Momento interlocutorio in Kirgizija, dopo le manifestazioni seguite al voto di domenica scorsa per il rinnovo del Parlamento, giudicate dall’opposizione tra le più falsificate nella storia elettorale del paese.
Secondo i risultati ufficiali, con un’affluenza del 56%, solo quattro della quindicina di partiti in lizza erano riusciti a superare la soglia del 7%; a quanto pare, tutti e quattro vicini al presidente Sooronbaj Žäänbekov, esponente dei cosiddetti “clan meridionali”.
I partiti rimasti esclusi continuano a guidare le manifestazioni, chiedendo nuove elezioni, tanto più che, martedì scorso, la Commissione elettorale centrale ha dichiarato non validi i risultati del voto del 4 ottobre.
Le proteste di massa erano scoppiate già nella giornata di lunedì, dopo l’annuncio dei risultati. Negli scontri tra manifestanti e forze di sicurezza, i sostenitori dei partiti d’opposizione, rimasti esclusi dal parlamento, ne avevano assaltato l’edificio, che ospita anche l’amministrazione presidenziale. Si parla di un morto e oltre 900 feriti negli scontri.
Nel corso delle proteste, sono stati liberati dagli arresti l’ex Presidente Almazbek Atambaev (le accuse contro lui e il suo clan andavano da: riciclaggio di denaro sporco e traffico di droga con l’Afghanistan a contatti diretti con la Turchia, dal commercio di armi e i flussi finanziari, fino ai contatti con gli agenti locali del MI6), l’ex primo ministro Sapar Isakov, insieme al faccendiere Sadyr Žaparov, proposto come Primo ministro, dopo le dimissioni di Kubatbek Boronov.
Il presidente Sooronbaj Žäänbekov, inizialmente dato, da alcune fonti, come “dileguatosi”, in un’intervista ieri a RIA Novosti, ha chiesto all’opposizione di trovare una “piattaforma di dialogo”, ma finora non ci sono stati negoziati ufficiali; mentre a Oš, nel sud del paese, suo fratello Asylbek Žäänbekov, ha raccolto alcune centinaia di sostenitori del presidente.
L’agenzia centralasia.media scrive che, tenendo conto dell’influenza nel paese dell’ex presidente Atambaev, tuttora forte, è molto probabile che eventuali nuove elezioni porterebbero a un suo ulteriore rafforzamento, dato anche il sicuro sostegno da parte di Ankara e Washington.
Intanto, la Procura generale ha emesso mandati di cattura per i leader di alcuni dei più forti clan meridionali, confermando così quella che da sempre – almeno, sin dalla fine dell’Unione Sovietica – appare essere la caratteristica delle contese “politiche” kirgize: la lotta tra clan della parte meridionale del paese, più agraria, e quella settentrionale, più urbanizzata e industriale.
E se iarex.ru, scriveva martedì che “l’intrigo principale è come i vincitori si divideranno le posizioni di governo e cosa faranno i perdenti”, ieri Interfax parlava di “ignoti che avrebbero preso possesso di alcuni dei più importanti giacimenti di oro e carbone del paese”.
Nella regione di Noryn, sarebbe stata occupata la grande miniera di carbone di Kara-Keče, con cui si alimenta tra l’altro la centrale termo-elettrica di Biškek, per cui si temono possibili black-out nella capitale.
Nella regione di Žalal-Abad, a occidente, direttamente al confine con l’Uzbekistan, gli abitanti del posto hanno occupato la miniera d’oro di Žamgir e, nella stessa regione, occupato il giacimento di rame di Bozymčak. Anche più su, nella parte nordoccidentale del paese, gli abitanti hanno occupato la miniera di Ištamberdi, i cui diritti di sfruttamento sono detenuti dalla compagnia cinese (già due anni fa si erano avute manifestazioni contro la compagnia) “Full Gold Mining”.
A Biškek, una sessantina di persone ha cercato di penetrare nell’edificio della più grande compagnia di estrazione dell’oro del paese, la “Kyrgyzaltyn spa”; sarebbe stata occupata anche l’unica raffineria kirgiza, non lontana dalla capitale. Martedì, invece, alcune centinaia di persone avrebbero saccheggiato e incendiato il giacimento aurifero di “Džeruj”, il secondo del paese per importanza.
E se Mosca rimane cauta nei commenti sulla situazione, non ha mancato di mettere in stato di massima vigilanza la propria base aerea di “Kant”, in cui stazionano aerei Su-25 e elicotteri Mi-8MTB, che sorvegliano lo spazio aereo dei paesi dell’Accordo per la sicurezza collettiva: Armenia, Russia, Kazakhstan, Tadžikistan, Bielorussia, Kirgizija.
In ogni caso, la maggior parte degli osservatori rimarcano come gli avvenimenti kirgizi rientrino chiaramente nel più generale scenario di destabilizzazione ai confini russi: dall’Ucraina alla Bielorussia, dal Caucaso alla Moldavia e Transnistria.
Non a caso, alla vigilia del voto, il presidente Sooronbaj Žäänbekov aveva fatto una serie di viaggi la scorsa settimana, e a Mosca si era incontrato con Putin, dicendo che, in vista delle elezioni, si notavano “strani movimenti”, con alcune forze politiche che “cercano di tirare la coperta dalla propria parte”. Secondo centralasia.media, Putin avrebbe allora risposto che la Russia sosterrà sempre il governo ufficiale in carica, nella sua aspirazione a garantire l’unità e la stabilità della società.
Più in generale, il politologo russo Aleksej Mukhin ha dichiarato, sempre all’agenzia centralasia.media, che le rivolte succedutesi negli anni in Kirgizija hanno la peculiarità di di essere di breve durata. Dopo la cosiddetta “rivoluzione dei tulipani” del 2005, venne rovesciato l’allora presidente Askar Akaev; stessa sorte per il suo successore, Kurmanbek Bakiev: entrambi costretti a dimettersi, accusati di corruzione e nepotismo.
“Penso che questa sia una peculiarità nazionale. Ma la situazione è caotica solo a prima vista. Vorrei far notare che questi eventi si stanno verificando proprio nel momento in cui è necessario distogliere l’attenzione, sia russa che mondiale, dai processi politici in atto in un’altra parte del mondo”.
Si sa, ha detto ancora Mukhin, “che le ambasciate USA, in particolare in Kirgizija, hanno una rete molto estesa all’interno della società civile. E in linea di principio, è molto facile organizzare tali rivolte senza particolari conseguenze politiche. Ora, penso che la situazione in Bielorussia, Kirgizija, Nagorno-Karabakh, così come in futuro, forse in Transnistria e in Asia centrale, possa trasformarsi in una fase turbolenta per distogliere l’attenzione da cose molto particolari: intendo le sporche elezioni presidenziali USA. Fondamentalmente, è il modello per cui si appicca il fuoco al granaio vicino per nascondere l’incendio in casa propria“.
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