La guerra sembra diventare l’unico sbocco possibile per una lunga serie di crisi, sia economiche che politiche. Della situazione in America Latina (Bolivia, Cile, Brasile, Argentina, Ecuador, Venezuela, Colombia) diamo conto ormai quasi ogni giorno. Così come del Medio Oriente. Due aree del mondo parecchio diverse, ma sottoposte a stress pesanti in conseguenza di un movimento differente dell’imperialismo Usa (tentativo di riprendere il controllo del “cortile di casa”, anche con i vecchissimi metodi golpisti, e parziale ritiro dallo scenario del Vicino Oriente).
Due notizie in 48 ore, da quest’ultimo teatro, ci dicono che molto si sta smuovendo nei consolidati rapporti di alleanza, e dunque anche nei rapporti di forza.
Stanotte Israele ha dato il suo abituale “contributo alla pace” con due raid aerei per eseguire omicidi mirati (senza badare affatto agli “effetti collaterali”).
Nel suo mattatoio preferito, la striscia di Gaza, ha bombardato alcune case per uccidere Baha Abu al-Ata, leader militare della Jihad islamica palestinese. Il 42enne capo del braccio armato della Jihad, le Brigate al-Quds, e sua moglie sono stati uccisi in un attacco aereo contro la loro abitazione a Shejaiya, nella parte est della città
Come si conviene per uno Stato terrorista, subito dopo è arrivata la rivendicazione: “La sua abitazione è stata attaccata in una operazione congiunta delle nostre forze armate e dei servizi segreti”, hanno dichiarato le autorità militari di Tel Aviv.
Ovvia la risposta palestinese, seppur decisamente meno efficace: alcuni razzi artigianali sono stati sparati contro il territorio israeliano, senza fare danni oltre alla fuga della popolazione residente nei rifugi.
A Damasco, invece, un altro raid aereo ha preso di mira l’abitazione di Akram al-Ajouri, uno dei leader dello stesso gruppo. L’uomo è sopravvissuto, mentre sono morti il figlio ed una guardia del corpo, riferisce la Jihad. La difesa antiaerea siriana ha comunicato di aver aperto il fuoco contro “un obiettivo ostile” durante il raid contro un edificio nell’area di Mezzeh, situato nei pressi dell’ambasciata libanese.
Insomma, Israele cerca di far esplodere il conflitto anche con la Siria, che al momento è sostanzialmente “coperta” dall’ombrello russo. Con esiti assolutamente imprevedibili.
Basta così? Certamente no. Gli strascichi del fallito assalto alla Siria – nel tentativo di far cadere Bashar Assad e possibilmente ucciderlo come Saddam e Gheddafi – hanno partorito l’omicidio di un agente segreto inglese a Istanbul. Quindi sotto protezione congiunta, teoricamente, della Gran Bretagna e della Turchia, che continuava ad ospitarlo (sapendo ovviamente benissimo di chi si trattasse, visto che stiamo parlando di membri della Nato).
Il corpo senza vita di James Gustaf Edward le Mesurier, ex agente dei servizi segreti inglesi MI6, è stato trovato vicino la moschea di Kilic Ali, in una strada di fronte all’edificio in cui ha sede la Mayday Rescue. Ossia la presunta Ong che lui stesso aveva fondato e che addestrava i White Helmets in Siria. Gli “elmetti bianchi” ci sono stati imposti dai media come una sorta di “santi subito” che operavano a puro scopo umanitario, ma in realtà funzionavano da Croce Rossa a favore dei gruppi jihadisti – sostenuti e armati direttamente dalla Turchia, oltre che da Arabia Saudita e altri emirati del Golfo, con un non segreto supporto israeliano – operanti nelle zone sottratte al controllo dell’esercito di Assad.
Un lavoro “di fino”, che richiedeva grande specializzazione operativa di tipo militare, capacità di districarsi tra interessi (e servizi segreti) diversi, cautela diplomatica e manipolazione sistematica dei media occidentali (quest’ultima era la parte “facile” del suo compito, visto com’è ridotta l’informazione oggi).
Secondo fonti citate dalla stampa britannica Le Mesurier, 43 anni, sarebbe precipitato dal balcone del suo appartamento intorno alle 4 di mattina. La testimonianza della moglie non ha chiarito molto sulla dinamica della morte. Avrebbe infatti dichiarato alla polizia che il marito aveva preso dei sonniferi, ma successivamente sarebbe andato alla porta d’ingresso dell’appartamento, dicendo di aver sentito bussare. Lei si sarebbe riaddormentata, per poi essere avvisata che il corpo si trovava fuori dalla porta di casa, in corrispondenza del balcone.
Solo venerdì scorso Le Mesurier era stato accusato di spionaggio e vicinanza a gruppi terroristici in un tweet della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Un’accusa circostanziata: “un ex agente del MI6, avvistato in tutto il mondo, compresi i Balcani ed il Medio Oriente: i suoi legami con i gruppi terroristici risalgono alla sua missione in Kosovo“.
Un personaggio da romanzo spionistico d’altri tempi, nato a Singapore da una famiglia di militari, diplomato all’accademia militare di Sandhurst e in seguito “operativo” in Irlanda del Nord contro l’Ira. Poi impegnato nel Balcani in funzione anti-serba, insignito della medaglia dell’Ordine dell’Impero britannico. E poi “improvvisamente” funzionario della Good Harbour, una società di “comunicazione strategica” con sede ad Abu Dhabi, e subito dopo fondatore e addestrato dei White Helmets (come si fa a definire “non governativa” un’organizzazione fondata, diretta e finanziata dai servizi segreti inglesi?).
Uno che aveva girato per tutte le guerre degli ultimi 30 anni, cambiando più volte ruolo, alleati, nemici. Difficile fare una classifica dei soggetti che potevano aver interesse a vederlo morto (servizi inglesi compresi, come nei romanzi). E che è finito nel modo più classico delle spie dell’Impero. Senza lasciare alcun rimpianto, naturalmente.
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