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22/03/2018

Colloqui a 5 Stelle per l’ufficio stampa: metodo da rivedere, ma è lavoro vero

Nel teso clima post voto, è balzato agli onori delle cronache il “bando di concorso” che il Movimento 5 Stelle ha pubblicizzato: “cercasi addetti stampa per Camera e Senato”.

Le elezioni del 4 marzo hanno premiato il Movimento 5 Stelle con una percentuale, il 33%, che ha quasi triplicato il numero dei parlamentari.

Logico che sia necessario incrementare il numero di chi dovrà, nel corso della legislatura, aiutare deputati e senatori a comunicare il loro lavoro.

I tempi d’altronde sono stretti, e la soluzione trovata è quella di una sorta di maxi colloquio per il quale si presentano quasi duemila candidati.

Partiamo subito da quella che, per noi, è la notizia più importante: si apre la possibilità di assunzione per qualche decina di giornalista, categoria che – a parte la ristretta élite dei supertutelati – è tra le più colpite da precariato e crisi.

Un colloquio di lavoro a cui si accede presentando curriculum (cartaceo e video) e un comunicato stampa di “prova” è merce rara, di questi tempi.

Chi scrive, ad esempio, in passato ne ha mandati decine, sia di curriculum che di richieste: le risposte? Diciamo un 20% – ad essere generosi – rispetto al numero di mail inviate.

Qui, la risposta è arrivata; per tutti.

Una esperienza in controtendenza per molti candidati: sia per i più giovani, che magari hanno iniziato da pochi anni ad assaggiare questo amarissimo mondo del lavoro, sia per i più anziani (il bando era riservato al massimo ai 45enni), che magari si ritrovano a dover gestire un presente da precario o da free lance “per forza”, dopo magari aver conosciuti anni di professione più stabili e tranquilli.

Certo, una selezione così ampia e aperta unita alla necessità di allestire uno staff in breve tempo, porta con sé alcune inevitabili questioni.

La prima è quella del reale valore “meritocratico” di un colloquio di gruppo e relativamente breve nella tempistica.

La dinamica è questa: ad accogliere i candidati è Rocco Casalino, responsabile della comunicazione del Movimento 5 Stelle. E’ lui a sobbarcarsi l’onere di circa 150 colloqui al giorno: memorizzare nomi, volti, competenze... Non una cosa semplice. Per circa duemila candidati.

Sono usciti articoli che raccontano di incontri simili a casting, con domande lanciate nel vuoto e risposte nemmeno ascoltate: beh, non è così. I candidati che abbiamo contattato, e che ci hanno raccontato come è andata, hanno raccontato qualcosa di leggermente – ma sostanzialmente – diverso. E’ vero che il colloquio di gruppo è limitante, ed è altrettanto vero che il singolo candidato ha veramente poco tempo per esprimere competenze e capacità di ragionamento politico, al netto anche di una legittima agitazione. Ma le domande e gli argomenti posti da Casalino non sono campate in aria, sono contestuali al ruolo che i candidati vogliono ricoprire e sufficientemente precise da mettere in mostra eventuali lacune forse inaccettabili per ambire ad un ruolo del genere.

Al termine del colloquio orale poi c’è una piccola prova scritta: in dieci minuti produrre un post/comunicato di massimo dieci righe su un argomento posto al momento.

Insomma, un po’ di materiale per valutare il candidato c’è; probabilmente troppo poco, ma questo è quanto c’è a disposizione per i precari dell’informazione.

Ripetiamo, la notizia vera, a nostro parere, non è il “casting” organizzato dal Movimento 5 Stelle, o il master/non master di Rocco Casalino, o la vacuità delle domande poste; e nemmeno l’attenzione più o meno puntuale alle risposte espresse dai candidati.

La notizia è un “datore di lavoro” che risponde a tutti i curriculum inviati, e che organizza un colloquio per tutti quelli che hanno inviato la richiesta.

In tempi così feroci, per chi lavora e per chi cerca lavoro, questa “normalità” sembra già tanto.

Fonte

La presunta normalità è sicuramente tanto, ma dati i tempi non sufficiente, così come on si rivelerà sufficiente l'attitudine da buon amministratore dell'esistente dei 5S, in quanto il problema non è di "buona amministrazione" ma di qualità dell'esistente che si incarica di amministrare. 

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