Noi ci occupiamo, solitamente, di quello
che non ha a che vedere con il marketing ma, piuttosto, con la
ricchezza che si produce. O si tenta di produrre. Occupiamoci infatti di
Casaleggio jr., attuale proprietario della Casaleggio & Associati,
l’azienda che è la spina dorsale del Movimento 5 stelle. E, in quanto
spina dorsale del “movimento”, elemento egemone nella costruzione delle
strategie economiche di quella forza politica che si è candidata ad
essere il perno della legislatura appena nata. Ecco quindi che ti spunta
un articolo di Wall Street Italia, che è possibile consultare anche in fondo, riguardante Casaleggio, dal titolo che colpisce: “Il sovranismo deve passare dall’innovazione”. Niente di eccezionale per chi si sia avventurato nei dibattiti su deglobalizzazione, innovazione e tecnologie
immediatamente precedenti alla vittoria di Trump. Ma qualcosa di
piuttosto nuovo in Italia dove ciò che viene chiamato “la politica” di
solito non esce dai soliti temi di rito: vitalizi, furti, tangenti,
clientele tutto quando tocca la “roba”, quella spicciola non quella che
conta davvero.
Casaleggio infatti è piuttosto chiaro nella
formula di politica economica che intende applicare: dice esplicitamente
che l’innovazione, considerata fra i fattori determinanti per le
prospettive di crescita economica assieme al capitale umano, deve essere
finanziata su base nazionale. Ma la formula è tanto chiara
nella forma quanto confusa nei contenuti. Prima di tutto perché non si
spiega quale innovazione si intende promuovere. Oltretutto, e non è un
dettaglio, Casaleggio si ferma allo schema di finanziamento
dell’innovazione. Insomma, alla Boskov, è innovazione tutto quello che è
finanziabile e, andando nel dettaglio, questo è un bel problema.
Casaleggio parla esplicitamente di un sistema
tutto italiano di finanziamento dell’innovazione attraverso una banca
pubblica di investimenti modello francese. Ora che le elezioni
sono finite, e la propaganda sta (o starebbe) a zero andiamo a vedere di
cosa stiamo parlando. E anche a chi e perché. Certo i tag
“innovazione”, “investimenti”, “pubblico” sono accattivanti anche a
sinistra ma poi c’è la realtà. Quella che vuole che il modello
Casaleggio poggi, in modo dichiarato, su quello francese della banca
pubblica di investimenti. Banca che si chiama pubblica perché chi l’ha
istituita, i socialisti francesi, conosceva bene il marketing. In
realtà la BpiFrance, la banca per gli investimenti presa a modello dai 5
stelle, è basata a sua volta sul modello della tedesca KfW
(Kreditanstalt für Wiederaufbau). Entrambe, su differenti regimi giuridici, hanno il settore pubblico che controlla il capitale e garantisce i crediti, mentre la raccolta fondi la si fa anche nel privato in mercati di rischio
(la KfW arrivò a prestare soldi a Lehman Brothers per non rimettere
troppo nel crollo poi avvenuto nel 2008). In Francia questo ultimo
aspetto, di raccolta di capitale di ventura è ancora più marcato visto
che la BpiFrance non ha licenza bancaria e raccoglie i fondi per
gli investimenti quasi esclusivamente nel settore privato.
In poche parole il modello di istituto “pubblico” di
Casaleggio prevede, se il modello è francese, di fare una banca che
serve per garantire con fondi pubblici italiani i capitali di rischio
che, nel nostro paese, investirebbero nell’innovazione. Insomma
il solito modello californiano, dove l’innovazione è legata alle
esigenze del ciclo di prestito e raccolta profitti del capitale di
rischi. Un modello che, nella versione Casaleggio, prevede che
lo stato italiano serva a garantire non chi ci lavora, il capitale
umano, ma i fondi che ci mettono il capitale di rischio (modello, tra
l’altro vicino al flop, già visto con il piano Juncker a livello
europeo). In poche parole sovranisti sì, ma a garanzia dei capitali apolidi.
I soliti capitali che decidono dove innovare a detrimento di ogni
politica nazionale. E se il capitale è “italiano” ovviamente più che
alle sollecitazioni patriottiche risponderà ai movimenti della finanza
globale.
In definitiva, al capitale umano non resterebbe che
seguire prodotti e tempi dettati dal capitalismo di ventura i cui
profitti sarebbero garantiti dalla nuova banca tricolore. Ma, se si
seguono le cose, il problema non è solo quello di gettare la
forza lavoro innovativa in mano ai soliti cicli di supersfruttamento e
di bassa redditività. Un paese, come il nostro, che ha bisogno
di essere rifatto da capo a piedi vedrebbe gli investimenti
all’innovazione in mano alle sole, egemoni, politiche del capitale di
rischio. Come accade in Inghilterra dove il fund raising va benissimo
per imprese che magari non faranno mai prodotti (per alcuni, meno male)
oppure faranno decine di milioni di sterline con venti dipendenti e la
ricerca pubblica, di interesse generale, vede le risorse razionate come
in guerra. Non si risana un paese con queste trovate, chiamando pubblico ciò che è privato.
L’innovazione deve essere prevalentemente
pubblica, estesa, e governata dal pubblico. Con laboratori dove il
problema è la produzione di sapere, socialmente innovativo, non la
redditività. Certo oggi non è facile, vista la accresciuta
straordinaria complessità del mondo finanziario, ma è possibile. E poi
va detto che l’innovazione non è questione solo finanziaria. In
California, in Inghilterra, in Germania l’innovazione funziona perché le
sue istituzioni, pubbliche e private, attraggono capitale umano da
tutto il mondo. Quindi prima di ciancicare di sovranità Casaleggio dovrebbe realizzare che allearsi con Salvini non è esattamente il top, oltre ai problemi strutturali che ci sono, per attrarre capitale umano che produce ricchezza dalle nostre parti.
Chi imbocca Casaleggio su questi temi? Certo, Confindustria,
che ha fatto l’endorsement per il M5S subito dopo le elezioni, sembra
proprio aver preso la forchetta per imboccare queste dichiarazioni. Una
banca di investimento nazionale, con capitale di rischio garantito dal
pubblico è qualcosa che a Confindustria, come a tanti attori finanziari,
può piacere.
Ma, anche qui, la realtà fa capolino. La tendenza continentale degli anni ‘20,
finanziaria e tecnologica, è quella di innovare ma seguire un modello
di finanziamento all’innovazione molto diverso da quello pensato in
Italia. Si tratta di un modello che vuole una dinamica di finanziamento completamente sganciata dagli intermediari fisici e istituzionali
(come è invece la banca degli investimenti promossa da Casaleggio). Il
finanziamento all’innovazione, in Europa, si tenterà negli anni ‘20 di
farlo passare attraverso il modello UK: nuove offerte di servizi
finanziari, complessi e personalizzati, mediate solo da algoritmi
intelligenti, big data, cloud computing e intelligenza artificiale.
Altro che dover passare da barocche commissioni e valutazioni, sul
modello occhiuto del reddito di cittadinanza, per valutare il grado di
innovazione patriottica di un progetto. Negli anni ’20 in diversi casi,
non episodici, accade già oggi a Londra, per finanziare o meno una
startup basterà una e-mail. In questo modo il tradizionale sistema di
finanziamento, mediato da istituzioni e soggetti del mercato, finirebbe
per saltare. E, attenzione, tutto questo già oggi avviene tramite
soggetti postnazionali che fanno profitti perché agiscono su larga scala
non su mercati nazionali, meno che mai “sovranisti”.
In questo senso, nonostante il marketing, l’imboccata a Casaleggio appare legata a modelli sia vecchi che confusi.
E qui si torna a una questione ormai annosa. Oltre a
basarsi, come se fossero chissà cosa, su modelli concettuali che erano
novità anni fa, oltre che su letture mal filtrate (basta vedere come
inquadrava Casaleggio Senior Henry Jenkins), tutto questo si vuole promosso tramite una democrazia di rete che esiste solo sui titoli di giornale.
E qui non è tanto il problema, che è grosso,
dei modelli di desocializzazione politica della piattaforma Rousseau,
dei rilievi che a inizio anno il garante per la Privacy ha fatto a
Rousseau assieme ai siti del Movimento 5 stelle (“illiceità del
trattamento dei dati personali degli utenti in ragione della
comunicazione a soggetti terzi come Wind Tre S.p.A. e ITNET s.r.l.”). Il
problema sta nella concezione alla Zuckerberg degli strumenti di
comunicazione politica: infiltrabili, governabili, fonte di profitto nel
mercato dei dati ed inaccessibili alla ricerca pubblica. Se è
da questo genere di ricerca che si promuove la democrazia è evidente che
ne esce una concezione dell’innovazione che deve preoccupare.
E, tanto per legare, in questo discorso, innovazione e
democrazia, giova ricordare che, in un periodo in cui il contenimento
dei costi pubblici è un totem quasi indiscutibile, l’Italia è
praticamente a zero nella pratica della sostituzione di Windows con
Linux nei sistemi operativi della pubblica amministrazione. I costi legati all’uso del sistema operativo Windows e dei suoi prodotti, con Linux, verrebbero drasticamente abbassati.
Inoltre Linux è più sicuro di Windows in caso di attacchi informatici e le
risorse liberate potrebbero servire a coltivare tanto capitale umano
nel nostro paese. Infine per la manutenzione e l’innovazione non si
dipenderebbe dai segreti industriali di una azienda straniera. Una
proposta, ad occhio molto grillina, ma... si dia un’occhiata nella
foto di apertura allo sponsor sopra la parola “Casaleggio”. Si troverà che,
accanto, campeggia il logo di Microsoft. Capito chi imbocca
sull’innovazione “sovrana”?
Insomma Casaleggio Jr ne esce come qualcosa
di non molto di più di un ingegnoso imprenditore capace di fare un
marketing efficace e promuovere politiche aziendali che vengono
equivocate come “il bene del paese”. Allargarsi al ramo
finanziamento all’innovazione, per una impresa del genere, è un grande
salto in avanti. Solo che l’Italia ha bisogno di altro. Il punto è che,
nel gioco al ribasso della politica italiana, la regressione di tutte le
sinistre, in materia di tecnologie e di moneta, ad uno stato
politicamente quasi trogloditico ha favorito il protagonismo di questi
personaggi, figli di una crisi permanente.
Eduard Bernstein, il cui nome accompagna per
associazione di idee il concetto stesso di revisionismo, era convinto
che il progressivo impadronirsi dello stato, da parte delle masse,
avrebbe eliminato le stesse classi sociali. Di lì la celeberrima massima
“il movimento è tutto, il fine è nulla”. Casaleggio per cui il
movimento (5 stelle) è tutto, elimina, nella sua retorica, l’esistenza
delle classi sociali provando a impadronirsi dello stato. In fondo si
tratta di prodotti della globalizzazione anche se di differente periodo.
Il primo elogiava i grandi cartelli industriali, quelli che portarono
la Germania dritta verso il primo conflitto mondiale, il secondo, più
modestamente, elogia il proprio modello di business e magari ci porterà
verso un conflitto finanziario. Bernstein teorizzava una attenzione al
ceto medio, inteso come elemento di equilibrio della società, che alla
sua epoca si radicalizzò, invece, a destra o a sinistra. Casaleggio, se
continuerà così, è destinato a vedere una ingovernabile radicalizzazione
della società continuando a ripetere il mantra del “né di destra né di
sinistra” senza percepire che è roba anni ’80 e che oggi è un’altra
società e un altro secolo.
Redazione, 28 marzo 2018
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