Io credo che all’inizio Salvini e Di Maio abbiano cominciato a scontrarsi come i ragazzini che si spintonano per gioco. Ad entrambi serviva occupare tutta la scena politica, a destra e a sinistra, stando assieme al governo e togliendo assieme spazio alle opposizioni.
Poi però, come spesso succede tra i ragazzini, di solito maschi è bene sottolineare, il gioco trascende, uno spintone fa più male dell’altro e la risposta è allo stesso livello e i contendenti che avevano iniziato per gioco finiscono per menarsi davvero.
Salvini e Di Maio ora si fanno male perché fa ancora più male la crisi economica. Così la Lega sente il richiamo non tanto di Berlusconi, ma della Confindustria, del partito del PIL e della sua base del Nord. La Lega ha la necessità di essere il partito delle imprese, del privato, del liberismo quale è sempre stato, le campagne d’odio contro i migranti non pagano più come prima, anzi stanno cominciando a stufare.
I 5stelle hanno ingoiato tutto, sul piano dell’immagine e della sostanza, da Salvini e lo hanno pagato duramente alle elezioni regionali e nei sondaggi. Probabilmente si erano davvero illusi della propria propaganda, arrivando a credere che gli effetti delle loro misure sociali in realtà molto modeste – il decreto dignità, il piccolo reddito, un po’ più di cassaintegrazione, la finestra temporanea sulla Fornero aperta assieme a Salvini – fossero le basi di una ripresa economica.
Errore colossale, ed ora anche i 5stelle sentono il richiamo della foresta, che per essi è prima di tutto il ritorno al vecchio grido “onestà onestà”. In realtà un poco stonato dopo il voto per evitare il processo a Salvini.
La verità è che Lega e 5stelle litigano tra loro sempre di più, mentre sono assieme privi di qualsiasi idea nuova per affrontare la crisi economica. La Lega ripropone le politiche berlusconiane e renziane delle Grandi Opere e della riduzione delle tasse alle imprese e ai ricchi. I 5stelle non sono d’accordo, ma non sanno bene cosa proporre d’alternativo.
Sia Lega che 5stelle non hanno nessuna intenzione, e neppure capacità, di misurarsi con i nodi reali della crisi: con le politiche di austerità ed i vincoli UE, con la crisi del modello liberista, con la diseguaglianza sociale dilagante.
Così mentre innalzano lo scontro tra di loro, Salvini e Di Maio non confliggono in nulla sulle scelte di politica economica e sociale e rinviano a dopo le europee il solo dissenso, il TAV.
È quindi tutto finto? Salvini e Di Maio sono come Craxi e De Mita, che si detestavano e si insultavano, ma che poi negli anni '80 hanno governato a lungo assieme?
Non credo e non solo per la ben diversa competenza e cultura, ma per due altre ragioni di fondo.
Perché negli anni '80 le politiche liberiste erano all’inizio e vincenti, e quindi erano la base comune che sosteneva il potere conflittuale dei leader socialista e democristiano.
Oggi invece le politiche liberiste producono devastazione sociale e povertà crescenti e quindi divorano rapidamente i propri leader. Berlusconi, Monti, Renzi, hanno goduto di un consenso eccezionale, poi consumato. Salvini e Di Maio hanno paura di fare la stessa fine e, anche se non hanno alternative, non vogliono finire come i precedenti salvatori della patria, una volta amatissimi dagli italiani.
E qui c’è la seconda ragione per cui alla fine il conflitto tra Salvini e Di Maio può portare alla crisi politica. A differenza di Craxi e De Mita, essi non hanno alle spalle partiti con la struttura e la forza organizzata delle formazioni della prima Repubblica. L’aleatorietà del partito di Di Maio non ha bisogno di spiegazioni, ma anche Salvini deve stare attento. Perché il partito organizzato, dentro la Lega attuale, è quello di alcune province del Nord, che assieme garantivano il 4/5 % su base nazionale. Il resto è il boom politico mediatico di Salvini, simile a quello di Renzi e con gli stessi rischi di fragilità.
Quindi i due leader del governo gialloverde non potranno continuare a lungo a bastonarsi sempre più forte e a coabitare nello stesso governo. Il loro ring resterà aperto fino alle europee, poi ci sarà il verdetto. Alla fine o faranno la pace ed uno accetterà davvero la supremazia dell’altro, oppure si dovranno separare.
Nel frattempo è proprio vero che questo è il governo dell’odio... tra chi ne fa parte.
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