di Michele Giorgio – il Manifesto
Non è stato ancora reso noto ma già genera reazioni contrarie il
piano Trump, noto come “Accordo del secolo”, che esclude lo Stato di
Palestina, prepara il terreno all’annessione a Israele della
Cisgiordania promessa in campagna elettorale da Benyamin Netanyahu e
offre ai palestinesi solo un po’ di finanziamenti e una blanda autonomia
su qualche fazzoletto di terra. Poche ore dopo l’articolo con
cui due giorni fa il Washington Post ha rivelato questi punti del piano
Usa – che sarà annunciato tra la fine della primavera e l’inizio
dell’estate – 25 personalità europee, tra cui ex ministri degli esteri, ex primi ministri e due ex segretari generali della Nato, hanno scritto una lettera aperta all’Unione europea – pubblicata dal britannico Guardian –
in cui chiedono di respingere il progetto di Trump e di sostenere la
creazione di uno Stato palestinese. Tra i firmatari ci sono anche
Massimo D’Alema e Franco Frattini.
La soluzione dei Due Stati alla quale si appellano le 25 personalità è morta da tempo
ed è sepolta sotto la colata di cemento che ha dato vita in
Cisgiordania a decine di migliaia di case, strade e infrastrutture per i
coloni israeliani. Tuttavia la lettera è una piccola scossa all’Europa
che dosa sempre con grande cautela le rare critiche che rivolge alle
politiche israeliane volte a normalizzare l’occupazione dei territori
palestinesi.
Stando alle rivelazioni del Washington Post, Jared Kushner,
genero di Trump e teorico del piano Usa, ai palestinesi offrirà solo un
pacchetto di investimenti e l’autonomia nelle città e nelle piccole aree
della Cisgiordania già ora sotto la gestione dell’Autorità nazionale palestinese. Gaza
resterà isolata ma, se Hamas se ne starà buono, convinto dalle
pressioni dei suoi sponsor (Qatar e Turchia), riceverà anch’essa
finanziamenti. Tutto è ancora molto vago. L’unica certezza è
che i palestinesi non avranno mai la sovranità e che Israele controllerà
tutto il territorio.
A conti fatti l’“Accordo del secolo” è una edizione
aggiornata degli accordi siglati circa 40 anni fa da Egitto e Israele a
Camp David. Il premier israeliano Menachem Begin al tavolo
delle trattative non andò oltre una limitata autonomia amministrativa
per i palestinesi. «Crediamo di avere un piano equo, realistico e
attuabile che consentirà alle persone di vivere una vita migliore – ha
detto un funzionario della Casa Bianca al Washington Post – abbiamo avuto
un approccio non convenzionale, basato sul fatto di non nascondersi
dalla realtà e di dire la verità». Il nuovo «approccio» è solo
l’applicazione di un antico teorema della destra israeliana (e non solo)
secondo il quale i palestinesi non sono interessati alla libertà e alla
sovranità ma sono pronti a svendere le loro rivendicazioni per un po’
di dollari e per qualche migliaia di posti di lavoro in più.
Questa soluzione non sarà mai accettata dai palestinesi e neppure dai
leader arabi più accomodanti. Ne sono consapevoli tutti tranne Trump,
Kushner, Netanyahu e una buona parte delle forze politiche israeliane al
potere.
Il piano Usa indirettamente appoggia il perpetuarsi del
sistema di doppia giustizia che vige nella Cisgiordania occupata: una
per i coloni israeliani e una per i palestinesi. Il centro per i
diritti umani B’Tselem due giorni fa ha diffuso i risultati della sua
inchiesta sull’uccisione, il 3 aprile, nei pressi di Hawara (Nablus) di
Mohammad Abdel Fattah, un palestinese di 23 anni che aveva lanciato
pietre contro l’auto guidata da un colono israeliano Yehoshua Sherman.
Quest’ultimo, denuncia B’Tselem, ha sparato un colpo ferendo Abdel
Fattah, poi si è avvicinato al palestinese che era a terra ferito e gli
ha sparato ancora una volta. Un altro colono, un camionista, ha
raggiunto Sherman ed ha esploso anche lui colpi contro Abdel Fattah.
Secondo il centro per i diritti umani i soldati hanno disperso i
passanti palestinesi, non hanno arrestato i coloni e hanno cancellato le
registrazioni delle telecamere di sorveglianza. L’Esercito nega e
sostiene che il palestinese avrebbe anche tentato un attacco con un
coltello.
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