La protesta del popolo libanese continua, anche dopo le dimissioni di Hariri, seguite da un discorso del presidente Aoun.
Il primo ha tentato di convincere le piazze che ha fatto quel che si sentiva di fare, ringraziando i manifestanti per aver spinto il governo e il parlamento ad approvare la finanziaria 2020 in tempi brevissimi mai visti in Libano, oltre alle procedure per procedere con le riforma e le misure contro la corruzione. Ma questo non basta per soddisfare le richieste dei manifestanti che, malgrado tutto, hanno accettato di riaprire le strade in segno di buona volontà, e in attesa di vedere applicate le riforme.
Il presidente del Libano Aoun, nel suo discorso, non ha aggiunto molto se non promettere di andare avanti con le riforme e di farsi garante del percorso che porterà il paese fuori dalla crisi.
Ma il discorso più atteso era quello del segretario di Hezbollah, Sayyed Hasan Nasrallah, arrivato puntuale per rispondere alle accuse e spiegare la posizione del suo partito. Da sottolineare che Hezbollah è un partito di governo e di resistenza, è stato messo sotto attacco da diversi attori, Israele in testa, seguito dagli USA e dalla Francia che si è detta molto preoccupata per la crisi libanese.
Sayyed Nasrallah, dopo aver dichiarato che le persone hanno ragione a protestare, ha ringraziato l’intelligenza del popolo libanese, “perché ha evitato di cadere in ciò che era stato pianificato da qualcuno per portare il paese a una guerra interna”.
Per ovvi motivi non ha detto esplicitamente chi è questo “qualcuno”. Forse si riferiva a quei gruppi che durante le manifestazioni hanno insultato alcuni simboli di certe confessioni, compreso lui stesso. Ha dichiarato: “qualcuno chiamava gli altri a scendere in piazza per combattere” e ha continuato: “A causa degli insulti, si è rischiato che la situazione andasse fuori controllo, ma i disordini sono stati limitati e sono stati fermati”. Ha aggiunto poi che molte forze politiche hanno utilizzato la loro influenza per controllare la strada e che la richiesta delle piazze di cambiare radicalmente il sistema politico, distruggere le istituzioni e fare un conseguente salto nel vuoto, si può considerare un tentativo di golpe.
Prosegue Nasrallah, “Coloro che vogliono che i libanesi continuino le loro proteste esercitano un diritto naturale, ma devono garantire il corretto svolgimento delle proteste e la loro organizzazione” ed ha sottolineato poi che chiunque vuole lo scontro tra le strade e la politica deve capire che le forze politiche, per quanto forti siano le pressioni, devono avere pazienza e saggezza per affrontare questa situazione.
Commentando le dimissioni del Primo Ministro Saad Hariri, Nasrallah ha sottolineato che, oltre a non condividere la decisione di Hariri, questo non era comunque il governo di Hezbollah, né lo sarà il prossimo ed ha affermato: “Non siamo preoccupati per noi stessi, perché siamo molto forti politicamente e militarmente e abbiamo l’appoggio del popolo, siamo preoccupati per il Libano”. Ha poi aggiunto: “Qualunque cosa il governo abbia realizzato è necessario tener presente che il partito non ha ancora ancora giocato nessuna delle sue carte” (la politica, la popolarità e la forza militare N.D.R), ed ha continuato: “Dopo le dimissioni di Hariri, il documento di riforma si è bloccato, quindi le soluzioni per la crisi economica e per il miglioramento della vita quotidiana, tra cui la legge generale di amnistia e il recupero dei fondi saccheggiati, sono sospesi”.
E sul futuro governo Nasrallah afferma che “è necessario accelerare il processo e formare un governo in modo da non cadere nel vuoto istituzionale”. Ha sottolineato anche che il nuovo governo è tenuto a prendere sul serio le richieste dei manifestanti e recuperare la loro fiducia operando con trasparenza e onestà. Invitando ad un dialogo tra i partiti e il movimento di protesta ha detto: “non siamo estranei a questo paese e l’interesse nazionale richiede che vengano superate le ferite inflitte nei giorni scorsi”.
Nasrallah ha sottolineato che gli americani hanno un ruolo diretto nel proteggere il Libano ed aiutarlo a riemergere dalla crisi e a non bloccare le prospettive di possibili soluzioni economiche. Ha chiesto inoltre un vero governo sovrano le cui decisioni non siano condizionate dal volere dell’ambasciata americana o di altre rappresentanze diplomatiche straniere.
Infine ha sottolineato che “la questione della resistenza è separata dalle questioni di politica interna”. Il ruolo della resistenza è quello di difendere il paese dagli attacchi israeliani e, a tal proposito, ha citato l’ultimo abbattimento di un drone israeliano che sorvolava i manifestanti nel sud del Libano.
Hezbollah, sospettoso nei confronti del vento americano ritenuto responsabile delle dimissioni del governo libanese, si aggrappa all’ipotesi di un nuovo governo che mantenga gli stessi equilibri del precedente, anche se le facce dei ministri cambieranno. Vuole una soluzione che preservi il Libano dal caos, ma non vada a modificare gli equilibri politici emersi dopo le elezioni parlamentari.
In altre parole, è disposto a negoziare, ma solo sulla forma, non sulla sostanza. È chiaro che questo percorso, soprattutto a causa della diffidenza tra Washington ed Hezbollah, ha bisogno di una terza parte che faccia da garante.
Sono ormai chiari anche i motivi del silenzio russo sulla rivolta libanese; Mosca è alleata dell’Iran e di Hezbollah, partner delle intese raggiunte in Siria con gli Stati Uniti e che si estendono anche al Libano. Mosca si è impegnata, quindi, a mantenere la stabilità libanese e c’è chi ipotizza il suo ingresso sulla scena quando sarà il momento giusto, e potrebbe non essere lontano.
In questi giorni, specialmente dopo l’incidente israeliano con i droni nel sud del Libano, è stato anche detto che la Russia avrebbe chiesto a Israele di non intromettersi in quanto sta avvenendo in Libano, perché ciò complicherebbe la già difficile scena libanese.
Nei prossimi due giorni, il Primo Ministro Saad Hariri avrà il compito di formare il nuovo governo, e questo potrebbe essere il momento giusto per riorganizzare gli equilibri e disegnare le mappe delle garanzie.
La rivolta dei bisognosi, non si fermerà fino al soddisfacimento dei loro bisogni.
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