Nella quinta puntata di Equilibrio Precario torniamo ad occuparci di università. Mentre nelle puntate precedenti avevamo scattato una fotografia alla desolante situazione dell’università italiana, questa volta ci occupiamo del tema con una prospettiva comparata, facendo una mappatura della situazione italiana, francese e britannica.
L’università è stato uno dei temi della campagna elettorale conclusasi di recente. Dalle sparate sul merito della destra passando alla proposta di Grasso di eliminare le tasse universitarie, i partiti hanno percepito l’università come un problema, ma offrono soluzioni del tutto illusorie se non si mettono in discussione i vincoli finanziari imposti dall’Unione Europea.
Nelle settimane precedenti alle elezioni, Noi Restiamo ha promosso insieme ad altri collettivi una serie di incontri proprio sul tema “Università e promesse elettorali”. Al riguardo abbiamo quindi rivolto alcune domande a Viola di Noi Restiamo.
Siamo passati quindi alla Francia, dove Macron sta preparando una riforma dell’università francese che prosegue nel solco della liberalizzazione e della logica di mercato. Come se le porte delle università francesi non fossero già abbastanza chiuse a molti, con l’implementazione del “piano studente” e il progetto di riforma del bac (la maturità francese formalmente chiamata Baccalauréat è il titolo di studio che conseguono gli allievi francesi alla fine del ciclo di studio della scuola secondaria. Può essere paragonato alla maturità italiana, ma le scuole superiori in Francia hanno la durata di tre anni per liceo generale e tecnologico o quattro anni per il liceo professionale o tecnologico a differenza dei cinque in Italia) intrapreso dal governo Macron, adesso lo saranno definitivamente, quasi murate, per una parte ancora più grande di giovani.
Questa riforma fa parte di un processo di distruzione dell’università in corso da oltre dieci anni. Finora, i governi che si sono succeduti non hanno mai avuto il coraggio di sferrare un attacco così duro contro gli studenti. Il governo Macron non adotta mezze misure e intraprende a passo di carica una strada sulla quale molti dei governi precedenti non avevano deciso di avventurarsi, almeno in maniera così aperta e spietata: l’introduzione di rigidi processi di selezione dei candidati all’università e l’aumento significativo delle tasse di iscrizione.
A seguito l’intervista con il nostro Andrea da Parigi.
Ci siamo quindi spostati in Gran Bretagna, dove si sono appena conclusi i primi 14 giorni di sciopero proclamati dal sindacato dei lavoratori dell’università UCU. Lo sciopero è stato proclamato a seguito della proposta di riforma pensionistica portata avanti dalle autorità universitarie, che prevede tagli molto pesanti alle pensioni dei lavoratori dell’università, colpendo in particolari i nuovi ingressi. L’andamento dello sciopero è stato molto positivo, con picchetti di fronte a decine di università e una grande solidarietà mostrata anche dalla componente studentesca, che ha occupato i rettorati di molti atenei in solidarietà agli scioperanti.
Dopo che gli iscritti hanno rigettato la proposta di compromesso che i vertici del sindacato erano pronti ad accettare lo sciopero proseguirà, con ogni probabilità andando ad impattare sulla sessione esami per aumentare la pressione sulle autorità universitarie. E mentre il governo conservatore tace, il leader laburista Jeremy Corbyn si è schierato con gli scioperanti. Abbiamo intervistato Andrea Genovese, professore presso l’Università di Sheffield, per fargli alcune domande sull’andamento dello sciopero.
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