29/04/2019
Spagna - La “danza immobile”: nessuna maggioranza possibile
Siamo alle terze elezioni politiche in appena quattro anni, in Spagna, e neanche questa volta ci sarà una maggioranza politica chiara o almeno accettabilmente coesa.
La vittoria relativa va al Psoe (partito “socialista”) del premier uscente Pedro Sanchez, che cresce in misura notevole rispetto alla precedente legislatura, raggiungendo il 28,7% dei voti al momento e 123 seggi.
Seguono i “popolari” – destra ex franchista, guidata per anni dai corrotti Aznar e Rajoy – che subiscono un tracollo epocale, dimezzando i voti scendendo al 16,7%, che fruttano solo 66 seggi, nonostante si fossero affidati a un leader “ggiovane”, come Pablo Casado. Ne avevano 137, e questo dà la portata di quello che è comunque il peggior risultato di questo partito dalla fine della dittatura franchista: non era infatti mai sceso sotto i 100 deputati.
Segue la destra “movimentista” di Ciudadanos – un tentativo di mantenere il quadro “culturale” dei popolari, ma senza l’ingombrante presenza dei vecchi boss screditati – che ha raggiunto il 15,8% e 57 seggi. E sembra dunque, pur aumentando voti e seggi, aver perso la “spinta propulsiva” che l’aveva identificata come risposta moderata alla crisi della destra classica.
Al quarto posto c’è Podemos, anch’essa in crisi di credibilità (ha appoggiato dall’esterno il governo di Sanchez dopo le dimissioni di Rajoy), che raccoglie solo il 14,3% e 42 seggi.
Il vero vincitore sembra dunque il movimento di ultradestra Vox, che entra per la prima volta ne parlamento nazionale con poco più del 10% e 24 seggi.
Seguono poi le formazioni indipendentiste di Euskadi e Catalogna. Dai Paesi Baschi il moderato Pnv manda a Madri 6 deputati, mentre Eh Bildu – coalizione delle formazioni di sinistra – ne raccoglie quattro.
In Catalogna, Esquerra Repubblicana conquista 15 seggi, mentre JxCat (la formazione dell’ex presidente Puigdemont, ancora esule in Belgio) ne prende altri sette.
Proprio i partiti catalani avevano determinato la caduta del governo Sanchez, rifiutandosi di dare il consenso alla “legge di stabilità”, scritta – come per l’Italia e tutti i paesi dell’Unione Europea – sotto il rigido controllo di Bruxelles.
In realtà, però, il vero terreno di scontro è stata la questione dell’indipendenza catalana, cui il governo “socialista” non ha dato alcuna risposta, nemmeno sul piano della liberazione dei prigionieri politici. E stiamo parlando di parlamentari regolarmente eletti – Oriol Junqueras, Jordi Turull, Josep Rull e Jordi Sànchez – non di combattenti in clandestinità…
La questione dell’indipendenza catalana è, per contro, anche al centro della crescita della destra apertamente fascista, bigotta e vetero-cattolica di Vox, al cui leader Santiago Abascal ha dato il proprio entusiastico appoggio Matteo Salvini (che solo due anni fa fingeva di essere al fianco degli indipendentisti catalani!).
Comincia ora il solito rito alchemico delle possibili maggioranza per comporre un governo. Per raggiungere i 176 seggi indispensabili, infatti, nessuna delle combinazioni “logiche” (centrodestra e centrosinistra, per dirla con le parole della geografia parlamentare italiana) è infatti possibile. Né sul piano politico, né su quello numerico.
La destra, infatti, raggiunge al massimo i 143 imbarcando anche i fascisti di Vox (che però non hanno alcun interesse ad interrompere la propria ascesa accodandosi ai “moderati”). Mentre il “centrosinistra” si ferma a 165.
Determinanti, insomma, i voti “maledetti” delle diverse formazioni indipendentiste. Ma cosa possono offrire, in cambio, le vecchie concrezioni partitiche? Praticamente nulla.
La destra, infatti, riafferma insieme al re l’assoluta intangibilità della “patria”, ed esclude qualsiasi trattativa dopo essersi peraltro divisa sul grado di “fermezza” repressiva da contrapporre a baschi e catalani. Il centrismo “europeista” di Sanchez, al massimo, può proporre una mano più leggera da parte delle forze dell’ordine, ma non certo passi avanti verso una vera autonomia regionale. Perché questo farebbe al contrario crescere la destra nazionalista oltre che europeista.
Come si vede, le categorie usate dai media mainstream italiani non riescono neppure a cogliere la realtà dello scontro in Spagna. Ma non chiedetegli di fare ammenda. Non ne sono capaci.
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