Che CDU e Angela Merkel accompagnino da tempo “l’affanno” (a esser generosi) tedesco, è stato confermato dai risultati, ormai quasi definitivi, del voto di ieri in Turingia, caratterizzato per altro, non solo dalla positiva conferma di Die Linke (31%: + 1,9% rispetto al 2014) del Ministerpräsident uscente Bodo Ramelow, quale primo partito, dal crollo della CDU (21,8%: -11,7%) e dalle perdite della SPD (8,2%: -4,2%), ma soprattutto dal raddoppio di voti degli xenofobi di AfD (23,4%: +12,4%).
Quali siano le cause della forte avanzata di AfD e neonazisti e quale “proselitismo” conducano, soprattutto nei Länder della ex DDR annessi dopo il 1989, richiede un esame a parte, rispetto al tema presente, che è quello di un sondaggio condotto circa tre mesi fa dal Congresso ebraico mondiale (WJC) in tutti i Länder della Germania e pubblicato nei giorni scorsi dalla Süddeutsche Zeitung.
Da esso risulta che il 27% dei tedeschi avrebbe opinioni antisemite. Il giornale puntualizza che la ricerca si è svolta prima dell’attacco del 10 ottobre a Halle, nel Land della ex DDR Sachsen-Anhalt, volendo forse con ciò intendere la mancanza di collegamenti tra le due cose. Ma, sembra difficile separare i due momenti, anche solo tenendo conto del lungo elenco di attentati e di attacchi – riportati in altra sede dallo stesso giornale liberal-conservatore – che hanno preceduto sia il sondaggio, che l’attacco.
Nella ricerca si evidenziano come indicative, in particolare, le risposte di persone con istruzione superiore e reddito annuo di almeno 100.000 euro: il 28% di essi ritiene che gli ebrei abbiano troppo potere nell’economia mondiale, il 26% nella politica; il 48% di tale gruppo pensa che gli ebrei siano più fedeli a Israele che alla Germania. Il 12% di tutti gli intervistati considera gli ebrei responsabili della maggior parte delle guerre nel mondo, il 22% è convinto che siano odiati per i loro atteggiamenti e il 41% che parlino troppo dell’olocausto. Il 25% dei tedeschi pensa “nella Germania odierna sia possibile una ripetizione di qualcosa di simile all’Olocausto”. Il 65% del totale e il 76% della cosiddetta élite associa il crescente antisemitismo al successo dei partiti estremisti di destra.
Pare utile evidenziare come il 64% pensi che la Germania stia andando in una direzione sbagliata, anche se il 61% giudica buono lo stato dell’economia, che però tenderà a peggiorare (43%) nei prossimi 5 anni. Il 56% giudica buona la propria situazione finanziaria; pressoché “equilibrata” (47% stabile, contro 48% instabile) la valutazione sulla situazione politica tedesca.
Per i giudizi su determinati “gruppi di persone”, partiti o personaggi politici (per comodità, si sommano insieme i dati “da piuttosto a totalmente”, favorevole o sfavorevole; ndr): ebrei (favorevole 64%); musulmani (sfavorevole 53%); immigrati (sfavorevole 48%); LGBT (favorevole 61%); cristiani (favorevole 67%); atei (favorevole 53%); rom (sfavorevole 64%). Il giudizio su Angela Merkel vede favorevole il 49% e sfavorevole il 43%; per Jörg Meuthen, portavoce di AfD (16% favorevole; 38% sfavorevole; 27% non ne ha mai sentito parlare); Alexander Gauland, capogruppo di AfD al Bundestag, (sfavorevole 56%).
Per quanto riguarda Alternative für Deutschland e Nationaldemokratische Partei Deutschlands danno giudizio sfavorevole, rispettivamente il 73% e il 78% degli intervistati. Sullo Stato di Israele (sfavorevole: 47%); sullo Stato palestinese (sfavorevole: 40%); palestinesi (sfavorevole 51%); israeliani (40% favorevole; 34% sfavorevole); Die Linke (sfavorevole 54%).
Ovvio che il sondaggio del Congresso ebraico mondiale vertesse sull’“antisemitismo”; meno ovvio che molti media riconducano tutte le porcherie, le violenze, gli attentati, le stragi compiute della destra, neonazista e non, all’unica e sola matrice di “odio contro gli ebrei”.
Secondo la Süddeutsche Zeitung, da inizio 2017 si sono registrati in Germania 52 attentati portati da estremisti di destra con uso di esplosivo o materiale incendiario, con “record” di 10 azioni in Sassonia e 7 in Nordrhein-Westfalen. Nel giorno della sparatoria di Halle, Sergio Cararo scriveva su Contropiano che la “gravità dell’attacco del killer nazista non sta dunque solo nel fatto che era diretto contro gli ebrei, ma che quel killer – e la sua logica criminale – vedeva come bersagli tutti gli stranieri. Si chiamano xenofobia e razzismo, che può essere anche impastato di antiebraismo, ma non è affatto concentrato soltanto su questo aspetto”.
Già nel 2016, il Ministero degli interni parlava di 3.533 attacchi dell’estrema destra contro profughi stranieri: 2.545 attacchi alle persone, con il ferimento di 560 individui, tra cui 43 bambini; quasi 1.000 attacchi incendiari a edifici che ospitavano rifugiati e 217 contro organizzazioni di assistenza e volontariato.
E come molti media italiani concentravano pressoché esclusiva attenzione sul “odio contro gli ebrei”, così la stessa Süddeutsche Zeitung, due giorni dopo l’attentato di Halle, parlava di antisemitismo come “male ereditario”, che oggi si manifesterebbe in tre forme, tutte in qualche misura legate alla “critica anti Israele”. E arrivava a dire che “l’odio verso gli ebrei... è riuscito a combinarsi con nazionalismo, anticapitalismo, razzismo”.
Così che, a fianco di “un antisemitismo post-olocausto”, che “vuol porre fine al “culto della colpa” ed è portato avanti da Die Fluegel (L’Ala), la corrente estrema di AfD”, esiste una “critica di Israele” che identifica tutti gli ebrei con la politica dello Stato di Israele, adotta i vecchi motivi della “cospirazione ebraica” e delle “lobby ebraiche”. E si arriva al dunque: “questa “critica di Israele” spazia dal fondamentalismo islamico a parti della sinistra europea”.
Eccolo lì, come volevasi dimostrare: secondo la Süddeutsche Zeitung, la sinistra che condanna le nefandezze della soldataglia israeliana contro i palestinesi e la politica di Tel Aviv in Medio Oriente, andrebbe a braccetto coi neonazisti che in Germania – scrivono Deniz Aykana e Lukas Wittland sullo stesso giornale – dal 2001 hanno fatto registrare 1.500 episodi di violenza ogni anno, saliti a 1.800 nel 2018.
Ovviamente, si lascia intendere, solo abusi “antisemiti”, così che Aykana e Wittland mescolano, nel lungo elenco di episodi da loro stilato, attentati contro sinagoghe, cimiteri o centri culturali ebraici, con violenze e omicidi contro immigrati e addirittura con “atti dei terroristi palestinesi”, come nel caso, ad esempio, delle bombe su aerei di linea a Francoforte sul Meno e Zurigo, nel 1970, o l’attacco al villaggio olimpico israeliano a Monaco nel 1972.
Maik Fielitz ricorda su Neues Deutschland che il 27enne assassino di Halle aveva già annunciato da giorni su Internet la propria azione alla “comunità neonazista internazionale, che ha riconosciuto il potenziale della comunicazione digitale”. La politica, scrive Fielitz, ricorre alla facile definizione del “lupo solitario con problemi mentali e feticismo delle armi”, mentre bisogna “rendersi conto che il terrorismo estremista di destra cerca spazi di proiezione per le proprie azioni”, che di per sé costituiscono “un appello intrinseco all’imitazione”.
Nei fatti di Halle, Alternative für Deutschland ha una complicità morale, scrive Fielitz: ha contribuito a “normalizzare ancor più una visione del mondo antisemita e razzista”, propagandando “odio per le minoranze e gli emarginati e traducendolo in violenza”, inducendo i singoli a decidere quali mezzi usare “per difendersi dal presunto declino della nazione o della cultura”. L’attacco ad Halle non è stato il primo e non sarà certamente l’ultimo, conclude Fielitz; i “politici hanno definito gli eventi “inimmaginabili”, nonostante che dal 2018 più di 80 persone siano morte per le violenze dell’estrema destra”. Non solo ebrei.
Dopo il voto di ieri in Turingia, la coalizione Die Linke-SPD-Grüne, al potere dal 2014, non ha i numeri per una maggioranza; tutti respingono ogni ipotesi di alleanza con AfD, che però, al pari di Sachsen-Anhalt (qui, nel 2016, da CDU, a SPD, a Die Linke, Grüne, chi più, chi meno, erano tutti calati, a eccezione di AfD, balzata da zero al 24,2%) sembra dover imporre il proprio peso.
Già dopo le elezioni federali del 2017, lo storico dell’economia Jörg Roesler si chiedeva quale relazione ci sia tra le privatizzazioni nella ex DDR e i successi elettorali della destra, particolarmente sostenuti proprio negli ex Länder della Germania Est, con AfD che già allora aveva ottenuto un risultato federale a due cifre (12,6%).
In Sassonia, AfD era stato il primo partito (con quasi il 30% nei distretti orientali) puntando soprattutto sullo spauracchio dell’immigrazione, presentata quale causa per cui i tedeschi dell’Est non stanno ancora così bene come era stato loro promesso 30 anni fa. Se a ovest un elettore su otto aveva votato AfD, in tutti i Länder annessi nel 1989 almeno un votante su cinque aveva scelto AfD.
Se non c’è un legame tra il sondaggio sul “antisemitismo” e la sparatoria di Halle, non si può dire lo stesso per i voti a nazisti e xenofobi, prima e dopo Halle.
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