22/10/2019
Cuba barcolla, ma non molla. Embargo e autarchia forzata
Le dichiarazioni all’Onu di The Donald, replicate di continuo nella sua pagina Twitter, costringono ancora Cuba a un embargo che dura ormai da più di mezzo secolo, nonostante le passate aperture di Obama avessero fatto ben sperare.
La crisi venezuelana incrina il rapporto privilegiato condiviso dai due paesi per oltre un decennio, scambiandosi petrolio e personale medico, anche se l’isola caraibica continua a non tradire il suo storico alleato.
L’oro nero dal Venezuela è però ridotto ai minimi termini e a Cuba scarseggia la benzina, mentre molti dei suoi dottori rientrano in patria. La sospensione dei rifornimenti di viveri decisa dal Brasile sotto la presidenza di Michel Temer e consolidata da Bolsonaro stravolgendo l’orientamento politico del colosso sud-americano, è stata la goccia finale nel proverbiale vaso.
Depauperata dell’assistenza venezuelana a livello energetico, l’isola rimane sola con i suoi problemi. E non è tutto.
Aumentano anche i fermenti di una società giovane che non sopporta più il suo stallo storico, e vuole uscirne in un modo o nell’altro, approfittando magari di un calo di attenzione da parte della polizia, oggi meno presente nelle strade rispetto al passato.
Il nuovo presidente Diaz-Canel – fautore delle aperture al libero mercato e alle modifiche costituzionali che hanno ufficializzato la proprietà privata e riformato il sistema giuridico con l’introduzione della presunzione d’innocenza – ovviamente preferirebbe assecondare queste pulsioni, pur limitandone gli abusi e perseguendo a livello commerciale le inevitabili derive, quali l’evasione fiscale, dovuta anche alle pressioni dell’erario sui cuentapropistas (lavoratori in proprio) in alcuni casi eccessive.
La dimostrazione di questa nuova tendenza “liberale” è la legalizzazione dei matrimoni omosessuali, sancita da un nuovo articolo costituzionale. Si chiude così il conto con le persecuzioni passate, stigmatizzate dal celebre cult-movie Fresa y Chocolate.
Gran merito di ciò va attribuito a Mariela Castro, figlia di Raul e nipote di Fidel, la quale si è battuta per un decennio contro questa tara, que es muy tipica del machismo latino.
Riforme e concessioni
Il PCC (Partido Comunista Cubano) rimane comunque l’unico partito autorizzato, sconfessando così gli schieramenti socialisti indipendenti. Appare chiaro lo scopo finale del successore di Castro: smarcarsi da una possibile debacle del regime, evitando così un percorso tragico stile Venezuela.
Riguardo all’economia, la recente riforma agraria è l’unica via percorribile per uscire dalla sempiterna penuria alimentare.
Eccone i contenuti: prorogato a vent’anni, dai dieci originali, il termine per l’usufrutto delle terre a beneficio dei privati, con delibera del Consiglio dei Ministri a luglio 2017. Prolungati i termini di scadenza della restituzione prestiti, concessi dalle banche agli investitori per l’acquisto di macchinari e l’impiego di tecnologie migliorative.
Permangono gli obblighi di vincolare la produzione e la vendita dei prodotti all’ente statale che regola empresas agropecuarias, le aziende agricole.
Una mossa scaltra del governo, che da un lato chiede lo sforzo degli investitori ai fini di incrementare una produzione sofferente per l’abbandono delle terre incolte, dall’altro non rinuncia al controllo statale e ai paletti imposti all’imprenditoria individuale.
Cuba soffre, durante il periodo estivo e autunnale, di una grave deficienza degli ortaggi primari: lattuga, carote, legumi e tuberi. Alimenti essenziali per la tavola dei locali e di ristoranti e hotel, quali patate e fagioli, cessano bruscamente. L’allevamento delle vacche, così come la macellazione e il commercio della carne di manzo, rimane monopolio statale; solo per la carne di maiale è consentita la partecipazione delle imprese familiari, nei limiti delle concessioni governative che regolano la proprietà di un ridotto numero di capi bestiame a uso privato.
Come per la terra, anche per la carne di maiale i prezzi di vendita vanno concordati col governo. Per ora lo straniero è fuori da tali concessioni, salvo poter contare su un prestanome in loco fidato. (Risate!)
L’esigenza più immediata è comunque lo sviluppo agricolo, con un occhio alla produzione biologica, che aprirebbe un mercato enorme.
Al momento, la campagna rimane desolata e desolante: da Holguin a Santiago, durante il percorso a zig-zag tra gli squarci del fondo stradale, si succedono ininterrottamente appezzamenti di terreno abbandonato.
Ogni tanto la monotonia del paesaggio è rotta dagli incendi delle coltivazioni di canna da zucchero, ai fini di ricavare la molassa per la produzione del rum, che continua a primeggiare tra le teste di serie del PIL cubano.
La terra, un potenziale mai sfruttato in pieno, che ha convinto lo Stato ad aprirsi.
27 ettari sono adesso il massimo consentito per l’usufrutto particular, raddoppiando così il limite scorso di tredici.
Parliamo di 270.000 mq di terreno. Secondo i proclami ufficiali, lo Stato ha già stanziato 50 milioni di pesos in moneda nacional (circa 1.800.000 euro) per tecnologia e prodotti chimico-biologici.
Una somma irrisoria rispetto all’esigenza reale, però conforme alla portata finanziaria del governo.
Lo stesso che rivendica un’aumentata produzione di fagioli e riso (+ 6%) latte (+3%) e 113.000 tonnellate di mais a fine 2017. La realtà è però diversa.
I legumi mancano a Santiago, il burro scarseggia, e di mais non se ne vede.
Per lo meno le tavole offrono tomates y pepinos (pomodori e cetrioli) proposti a tutti i livelli possibili.
Il riso comunque non è mai mancato.
Riso e pollo, piatto standard del menu caraibico. Sebbene pollo, e soprattutto carne di manzo, continuino a essere un lusso per la tavola del cubano che sopravvive col salario medio, aumentato di recente a 42,5 CUC mensili dai 25 classici, saliti a 31 nel 2018. (https://www.cibercuba.com/noticias/2019-07-17-u199291-e199291-s27061-asi-evoluciono-ultimos-anos-salario-medio-cuba-777-pesos).
Al momento in cui scrivo, un CUC (peso convertibile) è cambiato alla pari con l’euro, ed equivale a 26,5 in MN (Moneda Nacional) il peso locale.
Ovviamente i dipendenti non sono pagati in CUC, per cui il salario medio è 1060 pesos in MN.
Per semplificare sui prezzi, consideriamo che 1 kg di carne de res (bovina) oscilla intorno ai tre CUC, così come il maiale, due il pollo.
L’abilità del venditore è di ottimizzare al massimo la materia prima, preparando razioni minime: per strada, un mini-panino prosciutto e formaggio costa solo 35 centesimi. Una coppa gelato da cinque gusti, servita ai tavoli della Coppelia La Arboleda, è venduta a venti centesimi.
El Puerco, il maiale, è l’icona per eccellenza della cucina cubana, e ora che il commercio della carne suina è stato in parte liberalizzato, l’Avenida de Garzón a Santiago, soprattutto adesso con la recrudescenza dell’embargo, è teatro, specie durante il week-end, della vendita a prezzi calmierati del Puerco Asado, la gustosissima porchetta locale.
Evento imperdibile, nonostante lo spettacolo un po’ macabro dei poveri maialini impalati lungo la calle.
Così come la mescita pubblica di malta y cerveza popular – spillate da imponenti autobotti che stazionano nelle vie dei barrios in determinati periodi – rinfresca el pueblo.
Igiene e fisco
La tassazione sul reddito, sia riguardo al settore autonomo che impiegatizio, è una delle più elevate del continente americano. Difatti, secondo gli sfoghi dei contribuenti autonomi, confermati da indiscrezioni di impiegati della seguridad social – l’Inps cubana – con le imposte dirette sul reddito di persone fisiche (ingresos personales) e sulle professioni (utilidades de personas juridicas) lo Stato incamera già il 10-12%. A ciò si aggiungono le aliquote di categoria, (con picchi maggiori per i bed&breakfast e gli autotrasportatori) le ritenute per la pensione, più un altro 12% se un’attività supera i cinque dipendenti.
In questo ultimo caso la tassazione totale si aggira intorno al 40% contro una media sud-americana del 20-25%.
Ovviamente va peggio in proporzione al lavoratore dipendente: pur se il salario minimo è aumentato da 777 a 1060 pesos, egli subisce comunque ritenute per i contributi della previdenza sociale pari al 17,5%.
Nel caso poi diventi un cuentapropista dopo 30 anni passati da dipendente, prima di percepire la pensione statale, deve versare contributi per dieci anni a seguire dall’inizio del nuovo regime fiscale. Può però chiudere la pratica in cinque, versando di più.
Secondo il Miami Herald, nel nuovo decreto sul lavoro autonomo, vi sarebbero comunque differenti parametri di retribuzione che riguardano chi lavora per i cuentapropistas: ad esempio, l’esercente che ha in organico più di venti dipendenti, oltre a pagare più tasse, deve corrispondere al personale eccedente un salario sei volte superiore a quello corrente.
In tal modo, lo Stato mette dei paletti all’accumulo di capitale, anche se permane il rischio della corruzione, o meglio dire estorsione, da parte dei funzionari pubblici preposti al controllo, che potrebbero ricattare gli esercenti chiedendo una bustarella per chiudere un occhio.
La novità più confortante per gli avventori è costituita dai maggiori controlli sull’igiene dei locali pubblici: i bagni cubani di bar e discoteche erano fino a poco tempo un incubo per chi doveva ricorrervi.
Adesso sono più puliti.
Controriforma immobiliare
Un colpo al cerchio e uno alla botte: per evitare equivoci, Raúl Castro durante l’Asamblea Nacional Poder Popular mise un freno alle ambizioni di 567.000 cuentapropistas, sospendendo la concessione di nuove licenze e ponendo il limite di una sola proprietà a uso business alle casas particulares (case-albergo) ai paladares (ristoranti) e ai servicios de belleza (estetiste, parrucchiere e barbieri), che sovente sono accorpati in un unico punto commerciale, dividendosi l’affitto dovuto allo Stato.
È sotto inchiesta l’arricchimento illecito, soprattutto di ristoranti e bed &breakfast, accusati di ricorrere alle provviste fornite dal mercato nero per far fronte alle esigenze della clientela. Denunciata l’evasione fiscale che sembra essere una regola, con meno notti registrate sul libro mastro, e il numero falsato di coperti nei conti. Se l’evasione è una realtà, comunque globale non solo cubana, appare assai gratuita l’accusa rivolta ai cuentapropistas di comprare gli alimenti necessari per il proprio lavoro al mercato clandestino, quando il mercado agropecuario offre poco o nulla.
Il governo dovrebbe a mio parere cercare di mettere ordine nel cortile di casa, limitando lo strapotere e la corruzione della sua burocrazia che, attraverso corporazioni in perenne rivalità, ha depauperato le casse statali, mettendo in crisi gli investimenti per istruzione e sanità pubblica, che son sempre stati il fiore all’occhiello del castrismo.
Le biblioteche di scuole e università lamentano l’assenza di computer per gli studenti e di testi aggiornati. È penalizzata in modo particolare la gloriosa Università d’Oriente a Santiago: in alcuni settori mancano i ripiani ove riporre i volumi, che giacciono miseramente accatastati per terra. Inspiegabile a Cuba, che ha un indice di alfabetizzazione tra i primi al mondo.
La crisi farmaceutica
Le conseguenze risaltano in modo particolare al Sud, specie riguardo all’assistenza sanitaria: molti farmaci basilari disertano gli scaffali. NovaFarma importa e commercializza medicinali a caro prezzo, per via dell’embargo americano e le difficoltà finanziarie di BioCubaFarma nell’acquisire da altre nazioni materia prima per la produzione locale.
Circa l’85% di questa è comunque importata.
Di norma, si produceva in loco il 63% dei medicamenti e se ne importava il 37%. Scarseggiano allo stato attuale analgesici, farmaci per la pressione e antibiotici.
Allo stato attuale, i remedios importati sono reperibili presso la Clinica Internacional ma il costo è in CUC, proibitivo per la maggior parte dei cubani e ostico per gli stessi stranieri, i quali non possono accedere agli ospedali pubblici gratuiti per i locali, tranne casi d’emergenza che il piccolo consultorio a pagamento, dotato di scarsa tecnologia, sovente non è in grado di soddisfare.
La piaga più nociva è l’alto tasso d’inquinamento che affligge le città principali, quali L’Avana e Santiago. Camion, Guagas (bus) vetuste Lada e gloriose auto d’epoca, ammorbano con i loro miasmi i polmoni della gente, a causa del riciclaggio di oli esausti e l’assenza di marmitte catalitiche. I tumori delle vie respiratorie sono in piena ascesa.
Le farmacie tra l’altro sono spesso sprovviste di mascherine anti-smog.
Secondo lo stesso Granma, foglio ufficiale del PCC, il carcinoma polmonare è primo nella lista dei tumori che hanno causato decessi a Cuba dal 2012.
In corso di sperimentazione negli USA il Cimavax, che stimola la reazione immunologica nei confronti del cancro al polmone non a piccole cellule, prodotto proprio nei laboratori cubani di Immunologia Molecolare e Ingegneria Genetica.
Tale medicamento è già commercializzato all’Avana da Medical Tourism Cuba al prezzo per lo straniero di 7.162 dollari solo per le prime quattro dosi di somministrazione.
Un lusso per il turista che può e un miraggio per le comunità rurali (sebbene la propaganda lo dichiari gratuito al cubano dal 2011) che per ovviare alla mancanza di carburante che affligge i grossi centri e combattere la contaminazione dell’aria, si tengono stretti cavalli e carretti, caricando merci e passeggeri regolarmente.
Soluzione ecologica sostitutiva degli obsoleti mezzi di trasporto a motore.
Difatti in campagna, e nei centri minori di Oriente come Guantanamo e Baracoa, il trasporto a cavallo è essenziale, con aree di sosta e parcheggio specie in prossimità degli snodi autostradali e accanto alle partenze dei pullman Viazul che collegano tutto il paese, laddove fanno capolinea.
Nonostante il quadro generale rimanga critico, non tutti si lamentano, anzi.
Titolari di grosse casas particulares, che il New Deal cubano ha gratificato della proprietà effettiva, se la passano più che bene. Anche se l’offerta spesso eccede la domanda, soprattutto a Baracoa, dove in pratica ogni famiglia ha una stanza o due da offrire al turista, e quando arriva la Guaga al capolinea, le braccia protese in alto con i cartelli sono talmente fitte che i visitatori non vedono altro.
Per esplorare il microcosmo che si agita nella pancia del socialismo reale, basta farsi un giro di Michelada (il cocktail classico dei cubani a base di cerveza, succo di pomodoro e tabasco) in locali esclusivi come St.Pauli in Plaza de Marte a Santiago.
Figli di burocrati, qualche imprenditore locale o straniero, le immancabili Jineteras infiltrate alla caccia del turista, giovani donne d’affari provenienti dalla capitale più alcuni ciulos (magnaccia) off duty spendono allegramente in una sola notte due mesi del salario di un cameriere.
Posti del genere rappresentano la realtà sommersa in una Cuba che cambia, sebbene ancora inquadrata nel meccanismo di una società a caste già post-castrista, dove aumentano i nuovi ricchi in maniera direttamente proporzionale ai suoi paria.
Eppure, lo spettro del Venezuela riesce a far digerire anche a loro il boccone indigesto di uno status quo duro ma non ancora a livello d’emergenza, nella routine di un Paese sfinito dove comunque un minimo di comida e servizi basici sono tuttora assicurati. Seppur a stento.
Conclusioni (per ora)
I cubani sono abituati a soffrire.
I più vecchi ne hanno viste e subìte di tutti i colori, prima sotto la dittatura di Batista, poi durante El Periodo Especial, e ora che debbono sopravvivere con pensioni miserrime. I giovani, molti di loro nati proprio in quel periodo di stenti, avevano cominciato ad assaporare un po’ di comodità occidentali, nel breve intervallo di tempo tra la tregua concessa da Obama e l’elezione di Diaz-Canel.
Alle dogane degli aeroporti dell’Avana e Santiago, era arrivata la tecnologia statunitense con tablet e I-Phone, generi alimentari di provenienza varia, oltre a ropa y zapatos (vestiti e scarpe) di marca.
Il tutto supportato dalle nuove concessioni governative che legalizzano il Wi-Fi privato, sogno proibito a lungo nell’isola.
Tornare ora alle privazioni di sempre, espone la gente a una frustrazione molto pericolosa.
Dopo i muri messicani, lo sdoganamento ai bombardamenti turchi e ai nuovi eccidi di curdi, il rinnovato embargo cubano è un’altra perla collezionata dalla micidiale amministrazione Trump.
E difficilmente sarà l’ultima.
(A Flavio Bacchetta’s story)
La foto di copertina (La Habana Vieja, Cuba) è di Toni Iervoglini
Link aggiuntivi:
https://www.reuters.com/article/us-cuba-economy-idUSKCN1RX0PH
https://g1.globo.com/mundo/noticia/2019/06/02/escassez-de-comida-leva-a-longas-filas-e-desespero-em-cuba-a-gente-quase-se-mata-para-comprar-uma-lingua-de-porco.ghtml
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/26/cuba-i-cittadini-approvano-la-nuova-costituzione-l868-ha-votato-si/4998315/
https://www.aljazeera.com/news/2019/09/sanctions-cuba-castro-supporting-venezuela-maduro-190926170330477.html
https://www.voanoticias.com/a/cuba-una-vez-mas-siente-la-escaez-de-energia-petroleo-sanciones-eeuu/5122885.html
Fonte
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