli ex brigatisti, una volta per tentare di tacitare il pm Enrico Zucca che, sentenze definitive alla mano, aveva definito “torturatori” o loro complici alcuni funzionari di polizia condannati per le violenze o le false testimonianze a Genova nel 2001.

Non è tra i compiti della polizia quello di “stabilire la verità” – per questo esiste la magistratura, che che istruisce i necessari processi e dà ordini alla polizia, non viceversa – e neanche quello di indirizzare l’informazione.

Quando questo avviene si comincia a vivere in un altro regime. Dove le fake news e gli attentati sono la regola, non l’eccezione. Come per Piazza Fontana...

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