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11/01/2020

Revoca concessioni autostradali ai privati. Che c’è ancora da discutere?

Dopo il crollo in galleria sulla A26 e quello in A10 presso la galleria ‘Ricchini, nel comune di Quiliano (Savona), nella notte tra giovedì e venerdì sulla A6 Torino-Savona si è verificato un altro crollo di intonaco sulla strada.

La discussione sulla revoca o meno delle concessioni autostradali a società private appare a questo punto un show tra “fulminati”, ma è anche emblematica delle convergenze trasversali tra destra e Pd sulla difesa di interessi ben definiti e la privatizzazione dei profitti.

Le autostrade sono un bene pubblico, pagato in questi decenni dallo Stato e dai cittadini che le utilizzano per la mobilità. Sono state concesse, arbitrariamente e stupidamente a nostro avviso, a società private che ne ricavano profitti consistenti pagando una concessione allo Stato.

I fatti, anche drammaticamente, si sono incaricati di dimostrare che la gestione privata delle autostrade – che ha come priorità il ricavarne profitti – non è adeguata a garantirne né la sicurezza né il ritorno previsto in termini di benefici economici per la collettività.

Il fuoco di sbarramento di Pd, Italia Viva, Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia – senza sostanziali differenze tra loro – contro la revoca delle concessioni ai privati, in questo caso alla società Autostrade per l’Italia del gruppo Atlantia/Benetton, la dice lunga su quali interessi stiano realmente a cuore a forze politiche che si dicono diverse e competitrici ma sistematicamente convergenti su almeno il 90% dei temi dell’agenda politica.

È allucinante che per prendere una decisione qualcuno si schermisca dietro l’attesa della sentenza della magistratura sul crollo del Ponte Morandi. La magistratura è chiamata ad esprimersi su illeciti penali non su scelte politiche o economiche che attengono al governo o al parlamento.

E poi ci sono i fatti. Drammatici. Secondo una inchiesta condotta dal giornale Il Secolo XIX sono circa duecento le gallerie fuorilegge in tutta Italia: 105 sulla rete in concessione alla società Autostrade per l’Italia (Benetton), 90 gestite su quelle date in concessione ad altre società private. Un primo censimento è stato fatto dopo i controlli avviati in seguito al crollo del 30 dicembre scorso all’interno della galleria Bertè, sulla A26, nei pressi del comune di Masone (Genova), poi c’è stato il crollo sulla A10 e adesso quello sulla A6. Il dato viene rilevato dopo le indagini sulla sicurezza della rete autostradale che il Ministero delle Infrastrutture ha avviato in seguito al disastro del ponte Morandi.

Una parte rilevante delle gallerie sulle autostrade non è a norma con i requisiti antincendio, con il rischio di una procedura di infrazione europea contro l’Italia.

La direttiva europea 2004/54, recepita in Italia nel 2006, fissava per le gallerie lunghe più di 500 metri requisiti di sicurezza su antincendio (ventilazione, rifugi, impianti di estinzione), illuminazione eccetera, dando tempo fino al 30 aprile 2019 per adeguarsi. Nella primavera del 2019 il Ministero delle Infrastrutture (retto allora dall’improbabile Toninelli) ha cercato di ottenere dall’Unione Europea una proroga al 2022 ma ad ottobre la Ue ha comunicato l’avvio degli atti per una procedura d’infrazione.

Ai costi dei ridotti introiti dovuti dall’aver concesso ai privati la gestione delle autostrade si aggiungerebbero anche quelli di una sanzione europea.

E ancora si sta a discutere se revocare ai privati le concessioni autostradali o meno?

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