Intensificare l’aiuto umanitario in Libia perché gli scontri continueranno nel breve periodo. E’ quanto ieri ha dichiarato la
vice-inviata speciale dell’Onu nel paese africano Maria do Valle
Ribeiro. “Assisteremo per un po’ probabilmente a una continuazione del
conflitto – ha dichiarato ieri a Tripoli – pertanto dobbiamo accelerare e aumentare la nostra capacità di rispondere alle necessità di aiuti [umanitari]”. Finora gli interventi delle Nazioni Unite e dei suoi partner hanno raggiunto 21.000 persone, poco se si pensa che sono 32.000 gli sfollati
a causa dei combattimenti tra le forze del Generale della Cirenaica
Haftar e le milizie fedeli al governo riconosciuto internazionalmente di
al-Sarraj.
Che la situazione umanitaria sia molto difficile è apparso evidente già la scorsa settimana quando l’Ufficio
dell’Onu per gli Affari umanitari (Ocha) ha chiesto alla comunità
internazionale 10,2 milioni di dollari per coprire fino al 18 maggio gli
aiuti da dare alla popolazione. Una somma che potrebbe non
bastare: “Siamo molto preoccupati perché gli sfollati aumentano ogni
giorno di più” ha detto Ribeiro. Ma ad aumentare è anche il
numero dei morti: secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità
(Who), sono finora 254 i civili e i combattenti rimasti uccisi negli
scontri. 1.228 i feriti.
Dati provvisori perché i combattimenti non conoscono tregue.
Nel week end le forze che combattono per al-Sarraj hanno provato
nuovamente ad avanzare verso le postazioni controllate dagli uomini di
Haftar intorno all’aeroporto di Tripoli, nella parte sud-ovest della
capitale libica. Secondo al-Jazeera, le milizie starebbero usando “armi
pesanti” contro l’autoproclamatosi Esercito nazionale libico (Lna) di
Haftar che ieri ha fatto sapere che intensificherà il proprio assalto su Tripoli. Il generale appare in difficoltà perché
la sua offensiva iniziata lo scorso 4 aprile non sta producendo i
risultati sperati: ha conquistato sì i distretti di
Gharyan e Qasr Bani Ghashir e diverse piccole città, ma i suoi soldati
sono di fatto impantanati nel sud della capitale dove non riescono a
sfondare le linee nemiche.
Anzi, riferisce la Reuters, negli ultimi giorni starebbero
addirittura indietreggiando nel distretto meridionale di Ain Zara, il
fulcro degli scontri di queste settimane. Il portavoce del Lna
Ahmed Mismari ha negato la notizia, ma ha ammesso che i progressi
militari sono rallentati dal fatto che si combatte in aree ad alta
densità abitativa. Oltre alla già citata Ain Zara, gli scontri sono
continuati nella giornata di ieri ad Azizya e nel distretto di Abu Salim
che è situato a soli sette chilometri dal centro di Tripoli.
Secondo alcuni analisti, ad aver contribuito a rendere ancora
più avvelenato il clima in Libia è stata la telefonata tra il
presidente Usa Donald Trump e Haftar avvenuta lo scorso lunedì,
ma confermata solo venerdì. In una nota, il Dipartimento di stato
americano ha detto di “riconoscere il ruolo significativo di Haftar nel
combattere il terrorismo e nel mettere al sicuro le risorse
petrolifere”. Di fatto un lascia passare al Generale per continuare la
sua violenta offensiva nella capitale.
Sulla crisi libica prova a far
sentire la propria voce anche l’Egitto che, insieme ad Emirati Arabi Uniti e
Arabia Saudita, è schierato con Haftar. Domani, infatti, il Cairo
ospiterà un “vertice d’emergenza” che, recita un comunicato dell’ufficio
del presidente egiziano al-Sisi, discuterà su come “rilanciare il
processo politico in Libia e su come eliminare il terrorismo”. Ai lavori
prenderanno parte anche i leader di Ruanda, Sud Africa e Congo.
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