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30/03/2018

Siria - La "Tigre" al posto di Assad

di Michele Giorgio il Manifesto

L’indiscrezione va presa con le molle perché a diffonderla è stato al ‎Rai, quotidiano kuwaitiano notoriamente schierato con il fronte ‎sunnita e contro Iran e Siria. Eppure va considerata perché riguarda le ‎manovre intorno al futuro della Siria. Suheil Hassan, il famoso comandante “Tigre”, il generale più vittorioso della Siria, gode di grande stima e considerazione da parte del leader russo Vladimir Putin che lo vedrebbe come il successore ideale del presidente Bashar Assad. Secondo Al Rai, il Cremlino scorge nel “Tigre” le doti di un ‎capo militare forte e determinato, garante della continuità dell’attuale ‎leadership siriana (e degli interessi di Mosca nella regione) e allo ‎stesso tempo non soggetto all’influenza di Tehran. Al contrario di ‎Bashar Assad che, sostiene il giornale, è troppo condizionato dalle ‎decisioni dell’Iran e dipendente dal sostegno militare del movimento ‎sciita libanese Hezbollah, stretto alleato di Tehran.‎

È «fantascienza», una «fake news», ci diceva ieri una fonte giornalistica siriana insistendo che Mosca non può mettere in discussione la presidenza dell’alleato Assad ora che, più forte che ‎mai, è sul punto di vincere la guerra contro i gruppi islamisti e ‎jihadisti sostenuti dalle petromonarchie del Golfo. Peraltro Suheil ‎Hassan difficilmente potrà essere visto dall’opposizione siriana come ‎un’alternativa ad Assad poiché il suo nome è legato alle sconfitte ‎più cocenti inflitte dall’esercito siriano a jihadisti e “ribelli”. I reparti ‎‎(circa 8mila uomini) agli ordini del “Tigre” inoltre non sono noti per ‎tenere troppo in considerazione il “diritto umanitario in tempo di ‎guerra”.‎

Forse è «fantascienza» però la Russia si sta mostrando più spregiudicata del solito sui vari fronti di guerra in Siria e sui tavoli della diplomazia imponendo decisioni che Damasco talvolta deve ingoiare in silenzio. Mosca prima ha lasciato, assieme a Washington, ‎campo libero alla Turchia decisa a strappare ai curdi la città di Afrin – ‎in cambio dell’impegno di Ankara per far uscire da Ghouta Est i ‎miliziani islamisti di Ahrar al Sham e Faylaq al Rahman – e ora fa pressioni su Damasco affinché, dopo la liberazione della Ghouta, accetti la formazione di un esecutivo di consenso nazionale con dentro rappresentanti dell’opposizione inclusi quelli di Ahrar al Sham. ‎«La leadership siriana non è convinta della proposta russa – ha ‎spiegato la nostra fonte – ma il Cremlino afferma che questa è l’unica ‎strada per mettere fine alla guerra e dare spazio a un vero negoziato».‎

Comunque sia Damasco ha sempre bisogno della Russia e del suo appoggio militare e politico. Il conflitto non è finito. Resta da decidere una soluzione per i miliziani di Jaysh al Islam (sostenuti dall’Arabia Saudita) che rifiutano di lasciare l’ultimo caposaldo nella Ghouta, e di essere trasferiti nella provincia di Douma. Così come resta da risolvere l’occupazione da parte di combattenti dello Stato islamico del campo profughi palestinese di Yarmouk e della cittadina di Qadam, a ridosso di Damasco. Infine c’è la provincia di Deraa dove si combatterà forse l’ultima decisiva battaglia tra l’esercito siriano e le formazioni islamiste.

AGGIORNAMENTI:

ore 12:40 Il presidente francese Macron si propone come mediatore tra Turchia e forze Fds a maggioranza curde. Erdogan: “Resti al suo posto”. Dagli Usa, intanto, Trump fa sapere che i soldati americani “se ne andranno molto presto”

Dopo aver incontrato ieri per la prima volta una delegazione curda (tra questi vi erano anche esponenti delle unità militari YPG) l’ufficio politico di Macron ha rilasciato un breve comunicato: “Il presidente ha reso omaggio ai sacrifici e al ruolo determinante svolto dalle Sdf nella lotta contro Daesh”. Macron, continua la nota, “ha confermato il sostegno francese alla stabilizzazione delle zone di sicurezza nel nord-est della Siria all’interno di un quadro che prevede un governo bilanciato che impedisca il ritorno dello Stato islamico”.

Immediata la risposta del presidente turco Recep Tayyip Erdogan: “Non abbiamo bisogno di un mediatore. Da quando la Turchia si siede a tavolo con delle organizzazioni terroristiche? La Turchia lotta queste organizzazioni in posti come Afrin” . “La nostra posizione – ha aggiunto poi su Twitter il portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin – è chiarissima. Rifiutiamo qualunque sforzo che promuova “dialogo”, “contatto” o “mediazione” tra noi e questi gruppi terroristici”.

Di Siria ha parlato ieri anche il presidente Usa Trump. Rivolgendosi ai lavoratori industriali dell’Ohio, il leader repubblicano ha detto che le forze Usa “molto presto” se ne andranno dalla Siria. “Lasciamo che siano altri popoli ad occuparsene ora” ha aggiunto. “Spendiamo 7 trilioni di dollari in Medio Oriente. E sapete per cosa? Per niente” ha poi chiosato, promettendo di concentrare le spese sui posti di lavoro e sulle infrastrutture negli Usa.

ore 16:00 Jaish al-Islam nega intesa con la Russia nella Ghouta est

Il gruppo islamista Jaysh al-Islam, che controlla la città di Douma (Ghouta orientale, vicino a Damasco), ha smentito di aver raggiunto una intesa con la Russia. “La nostra posizione è chiara e ferma: rigettiamo l’evacuazione forzata e il cambiamento demografico in quel che resta della Ghouta orientale) ha detto il portavoce del gruppo Hamza Birqdar su Telegram.

Fonte

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