Come noto lo scorso giovedì 7 ottobre la Corte costituzionale della Polonia ha sentenzia la superiorità della Carta fondamentale nazionale, rispetto al Trattato dell’Unione Europea ponendo un problema rilevante ma niente affatto sorprendente. In passato la Corte costituzionale tedesca aveva tentato di stabilire la propria supremazia rispetto al diritto comunitario, ma in modo meno contundente e la contraddizione era stata rapidamente riportata all’ordine della Corte di giustizia europea.
Nel 2005 i referendum in due paesi come Francia e Olanda avevano bocciato il progetto di Costituzione europea con poteri al di sopra delle Costituzioni nazionali. Battuto nei referendum e uscito della porta, il progetto è però rientrato dalla finestra con il successivo Trattato di Lisbona.
In Italia, nonostante appelli e argomentazioni solide da parte di costituzionalisti che ponevano lo stesso problema (uno fra tutti il prof. Maddalena), tutti gli organismi politici e giuridici hanno sempre avallato la supremazia dei trattati europei rispetto alla Costituzione italiana.
I giudici costituzionali polacchi, invece, stabiliscono ora l’incompatibilità di due articoli del Trattato Ue con la carta costituzionale della Polonia, dichiarando anche le possibili vie d’uscita dalla situazione sono o la modifica del Trattato Ue, o una modifica della costituzione polacca, oppure l’uscita della Polonia dall’Unione Europea.
La sfida a Bruxelles è stata lanciata – purtroppo – dal partito di destra al governo in Polonia, Diritto e giustizia (Pis), nel tentativo di evitare una riforma dell’ordinamento giudiziario, chiesta dalla Commissione Ue per garantire l’indipendenza della magistratura. La reazione alla decisione della Corte di Varsavia, non dovrebbe tardare e la Commissione – custode del Trattato – probabilmente aprirà una procedura d'infrazione nei confronti della Polonia.
Per ora a fianco della Polonia si è schierata l’Ungheria di Orban alle prese con numerosi contenziosi con la Commissione Europea. “La sentenza della Corte costituzionale polacca è il risultato delle cattive pratiche delle istituzioni europee” è scritto in una risoluzione con cui l’esecutivo ungherese invita le istituzioni dell’Ue a rispettare la sovranità dei 27 Paesi membri del blocco.
Qualche problema interno alla Polonia è però già prevedibile. Varsavia infatti è tra i beneficiari netti del bilancio europeo, che garantisce alla Polonia finanziamenti annuali pari al 3,43 per cento del Pil (dati del 2018). Tra il 2016 e il 2020 l’Unione ha erogato a Varsavia finanziamenti per 73,37 miliardi di euro, dei quali 22,08 per le sole politiche agricole.
Il settore agricolo costituisce uno dei principali serbatoi di voti del Pis e conta 1,43 milioni di addetti: il 9 per cento del totale della forza lavoro polacca. Inoltre in base al “Recovery Fund”, Varsavia dovrebbe ricevere 46 miliardi tra prestiti e sovvenzioni: fondi al momento bloccati a causa della disputa sull’indipendenza della magistratura.
L’eventuale uscita della Polonia dall’Unione Europea avrebbe conseguenze per il paese che è dipendente dalla Ue per l’80% delle sue esportazioni e per il 69% delle importazioni.
Ma dopo la Brexit britannica, i catastrofisti filo europeisti hanno perso molti dei loro argomenti. Il problema semmai sarebbe l’accentuazione dello scontro interno, visto che i partiti d’opposizione possono contare su 227 seggi su 460 alla Camera, e 52 su 100 al Senato.
Una prima dimostrazione di questa situazione sono state le manifestazioni di ieri in Polonia convocate addirittura su appello del Presidente del Consiglio Europeo, il polacco Tusk contro l’ipotesi di una fuoriuscita della Polonia dall’Unione Europea.
L’eventuale secessione polacca, come quella britannica, da un lato però libererebbe importanti risorse finanziarie, alleggerendo il bilancio di Germania, Francia e Italia, e dall’altro renderebbe più forte il progetto di fare della Ue un polo geopolitico più omogeneo.
E non è un mistero che a questo obiettivo puntino le classi dominanti del “triangolo” (Germania, Francia, Italia) sia attraverso un nuovo Trattato che istituisce le cooperazioni rafforzate tra paesi che condividono le stesse posizioni strategiche, sia eliminando il meccanismo dell’unanimità e del diritto di veto per ogni stato membro che spesso ha bloccato le decisioni.
Per questa ragione è prevedibile che la Commissione Europea non assumerà affatto posizioni morbide con Varsavia, anche fino alle estreme conseguenze.
Dopo essersi tolti di torno la Gran Bretagna, levarsi dalle scatole anche la Polonia significherebbe non avere più “serpi in seno” legate strategicamente più agli Usa che alla Ue. Le rendite di posizione del passato non bastano più e i tempi stanno cambiando, molto rapidamente.
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