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24/10/2019

L'“ergastolo ostativo” è contro la Costituzione

Due sentenze “condivisibili” in due giorni sembrano un miracolo nella notte buia in cui è precipitata la legislazione negli ultimi 20 anni. Quella della Cassazione, che non ha riconosciuto le caratteristiche del metodo mafioso nel caso della banda capitanata dal duo Buzzi-Carminati, l’abbiamo segnalata già ieri.

Subito dopo è arrivata quella della Corte Costituzionale, che ha rovesciato il proprio stesso orientamento in merito all’articolo 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario, che esclude dalla possibilità di intraprendere il percorso del “reinserimento sociale” per i condannati per una serie di reati considerati di “grande allarme sociale”, quali mafia, “terrorismo”, traffico di esseri umani, ecc.

È il cosiddetto “ergastolo ostativo” – ma il 4 bis viene applicato anche ad alcuni condannati a pene inferiori – che di fatto annulla la “riforma Gozzini” degli anni ‘80. Quella che ha consentito di chiudere, senza altri massacri in stile “carcere di Alessandria” (ad opera di Dalla Chiesa), la stagione delle rivolte carcerarie proponendo un percorso di uscita anticipata rispetto alle “pene edittali” fissate in sentenza, inserendo sconti di pena e permessi temporanei in base alla verifica del comportamento tenuto in carcere dal singolo condannato.

Questa sentenza arriva dopo diversi rigetti di istanze similari, ma poche settimane fa la Grande Camera della Corte Europea aveva sonoramente bocciato il ricorso italiano contro una sentenza che dichiarava l’ergastolo ostativo incompatibile con la legislazione continentale sui diritti dell’uomo. Dunque era inevitabile allineare anche l’orientamento di questo paese a quello vigente in Europa (e, per una volta, non in senso negativo!).

È peraltro da sempre una abitudine tutta italiana, di fronte a problemi seri o addirittura drammatici, fare “il viso dell’arme”. Uno Stato perennemente impigliato con le cosche mafiose in ampie sue frange – a livello dei partiti di governo, parti specifiche delle amministrazioni locali (elettive e non), e persino di magistratura, polizie, carabinieri, ecc. – invece di ripulire se stesso da tali commistioni ha sempre preferito alzare l’asticella delle pene. Certo che vi incorreranno solo i “perdenti”...

E siccome l’ergastolo è già una pena senza termine, ecco che la soluzione – proposta dai magistrati inquirenti, come al solito, in un’anticostituzionale invasione di campo tra poteri teoricamente in “contrappeso” – è stata quella di rendere sempre impossibile uscire dal carcere prima della morte. Non solo ad alcuni mafiosi, ma persino a prigionieri politici in carcere da oltre 30 anni.

Il dettaglio è rivelatore, perché si può in astratto “capire” la preoccupazione per “criminali in piena attività”, strettamente legati a organizzazioni operanti. Ma l’“ostatività” per ultra-sessantenni che non hanno alle spalle alcuna organizzazione attiva da – appunto – 30 anni risulta incomprensibile sul piano razionale. E spiegabile solo con concetti come la vendetta. Che non è un sentimento costituzionalmente apprezzato...

L’articolo 4 bis, infatti, esclude(va) qualsiasi beneficio in assenza di “collaborazione attiva” con i magistrati. Un’appendice della “legge sui pentiti” inserita in un testo che deve invece regolare il modo in cui si sconta una condanna già di suo molto pesante (il famoso “massimo della pena”).

E l’ostatività perpetua viene decisa in un momento – l’inizio della carcerazione, in base al reato commesso – in cui è impossibile sapere se le singole persone condannate saranno nelle stesse condizioni (appartenenza ad un’organizzazione operante, convinzione e disponibilità individuale a parteciparvi attivamente, ecc.) anni e decenni dopo.

E’ insomma un burocratico “buttar via la chiave” che può far gongolare il Salvini dei talk show, non uno Stato che pretende di definirsi democratico e che ha nella sua Costituzione il principio per cui “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” (art. 27).

Ma sulla difesa dell’ergastolo ostativo si sono distinti non solo i reazionari duri-e-puri come il leader leghista, ma anche fior di “difensori democratici della legalità”, che hanno introiettato e diffuso per oltre 40 anni un senso comune giuridico per cui tutto è permesso pur di raggiungere un obiettivo considerato “di emergenza” (l’antiterrorismo, l’antimafia, ecc). A riprova che la distanza tra ultradestra e sedicenti “progressisti” è sottile quanto un filo di seta...

Se tutto è permesso agli organi repressivi, siamo nell’anticamera di un regime dispotico, in cui chi cade nelle mani delle “forze dell’ordine” perde ogni diritto. È inutile poi sorprendersi se così tanti “fermati” vengono ammazzati in strada o nei commissariati. Una volta passato il concetto per cui “i criminali” vanno fermati con qualsiasi mezzo, ogni “agente delle forze dell’ordine” viene messo in condizione di improvvisarsi giudice, che decide lì per lì cosa è “più efficiente” fare.

È bene ricordare – l’abbiamo fatto più volte, ma non basta mai – che la semplice possibilità che un condannato all’ergastolo chieda un beneficio qualsiasi (permesso o sconto di pena per buona condotta, ecc.) non significa affatto che poi quella richiesta venga anche soddisfatta. Già ora, e da quando esiste la “Gozzini”, questa concessione avviene dopo molti anni di “osservazione” dei singoli detenuti, è subordinata a una lunga serie di pareri (dallo psicologo al magistrato dell’accusa, al comandante delle guardie penitenziarie, ai direttori dei singoli istituti, ecc).

Certo, è sempre possibile che mafiosi di una certa importanza riescano ad esercitare le proprie “pressioni” su qualche membro della catena di “osservatori” e ottenere quel che non dovrebbero. Ma questo riguarda la qualità e la serietà professionale dei “servitori dello Stato”.

Solo uno Stato che si arrende all’impossibilità di avere e formare “servitori migliori” può ricorrere al “buttar via la chiave”.

Come sempre, la ferocia repressiva burocratizzata è la faccia pubblica dell’impotenza.

Non crediamo che questa sentenza sarà sufficiente a far cambiare l’indirizzo legislativo di una classe politica (tutta, nessuno escluso) mai così tanto ostile allo spirito e alla lettera della Costituzione antifascista. Ma è bene sottolineare che certe porcate immonde – come il 4 bis – sono fuori da quell’orizzonte e vanno iscritte nella “normale” canea reazionaria.

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