È comune convinzione che Salvini sappia parlare “alla pancia del
paese”, la parte più crassa ed impresentabile (non sono insulti, sono
solo constatazioni: ogni popolo ha un suo scarto), e siamo in tempi in
cui chi sa parlare come lui (Bolsonaro, Trump, eccetera) parte
avvantaggiato. Vero ma non basta.
Certamente c’è una parte crassa dell’elettorato, ma, realisticamente,
non eccede il 15-20% sul totale e, peraltro, non è tutta della Lega:
una bella fetta si disperde fra gli altri alleati del centro destra, il
M5s e, diciamolo, anche il Pd.
Qui la Lega va oltre il 35%, e la feccia aiuta ad arrivare a quel
risultato, ma non lo spiega, se non in parte limitata. D’altro canto,
non è che questi siano popolaccio ora che votano Lega e prima erano
civilissimi elettori quando votavano Pd, Forza Italia o M5s.
Il grosso dell’elettorato leghista (che va distinto dalla Lega in
quanto partito) è mosso da una serie complessa di motivazioni che vanno
capite senza pregiudizi ideologici (il che, peraltro, non significa
accettare e condividere certe idee).
Partiamo da una constatazione di fatto: undici anni fa iniziò
una crisi dalla quale poi non siamo affatto usciti: la finanza, in
parte e momentaneamente, ha tappato la falla, ma occupazione, consumi e
indici di crescita sono ancora lontani dai livelli pre crisi.
Questo è particolarmente vero in Italia, dove siamo ad una
sostanziale stagnazione decennale. Per di più, otto anni fa, la tempesta
dello spread che portò alla caduta del governo Berlusconi, indusse il
governo Monti (appoggiato dal Pd) ad una scellerata politica di austerità,
che elevò la pressione fiscale a livelli mai toccati prima e questo
produsse una contrazione del Pil, per cui il rapporto debito Pil
peggiorò. Tuttavia la cosa venne presentata come un rimedio di
emergenza.
Solo che poi l’emergenza è diventata normalità e la pressione fiscale
è rimasta a quei livelli anche dopo o, pur se di poco, è aumentata con
tutti i governi che si sono succeduti (salvo il governo Renzi che, se
non altro, non aumentò il carico fiscale pur senza diminuirlo).
È del tutto intuitivo che una pressione fiscale del genere,
protratta per ben otto anni provoca una rivolta popolare che si affida a
chi prometta di abbassarla di colpo e magari racconta che si può
arrivare ad una aliquota del 15% uguale per tutti.
In realtà questo è impossibile, a meno di finanziare il tutto con una
impennata del debito per fare la riforma tutta in disavanzo, che di fatto
sarebbe un regalo ai più ricchi. Tutte cose vere, ma chi sta per
affogare non pensa che il ramo che gli viene teso sia troppo fragile per
reggerlo, spera solo che basti. E, per ora, la manovra leghista
funziona, perché gli altri non pensano neppure lontanamente di abbassare
la pressione fiscale.
Il secondo motivo è la questione della sicurezza che i leghisti hanno legato al problema dell’immigrazione, anche se le statistiche non confortano affatto
(o lo fanno molto debolmente) il collegamento fra le due cose, ma
questo non importa, perché la “narrazione” leghista è facile da
spacciare.
Di fatto esiste un problema sicurezza dovuto non tanto agli
immigrati, quanto al generale decadimento dei meccanismi di integrazione
sociale dovuti alla crisi: anche gli italiani delinquono di più. A
questo si aggiunge la scarsissima tenuta del territorio da parte delle
forze di polizia.
Dunque un sentimento di insicurezza c’è e si somma al più generale malessere psicologico dovuto alla situazione socio economica.
In questo quadro è molto facile trovare un capro espiatorio per tutto:
gli immigrati, possibilmente di colore, perché sono facilmente
individuabili. Peraltro, è evidente che l’immigrazione porti con sé dei
disagi sociali, perché ci sono evidenti problemi di adattamento
reciproco fra immigrati ed indigeni, perché occorre comunque spendere
qualcosa per tenerli anche in condizioni miserabili, perché gli
irregolari spesso finiscono nelle reti della mala vita, eccetera
eccetera.
Ed il riflesso di una parte degli italiani (ovviamente il
popolaccio, ma non solo quello) è accettare la spiegazione più semplice
che propone rimedi rapidi ed immediati: porti chiusi anche a costo di
far morire la gente, rimpatri forzati (che poi non avvengono) eccetera.
La propaganda leghista ha campo libero perché gli altri (5stelle e Pd) non fanno altro che confermarla.
I 5stelle sono vergognosamente succubi della Lega (d’altra parte, Di
Maio è un uomo di destra e pensa esattamente quello che pensa Salvini in
materia), ma anche il Pd, salvo un po’ di pietismo cattolico, per il
resto conferma la balla della ”invasione” da cui dovremmo difenderci,
si pensi a Minniti.
Di fatto nessuno dei due tenta di avere una linea politica per
gestire il problema e Salvini fa una figura da gigante quando dice (e in
questo ha ragione) che non sta scritto da nessuna parte che la sola
Italia debba farsi carico del problema e che francesi, spagnoli eccetera
non possono dare lezioni a nessuno.
Di capire che questo flusso migratorio sia il riflesso delle
condizioni disastrose dell’Africa e che quel disastro lo abbiamo
combinato anche noi con gli interventi militari, con il land grabbing,
corrompendo i governanti africani, sfruttando le materie prime del
continente eccetera, non se ne parla nemmeno.
E non si pensa neppure di gestire la situazione mettendo questa gente
a lavorare, pur se a salario ridotto, per cui è ovvio che la presenza
di queste persone si traduce in una spesa senza contropartita.
Insomma, la Lega gioca senza squadra avversaria in campo, e ci meraviglia che vinca?
Infine c’è un terzo motivo, il più forte di tutti: dopo la sbornia
globalista di fine anni novanta-primi anni del secolo, quando tutti
si erano convinti di essere di fronte ad un nuovo Rinascimento che
avrebbe reso tutti più ricchi e felici, con l’arrivo della crisi, la
gente – non solo in Italia – ha iniziato a diffidare sempre più della
globalizzazione e delle sue istituzioni sovranazionali.
La Brexit e i successi delle forze cosiddette “sovraniste” non sono
nate dal nulla. La sinistra non ha offerto nessuna sponda credibile alla
protesta per cui la gente si è orientata verso destra.
So che Salvini non è affatto antiliberista, è organico
all’ordinamento capitalistico, che fa solo scena ed al momento buono
china (ed ancor più chinerà) la testa, ma oggi la gente vede in lui
quello che sa tenere testa all’Europa, che se ne frega dello spread, che
sa sbattere il pugno sul tavolo.
Certamente tutto questo è solo il prodotto di una messinscena
propagandistica, ma funziona, perché la gente vede nel Pd il partito più
omogeneo all’ordinamento attuale e nel M5s una cosa che non si capisce
che vuole, che ha cambiato linea diverse volte e non sa di cosa si stia
parlando.
In questa situazione, il rischio che Salvini vinca alle elezioni è
molto alto (anche se non scontato) e la speranza è che sorgano
nuovo competitori in grado di contrastarlo con successo. È ragionevole
che poi il governo Salvini sarà un flop di proporzioni gigantesche come
quello di Renzi e quello di Di Maio, il guaio è che farà danni
radioattivi che richiederanno anni per essere superati.
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