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25/10/2019

Gramsci oggi

Ci apprestiamo ad iniziare un ciclo di seminari sul pensiero di Gramsci, ad indagare sul suo contributo dato al movimento comunista nel lungo secolo breve.

Perché Gramsci oggi?

Di incontri seminariali in questi anni ne sono stati fatti tanti, esiste anche una vasta comunità di studiosi e militanti che dedicano molte energie allo studio di Gramsci, al suo contributo politico come dirigente del Partito comunista d’Italia e come brillante pensatore dei Quaderni dal carcere.

Nonostante l’89 e il violento revisionismo operato dal mondo politico e culturale occidentale, Gramsci è forse l’unico pensatore comunista che ha vissuto una fortuna notevole a livello internazionale, in particolare in America latina. È uno degli autori italiani più studiati nel mondo, esistendo una bibliografia di studi sterminata. Nell’Italia del dopoguerra il PCI ha costruito un enorme lavoro di alfabetizzazione politica per generazioni di militanti; la pubblicazione, fortemente voluta da Togliatti, dei Quaderni è stata la scuola politica di massa del PCI, con un uso spesso anche spregiudicato del pensiero gramsciano.

Tanto che negli anni ’70, spesso attraverso una lettura deformata e parziale di alcuni temi, il PCI ha usato l’opera di Gramsci come copertura per il suo progressivo e irreversibile abbandono del campo socialista, in particolare escogitando un Gramsci teorico della democrazia borghese e oppositore del socialismo realizzato. Insomma quando parliamo di Gramsci parliamo anche di questa eredità. Il fatto che gran parte del movimento rivoluzionario degli anni ’70 lo avesse largamente ignorato o visto con diffidenza ci racconta le divisioni di quegli anni ormai lontani, ma ci dice anche come il contributo gramsciano sia stato parzialmente utilizzato in funzione stabilizzatrice nel nostro paese. Il concetto di egemonia e di blocco storico figlio del dibattito ideologico kominternista viene, dagli anni ‘60 in poi, piegato a veste teorica di legittimazione della via nazionale al socialismo, prima, e alle riforme democratiche, poi. Quando approcciamo Gramsci e il “gramscismo” dobbiamo tenere conto anche di questa storia, contestualizzarla e cogliere gli elementi posticci inseriti solo come funzione strumentale di una linea e di una battaglia politica contingente.

Oggi che tutto ciò è concluso, provare a ritornare o scoprire Gramsci può essere utile, senza da parte nostra avere necessità di aspirare a essere dei gramsciani.

Lo spirito con cui ci avviciniamo a Gramsci è l’interesse verso un importante dirigente, un grande pensatore comunista che ha saputo analizzare, fare un bilancio della storia nazionale, delle classi dirigenti e subalterne di questo paese. Probabilmente può essere considerato l’uomo che ha, soprattutto nei Quaderni, esaminato più a fondo, in forma necessariamente disorganica, anche date le condizioni imposte dal nemico, il nodo irrisolto della rivoluzione socialista nel centro capitalista, per quanto l’Italia degli anni ’20-‘30 non fosse che la periferia di quel centro capitalista.

Innanzitutto ci interessa approfondire il contesto storico in cui prende forma il suo contributo teorico: per esempio, il tema strategico nei Quaderni, guerra di posizione/guerra di movimento, è originato dal dibattito tenutosi in sede di Terza internazionale nei primi anni '20.

Gramsci fa i conti con lo scenario tedesco e italiano, fa esperienza di alcune lezioni impartite dalle dure sconfitte di quegli anni (parliamo degli anni’ 20), gli anni del riflusso rivoluzionario.

Da un parte il caso tedesco, che è centrale nella riflessione di Gramsci, ed il tema del fronte unito, che sarà occasione di grande dibattito e divisione nel Komintern e per i comunisti tedeschi, sono il materiale politico e teorico con cui il pensatore comunista ragiona; c’è poi la lezione italiana, ancora più dura e tragica, visto che il movimento operaio e socialista tracollerà sotto i colpi della reazione fascista e del padronato.

Il grande merito di Gramsci sta nella capacità di non rimanere in superficie, non limitarsi a un bilancio solo politico, ma rielaborare il confronto migliore prodotto dalla Terza Internazionale, cercando di definire la centralità di alcune categorie della politica, della strategia rivoluzionaria, della tattica e del lavoro culturale. I Quaderni sono un cantiere di filosofia, di scienza della politica e di storia critica della cultura, con particolare attenzione alla formazione delle classi dirigenti e alla storia nazionale democratico borghese. Premesso che intendiamo affrontare Gramsci, non isolando la sua concezione dal vivo dibattito dell’epoca, quello che ci interessa come militanti politici è comprendere se questo pensiero permetta ancora di interpretare alcuni questioni di fondo della società e della politica contemporanea.

Un punto che ci sembra anche solo intuitivamente produttivo è il considerare la battaglia delle idee come un terreno non secondario della lotta di classe, della lotta per l’egemonia politica tra le classi, poiché sottovalutare questo terreno significherebbe condannarsi all’arido economicismo della lotta immediata e contingente.

Su questo il lavoro dei Quaderni è una miniera preziosa di spunti, di interrogativi, di approfondimenti.

Il senso di questo ciclo di seminari però è anche indagare sui limiti e sulle contraddizioni di questo pensiero, e domandarsi come mai questo enorme contributo di analisi si sia prestato anche a letture opposte e revisioniste. Quella di Gramsci è una teoria rivoluzionaria per la presa del potere in un paese del centro capitalista, oppure nel multiforme e complesso lavoro di Gramsci alberga anche un limite congenito, un’incompiutezza rivoluzionaria? Cercheremo di capirne qualcosa di più in questi mesi.

Primo incontro: Gramsci e la rivoluzione in occidente nel dibattito della terza internazionale; 25 ottobre al Granma, Via dei Lucani 11

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