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30/10/2019

La "formula" del M5S non funziona più

Salvini grida vittoria e dice che questa è la dimostrazione che il governo Conte non ha la maggioranza del paese con sé. È possibile che questa diagnosi abbia del vero, ma basarla sul risultato di una regione che rappresenta circa l’1,5% dell’elettorato mi sembra un po’ azzardato. Quantomeno aspettiamo gennaio con il voto il Calabria ed Emilia per avere una indicazione più generale.

Anche perché era un voto condizionato da un fattore locale come lo scandalo che, pochi mesi fa, ha travolto la giunta di Catiuscia Marini e che era stato fatto scoppiare proprio dai 5 stelle che ora erano alleati del Pd che avevano denunciato e, pertanto, è stato un errore della maggioranza quello di politicizzare un test perso in partenza come questo.

Comunque, il dato non va sottovalutato e bisogna capire sino a che punto segnala tendenze replicabili anche nel resto del territorio nazionale.

Cerchiamo di capirlo partendo dalle evidenze maggiori: il blocco di destra segnala una vittoria gonfiata dal dato locale, ma abbastanza in linea con i sondaggi e con il risultato delle europee, anche relativamente ai singoli partiti, con la Lega saldamente in testa, Fdi in salita e Forza Italia che precipita. Quindi c’è poco da dire se non prendere atto che gli italiani, almeno per ora, non sembrano guariti dalla “salvinite”.

E qui, per spiegare le ragioni del persistente successo, bisogna lavorare su due temi: tasse e sicurezza. Ne riparleremo.

Le novità sono nel campo giallo-rosso. Il Pd, considerando che ha appena subito una scissione, che subiva in prima persona gli effetti dello scandalo, che c’erano diverse liste di appoggio eccetera, non se l’è cavata male replicando sostanzialmente il risultato delle europee con quel 22%.

Il crollo avviene tutto sul terreno del M5s che dimezza i voti rispetto a 5 mesi fa, rispetto ad un risultato che già dimezzava i voti rispetto alle politiche. Cosa non ha funzionato?

Di Maio dice che è l’esperimento a non aver funzionato: il M5s perde se è in coalizione con altri (tanto Lega quanto Pd) e che vede restare da solo per recuperare consensi.

Ma, per la verità, la scelta di eliminare la norma che proibiva al M5s di allearsi con chiunque fu proposta proprio da lui che era in fregola governista e si sarebbe alleato coi marziani pur di entrare a Palazzo Chigi. Può darsi che questo abbia avuto un peso, ma, nel caso, il valente uomo politico dovrebbe trarne le conclusioni.

Ma io non credo che il punto sia questo: anche se nel 2018 il M5s fosse restato solo e si fosse andati ad elezioni anticipate, il suo destino, dopo un po’ sarebbe stato lo stesso poco favorevole perché, a meno dell’improbabile caso di prendere il 51%, il suo sarebbe parso un voto inutile e lo stesso gli elettori si sarebbero ritirati.

Il punto chiave è un altro: il M5s ha perso ogni credibilità. Dopo aver promesso di cambiare la politica in questo paese (ed aver promesso anche molto più di quel che sarebbe stato possibile) si è rivelato tanto uguale agli altri ed è diventato anche esso un partito personale come Forza Italia, la Lega, il Pd.

In più ha dimostrato una singolare inattitudine a governare, una singolare impreparazione della maggioranza dei suoi esponenti, Di Maio in testa. Ma, soprattutto, ha mostrato di non avere alcuna linea politica, salvo una collezione di slogan inconcludenti.

Il colpo di grazia è venuto a maggio, dopo il risultato delle europee che segnavano un tracollo senza precedenti nella storia dell’Italia repubblicana.

Questo avrebbe dovuto indurre Di Maio ad una dignitosa ritirata nella speranza di trovare un altro modo di rilanciare il movimento, ma Di Maio, anche in questo uguale al resto della casta, a tutto ha pensato meno che a farsi da parte e si è accontentato dell’inutile ed irrilevante liturgia sulla piattaforma Rousseau: quando 6 milioni di elettori ti girano le spalle, il plebiscito di 60.000 pasdaran non spostano di un millimetro la situazione.

Poi è venuto il rovesciamento delle alleanze (per la verità voluto da Salvini) e lui, uomo per tutte le stagioni, è disinvoltamente passato dalla divisa giallo verde a quella giallo rossa: in politica, quando si cambia linea ed alleanze si cambia anche il generale.

Ora temo che qualsiasi cosa faccia il M5s sia troppo tardi per invertire la tendenza che lo vede avviarsi ad essere un partitino sotto il 10%. Magari Conte potrebbe fare un suo partito giocando sul suo consenso personale, e magari potrebbe avere successo, ma temo che la disfatta abbia compromesso anche lui, anche perché, salvo un forte recupero in Calabria ed Emilia (e sempre che non sia pugnalato alle spalle da Di Maio), credo abbia poco tempo per realizzare questo progetto.

Ripeto quel che ho già detto in altra occasione: il M5s è stato un esperimento interessante all’inizio, pur fra errori ed insufficienze, dopo è arrivata l’era Di Maio che lo condurrà alla tomba. Peccato.

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