Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

05/11/2021

Quei contafrottole “green” di Repubblica

Le fake news sono veramente un problema serissimo. E anche l’ideologia (“falsa coscienza”, mistificazione, non una qualunque indispensabile “concezione del mondo”), uno dei mali peggiori che possano affliggere il “discorso pubblico”.

Due mali cancerogeni che diventano cicuta pura quando vengono diffusi da una “fonte prestigiosa” dell’informazione mainstream, quella che si presenta al mondo come “professionale”.

Scorrendo, come tutti, la pagina online di Repubblica, stamattina, siamo rimasti colpiti da un titolo davvero shock: “Generazione inquinata: baby boomer responsabili del più grande spreco della storia. E il confronto con i ragazzi di oggi è impietoso”.

Tra di noi ci sono sia “boomers” – nati tra il 1950 e il 1964, grosso modo, ossia i figli del boom economico e quindi anche della natalità, nel secondo dopoguerra – sia o soprattutto gente molto più giovane. E tutta questa differenza generazionale in materia di sensibilità ambientale, sinceramente, non l’avvertiamo.

Andiamo a leggere l’articolo, con il catenaccio che ci ripete il concetto: “I baby boomer sono responsabili del più grande spreco di risorse della storia. I dati ecologici di due generazioni a confronto sono impietosi”.

Si parte poi dallo studio dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) pubblicato nel 1990, “in cui scienziati di tutto il Pianeta avvertivano sulla pericolosità dei cambiamenti climatici”. Con la chiosa maligna in coda: “probabilmente, a un qualsiasi trentenne di allora, in un mondo dove internet era embrione e i social odierni inimmaginabili, quell’avvertimento sarà sfuggito”.

Un trentenne nel ‘90 era per l’appunto un boomer, uno che magari potrebbe spiegare al buon Giacomo Talignani – disinvolto autore del pezzo – ­ che già nel 1972 i boomers si erano concentrati sulla pubblicazione del Club di Roma intitolato Rapporto sui limiti dello sviluppo. In cui si parlava non solo di inquinamento, ma del rapporto tra risorse non riproducibili (destinate all’esaurimento, prima o poi) e inarrestabile tendenza al loro consumo da parte di un sistema produttivo orientato sostanzialmente dall’accumulazione di profitto.

Da lì, nelle mille traversie di una generazione protagonista dell’”assalto al cielo” per cambiare radicalmente il modo di produzione (“il sistema”) cominciò a germogliare anche il pensiero e il movimento ambientalista.

Insomma, quei boomers ne sapevano più e meglio degli attuali “potenti della Terra”, e furono anche molto bastonati per questo (una parte “si pentì”, come sappiamo, andando ad infoltire anche le redazioni di diversi giornali, tra cui Repubblica).

Ma tutto ciò potrebbe sembrare solo un lamento da boomer, appunto, offeso da un’accusa francamente del cazzo.

La domanda per Repubblica e i suoi collaboratori è un’altra: ma voi, come cavolo vivete? Avete una macchina (un motorino, una moto, ecc.), una casa con i riscaldamenti e i condizionatori, consumate le stesse cose che consumiamo tutti, oppure avete un regime speciale “ecologico” riservato soltanto a voi? Magari differenziato generazionalmente.

Fate parte di questo mondo o siete alieni?

Qui tutti quanti, a prescindere dall’età, ci arrabattiamo come possiamo. Abbiamo (oppure no, i più poveri) mezzi di trasporto individuale (quelli collettivi e pubblici, come si sa, scarseggiano), facciamo la spesa cercando di risparmiare al massimo (bestemmiando per la quantità di plastica per ogni confezione), accendiamo i riscaldamenti che troviamo nella casa per cui paghiamo il mutuo o l’affitto, facciamo la raccolta differenziata e poi magari vediamo il camion della spazzatura rimescolare tutto insieme. Produciamo e consumiamo cose che non abbiamo deciso noi, né per il contenuto né per la forma o “l’allestimento”.

Viviamo insomma in un modo di produzione fatto di industrie, logistica, piattaforme elettroniche, merci fisiche o immateriali su cui non abbiamo nessun controllo o possibilità di feedback negativi. Possiamo scegliere una merce o l’altra, sullo scaffale. Ma tutte si equivalgono, pelo più pelo meno, quanto ad impatto inquinante ed energivoro.

Tutti vorremmo vivere in un giardino fiorito dove è sempre primavera, ma ci arrabattiamo in metropoli puzzolenti a bordo di scatole semoventi che “scegliamo” in base a quanto abbiamo messo da parte e per l’entità della rata.

Quale cazzo di scelta “generazionale” si può fare, in queste condizioni? Quali “dati” puoi sfornare a riprova di una tesi infondata?

Certo, i mezzi di trasporto con motore a scoppio sono ora meno inquinanti di quelli degli anno ‘70 e ‘80 (ma non di molto). Certo, ora si cominciano a trovare mezzi ibridi o elettrici (che però spostano il luogo dell’inquinamento, dalle città alle centrali elettriche, senza cambiare sostanzialmente le variabili del bilancio energetico), ma costano cifre che nessun lavoratore medio si può permettere (e meno ancora un giovane precario pagato quanto il reddito di cittadinanza).

Se siamo costretti ad andare a piedi e vivere in case senza riscaldamenti, certo, si inquina meno. Ma non è progresso, giusto? Non è “sensibilità ambientale”. È povertà. La quale si trascina dietro problemi che ogni favela vi squaderna davanti.

Potremmo andare avanti a lungo, ma è inutile. Repubblica e i suoi disinvolti collaboratori fanno ideologia all’ingrosso per diffondere un’unica idea: che ci sia uno scontro generazionale da fare su ogni problema, dalle pensioni al lavoro, dai diritti civili all’inquinamento, ecc.

È l’ideologia di un sistema di potere – economico, politico, mediatico – che non riesce più a gestire le molte crisi (economica, sociale, climatica) che stanno convergendo in un unico processo “sistemico”.

E che perciò può solo cercare di seminare divisioni nella massa dei soggetti sociali sfruttati che comincia a chieder conto di quanto è stato fatto finora, provando a individuare anche chi ci ha guadagnato e ci guadagna.

Repubblica & friends alzano barriere di fumo per coprire i veri responsabili, indicando una “generazione”, invece che un modo di produrre e distruggere.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento