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20/04/2019

La Sapienza che cambia e The Student Hotel

Comprendere la fase, inserirsi nelle contraddizioni e rilanciare le lotte.

È notizia di ieri che la Spazio Temporaneo srl, la società che organizzava gli eventi nell’area meglio conosciuta come l’Ex dogana, in via dello Scalo di San Lorenzo, ha riconsegnato i locali al proprietario, la Residenziale Immobiliare 2004, controllata di Cassa depositi e prestiti immobiliare, che dunque potrà finalmente dare il via libera all’avvio dei cantieri per la realizzazione del “The Student Hotel” da parte dell’omonimo gruppo olandese.

Di questo “studentato per soli ricchi” se ne parla ormai da diverso tempo, nella nostra città così come a Bologna, mentre a Firenze la struttura è già operativa. Parallelamente a questo progetto si è aggiunto, in queste ultime ore, l’annuncio di un altro hotel di lusso che sorgerà a via De Lollis: parliamo della prima Soho House d’Italia, una catena per Vip che è presente in altre grandi metropoli del pianeta.

Tutto ciò appare come un vero e proprio ripensamento a tappe forzate, e gentrificazione, degli spazi urbani che sorgono adiacenti alla città universitaria del più grande ateneo nazionale – la Sapienza – attraversato ogni anno da 100 mila studenti universitari, più relativo personale accademico e amministrativo. Il tentativo è quello di trasformare San Lorenzo da (ex?) quartiere popolare in una zona prevalentemente studentesca.

Perciò la vicenda Student Hotel ci riguarda da vicino: questa rientra in quella lenta e costante selezione della popolazione universitaria, a cui fa capo una vera e propria opera di selezione sociale nei luoghi adibiti alla formazione superiore. I nostri atenei oramai rappresentano uno spazio sempre più escludente per le fasce più deboli della società, anche grazie a strumenti classisti come il numero chiuso soprattutto nelle università di punta come l’Alma Mater di Bologna.

Siamo convinti che tutto questo vada inserito in una serie di tendenze generali di cui abbiamo discusso in un incontro aperto alla facoltà di Lettere, Sapienza, lo scorso 4 aprile, un incontro che ha ospitato una relazione di Francesco Sylos Labini, redattore di Roars, e visto la partecipazione di realtà universitarie come Link Sapienza e il Collettivo Autorganizzato di Scienze Politiche, il collettivo di ingegneria Aula2.

A partire dal capitolo romano di un’analisi che da tempo portiamo avanti sui vari atenei presenti sul territorio nazionale, ci siamo confrontati sulla strada intrapresa dalla prima università di Roma.

Nell’incontro, ci si è concentrati sul definanziamento della ricerca – pensiamo al taglio del 20% effettuato da Tremonti – e in particolare sugli effetti avuti su ricercatori e ricercatrici: questi vivono una condizione lavorativa estremamente precaria, i salari sono insufficienti e il lavoro di ricerca in sé viene sminuito qualitativamente.

D’altra parte i finanziamenti vengono elargiti ai diversi dipartimenti e agli atenei in base al solo criterio della «meritocrazia»: con questo modus operandi viene meno il principio di solidarietà (e come testimonia la proposta sul “Regionalismo differenziato”, non solo tra atenei), e inasprisce la competizione per l’accaparramento della parte premiale dello già scarso Fondo di finanziamento ordinario (Ffo).

Tra le riforme approvate negli ultimi trent’anni – di centrodestra così come di centrosinistra – sono state quelle targate Gelmini ad aver avuto le conseguenze più pesanti: la redistribuzione delle risorse fra gli atenei tramite la quota premiale del Ffo, basata sulle classifiche stilate dall’Anvur attraverso criteri a dir poco discutibili, ha sostanzialmente determinato la polarizzazione tra quegli atenei di serie A, atenei di punta virtuosi e con maggiori finanziamenti, e gli atenei di serie B, sorta di università-parcheggio per i futuri lavoratori precari.

In quest’ottica, siamo convinti che l’operazione relativa a The Student Hotel vada proprio in quella direzione, con l’intenzione di attrarre studenti facoltosi a scapito di quelli meno abbienti, e realizzare dunque maggiori profitti sulla pelle degli studenti.

Questo meccanismo rispecchia perfettamente le dinamiche asimmetriche interne all’Unione europea tra i paesi del sud, i così detti Pigs, rispetto a quelli core del centro-nord. Il sud è e sarà sempre più percepito come bacino dal quale attingere forza-lavoro a basso costo, ricercatori meritevoli (solo loro) in chiave competitiva, svuotando, e rendendo più facilmente sfruttabili, interi territori.

I compagni di Torino, con la divulgazione del documento successivo alle mobilitazioni che li hanno visti protagonisti all’Università di Torino, lo avevano messo in luce chiaramente: il testo Se viviamo è per camminare sulla testa dei re «è un’analisi militante, una lezione che la realtà ci ha dato ed un’arma che utilizziamo per modificarla. Il nesso tra attivazione soggettiva e realtà oggettiva è la chiave di lettura».

Perciò, lo sforzo teorico non è mai fine a se stesso, né punto di arrivo un’idea di fare politica: al contrario, è sempre il risultato del suo rapporto dialettico con la realtà, e cioè momento (e solo momento) di riflessione che permette, da una parte, di inquadrare in maniera più chiara gli eventi della realtà, e dall’altra, di organizzare una prassi politica che sia effettivamente di rottura con lo stato di cose presenti.

Siamo quindi convinti che dibattiti come quello del 4 aprile, al pari degli approfondimenti prodotti alla luce di mobilitazioni come quella torinese, siano fondamentali per indicarci la direzione intrapresa dai nostri avversari e riuscire a mettere in campo le migliori pratiche nei momenti in cui esplodono le contraddizioni create dall’avanzata predatoria degli interessi delle grandi multinazionali nelle università come nei quartieri, permettendoci di proiettare questi momenti nelle lotte.

Tornando a The Student Hotel: solo un’analisi delle relazioni tra spazio urbano, ruolo della formazione e fase dell’accumulazione capitalistica ci permette di indicare, nella struttura alberghiera in costruzione, non solo un servizio eventualmente esclusivo per una precisa fetta della società, ma un tassello importante di un’idea di città, e dunque di mondo, tanto precisa quanto diametralmente opposta a quella a cui noi aspiriamo.

Quello che si progetta per un quartiere appena fuori dalla città universitaria quindi è tutt’altro in controtendenza con quanto avviene al suo interno: si tenta di creare un diritto allo studio parallelo e privato, decisamente escludente per chi non può permetterselo, nonostante questo spazio venga presentato con una retorica vuota e pubblicitaria che parla di un luogo dove poter “essere se stessi”.

Così come i privati nei Consigli di Amministrazione degli atenei hanno decisamente influenzato le università sia nella ricerca sia da un punto di vista didattico, ma anche di vivibilità di degli spazi ormai normalizzati e chiusi alla possibilità di dissenso politico, come abbiamo avuto modo di esporre nell’incontro del 4 aprile, così si tenta di fare sulle zone di Roma più vicine all’università: questo ci consegna l’immagine di uno studente universitario che per il padrone dovrebbe essere un mero consumatore, incapace di produrre istanze collettive e che vive il suo periodo di studio passivamente.

Per queste ragioni, mirando a modellare le zone universitarie, cambiando nel profondo un quartiere storico come quello di San Lorenzo, e puntando alla popolazione degli studenti come bacino di estrazione di profitti, “The Student Hotel” rappresenta un ingranaggio decisivo nell’assalto che il capitale privato sta portando al cuore delle sfere di interesse pubblico, sociale, comunitario.

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