Altro capitolo della guerra commerciale tra Usa e Cina? Molto probabile. Il Canada ha dato l’ok – previa udienza il 20 gennaio – all’estradizione di Meng Wanzhou, 47 anni. La donna, oltre ad essere vicepresidente e direttrice finanziara del Cda di Huawei, è anche la figlia del fondatore – nonché presidente – del colosso della tecnologia cinese Ren Zhengfei. Parliamo di un uomo molto potente, e di una azienda tra le più importanti del mondo. Ma sopratutto di un gigante dell’economia cinese, e di un protagonista dei mercati finanziari internazionali.
Meng Wanzhou è accusata di aver dichiarato il falso a una banca internazionale sui legami tra Huawei e una controllata occulta in Iran, Skycom, al fine di accedere ai servizi bancari. Per la giustizia americana la questione era che, in questo modo, Huawei avrebbe violato le sanzioni imposte dagli Usa all’Iran e contemporaneamente commesso dei reati assimilabili alla frode. Una costruzione che ha tanto il sapore di una scusa, e che invece sembra rappresentare uno dei tanti tasselli del gigantesco puzzle della guerra commerciale tra Usa e Cina.
L’arresto della dirigente di Huawei, tra l’altro, ha dato origine ad un incidente diplomatico tra Canada e Cina, che ne ha a più riprese chiesto la liberazione. Ma il Canada se l’è tenuta, e anzi, adesso intende mandarla a giudizio negli Stati Uniti. Il dipartimento di giustizia canadese, infatti, ha affermato che i reati di cui è accusata la Wanzhou sono tali in entrambi i paesi. L’estradizione è quindi lecita: l’udienza, come detto, è stata fissata per il 20 gennaio. La dirigente, ricordiamo, è stata arrestata all’inizio di dicembre del 2018.
Che si tratti di una questione politico-finanziaria più che penale non è una nostra elucubrazione da complottisti, ma un dato di fatto: gli Stati Uniti stanno portando avanti una offensiva mediatica imponente contro la tecnologia cinese, Huawei in primis, insieme a Zte: sono accusati – dagli americani – di essere uno strumento dei servizi segreti cinesi.
Addirittura l’amministrazione Usa ha “suggerito” a diversi paesi alleati di non inserire Huawei nei bandi per la realizzazione delle infrastrutture 5G: lo hanno fatto con alcuni paesi europei e con il Canada. Ecco perchè non stupirebbe se le accuse nei confronti della numero due di Huawei potessero risultare – chissà – infondate. Anche perchè, non si tratta di una novità: ancora stiamo aspettando le prove del fatto che Saddam Hussein avesse le armi chimiche. Eppure Colin Powell pareva abbastanza convinto, quando mostrava la provetta. Speriamo solo che non vada a finire come andò nel 2003. Anche perchè la Cina non è l’Iraq. Ma quella sul 5G, sui mercati tecnologici ed in generale sul commercio globale è senza dubbio una vera e propria guerra.
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