Il fronte militare
La città sud orientale di Mariupol, il principale porto sul Mar d’Azov, è circondata dalle forze armate russe e da diverse ore è obiettivo di intensi bombardamenti.
Poco più a nord, a Volnovakha, cittadina nella regione di Donetsk, diversi cittadini hanno cercato di fuggire dopo nuovi bombardamenti. Queste due località avrebbero dovuto beneficiare ieri di corridoi umanitari per consentire l’evacuazione dei civili, ma la tregua concordata da Mosca e Kiev è durata circa una trentina di minuti, facendo di fatto fallire ogni procedura di evacuazione. Oggi secondo il rappresentante della milizia della Repubblica Popolare di Donetsk, Eduard Basurin, i corridoi umanitari dovrebbero essere nuovamente aperti e lo stesso consiglio comunale di Mariupol ha fatto sapere che alle 11 ora italiana si tenterà nuovamente di far evacuare la popolazione civile.
Il vice capo della milizia popolare della Repubblica Popolare di Donetsk (DPR) Eduard Basurin ha dichiarato che “In mattinata, i corridoi umanitari si apriranno di nuovo sia a Mariupol che a Volnovakha. Speriamo ancora che i comandanti ucraini che sono incaricati di difendere le località popolate ordinino ai loro subordinati di sbloccare l’uscita dalle località popolate in modo che i civili possano lasciare queste località popolate”.
Uno dei problemi che sta creando ostacoli ai corridoi umanitari è che in questa area (Mariupol e Donetsk) oltre alle forze armate ucraine è presente il battaglione Azov composto da neonazisti e con il quale ci sono molti conti in sospeso da regolare per le atrocità commesse. L’evacuazione dei civili lascerebbe i miliziani neonazisti senza la copertura dei civili e la resa dei conti con le milizie delle Repubbliche Popolari del Donbass diventerebbe inevitabile.
Secondo fonti di intelligence, citate dall’agenzia Nova, l’offensiva russa si va estendendo sulle città di Odessa e Mykolaiv. I media ucraini riportano da ieri che gli abitanti di Odessa temono un incombente assalto russo dal mare, un’operazione che sarebbe già stata tentata più volte utilizzando le unità anfibie. Per quanto concerne Mykolaiv, invece, la sua importanza è legata anche alla centrale nucleare di Yuzhnoukrainsk, situata a circa 120 chilometri dalla città costiera. Dotata di tre reattori Vver-1000 e una potenza installata di 2.850 megawatt, Yuzhnoukrainsk è la seconda principale centrale nucleare del Paese dopo Zaporizhzhia, già sotto il loro controllo dei militari russi da alcuni giorni.
A Kiev invece si vive in una fase di stallo, soprattutto perché il lungo convoglio di mezzi corazzati russi è fermo da giorni a decine di chilometri di distanza dalla città. I combattimenti proseguono nei sobborghi della capitale, in particolare nell’area nord occidentale, nei centri di Bucha e Irpin, cittadina situata nei pressi dello strategico aeroporto di Hostomel. A Kharkiv, la seconda città più grande del Paese, le esplosioni sono andate avanti per tutta la notte, e il Servizio di emergenza statale ucraino ha denunciato come la zona più colpita sia il quartiere nord orientale di Saltivka, un’area residenziale molto popolosa che si sta rapidamente svuotando nel tentativo di metterne in sicurezza i civili.
Sulla vicenda delle centrali nucleari ucraine occupate dalle truppe russe, da Mosca arriva una notizia che merita di essere verificata. Secondo l’agenzia russa Interfax, Kiev era vicina alla costruzione di una bomba nucleare basata sul plutonio: lo ha riferito una “fonte informata” all’agenzia russa Interfax. Secondo tale fonte, l’Ucraina stava lavorando alla produzione di proprie armi nucleari da oltre 20 anni. ”Per più di due decenni, implementando programmi sia nel campo nucleare che in quello della missilistica, l’Ucraina si stava costantemente muovendo verso la formazione di tutte le condizioni necessarie per creare le proprie armi nucleari”, ha detto la fonte a Interfax.
Il negoziatore ucraino ucciso. È giallo. Azione della “guerra sporca” o resa dei conti nella leadership di Kiev?
Sta diventando un imbarazzante giallo per le autorità ucraine l’omicidio di Denis Kireyev, uno dei negoziatori ucraini, ucciso con un colpo alla testa a Kiev. L’Ansa scrive che i media ucraini hanno riferito che sarebbe stato ucciso dai servizi segreti perchè scoperto a fare la spia per Mosca. In serata, un tweet del comando delle forze armate di Kiev ha ribaltato questa tesi: la loro versione è che questo banchiere fosse in realtà una spia ucraina, caduto mentre svolgeva compiti speciali. E che quindi il suo sacrificio “avvicinerà l’Ucraina alla vittoria”. Nessun cenno ai suoi killer.
L’agenzia russa Tass riporta così la notizia scrivendo che un membro della delegazione ucraina ai colloqui con la Russia, Denis Kireyev, è morto mentre svolgeva un “incarico speciale”, secondo quanto affermato dalla direzione principale dell’intelligence del ministero della Difesa ucraino.
“Tre ufficiali dell’intelligence, membri dello staff della direzione principale dell’intelligence del ministero della Difesa ucraino, sono stati uccisi mentre svolgevano incarichi speciali. Questi sono Dolya Alexey Ivanovich, Chibineev Valery Viktorovich, Kireyev Denis Borisovich”, ha affermato la direzione in una nota.
L’agenzia stampa ucraina Unian, che per prima aveva fornito importanti dettagli rivelando l’identità del morto e il modo in cui è stato ucciso, riferisce che “Kireyev è stato ucciso nel centro di Kiev. È stato giustiziato, colpito alla testa all’ingresso del tribunale di Pechersk”, scrive l’agenzia.
Un membro del parlamento ucraino, Alexander Dubinsky, ha dichiarato sabato che Kireyev è stato ucciso mentre era detenuto da ufficiali del servizio di sicurezza ucraini.
Secondo l’Ansa però basta scavare nella sua biografia per avere la conferma di quanto la storia recente dell’Ucraina sia piena di conflitti e contraddizioni. Denis Kireev ha infatti partecipato fisicamente al primo round negoziale tra Ucraina e Russia, quello che si è tenuto a Gomel, ma il suo nome non è mai comparso nella lista ufficiale della delegazione ucraina.
Secondo alcuni media russi si tratta di un gesto intimidatorio indirizzato ai negoziatori ucraini.
La sua presenza è dimostrata solo da alcune foto, in cui si vede che sta seduto al tavolo del colloquio, in fondo, l’unico in giacca e cravatta, non in uniforme militare.
Insomma, un giallo che fa capire bene il caos che regna all’interno dei vertici politico-militari e negli apparati di sicurezza ucraini.
Israele si propone come mediatrice del conflitto in Ucraina
Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha ricevuto ieri sera a Berlino il primo ministro israeliano, Naftali Bennett, arrivato da Mosca dove ha incontrato il presidente russo, Vladimir Putin. Al centro del colloquio, durato circa 90 minuti, l’iniziativa diplomatica avviata ieri dal premier di Israele per tentare di trovare una soluzione alla crisi in corso in Ucraina.
Secondo la stampa israeliana, sarebbe stato proprio Zelensky a chiedere al premier israeliano di attivarsi per tentare una mediazione. Bennet, alcuni giorni fa aveva rivendicato come Israele disponga di uno status unico che le consente di parlare con Mosca e Kiev, dati i rapporti positivi con le due parti in conflitto. Bennet, terminata la lunga riunione con Putin, ha avuto dei colloqui telefonici con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e con il titolare dell’Eliseo, Emmanuel Macron. Al momento non risulta che Draghi sia stato consultato né sia previsto un incontro con il premier israeliano in giro per l’Europa. Si conferma così come il demone della guerra alla fine crei legittimità come negoziatore di pace anche a chi – come lo Stato Israele – ha accumulato uno sterminato dossier di violazioni del diritto internazionale e dei diritti dei palestinesi.
La guerra della comunicazione
A partire da oggi la Rai sospende i servizi giornalistici dei propri inviati e corrispondenti dalla Federazione Russa. La misura – fa sapere la Rai in una nota – si rende necessaria al fine di tutelare la sicurezza dei giornalisti sul posto e la massima libertà nell’informazione relativa al Paese. Le notizie su quanto accade nella Federazione Russa verranno per il momento fornite sulla base di una pluralità di fonti da giornalisti dell’Azienda in servizio “in Paesi vicini e nelle redazioni centrali in Italia”. In pratica nessuno fornirà notizie verificabili dalla Russia. La Rai e il governo italiano non hanno dunque tollerato il lavoro del corrispondente Marc Innaro da Mosca e non potendo rimuovere il giornalista – sarebbe stato clamoroso e irricevibile – hanno rimosso l’intera redazione. In compenso si sprecano le dichiarazioni sulla censura all’informazione in Russia (vera) applicando la censura sulle informazione “dalla Russia” (altrettanto vero). Anche le emittenti televisive tedesche “Ard” e “Zdf” hanno sospeso per il momento le loro attività negli studi di Mosca, in Russia. L’Europa quindi dovrà “fidarsi” solo della Cnn.
Gli attacchi di “Anonymus” alla Russia si sono rivelati poco efficaci
Tra il 24 e il 25 febbraio Anonymous aveva dichiarato “guerra informatica totale” a Putin. L’effetto è stato immediato. Da allora attacchi coordinati, lupi solitari e rivendicazioni su Twitter si sono moltiplicati. Il 26 febbraio, Anonymus ha colpito il sito del Cremlino e quello della Difesa di Mosca, di cui è stato diffuso parte del database; il due marzo c’è stato l’attacco al sito dell’agenzia spaziale russa, Roscosmos; sempre il due marzo Anonymus ha pubblicato documenti secondo cui l’attacco russo sarebbe stato deciso il 18 gennaio e una mappa piuttosto dettagliata dell’invasione; negli ultimi sette giorni ha reso irraggiungibili diverse testate giornalistiche russe e agenzie di stampa, rimesse in piedi e buttate giù di nuovo, così come diversi siti di colossi energetici russi, tra cui Gazprom e Lukoil.
Secondo l’agenzia Agi si è sempre trattato di attacchi di breve durata. I siti sono stati rimessi in piedi in qualche ora rendendo inefficaci gli attacchi di Anonymus.
Sul fronte ucraino invece la sera del 23 febbraio, poco prima che le prime truppe russe entrassero in territorio ucraino, ci sono stati circa 200 attacchi ai siti ufficiali di banche e istituzioni ucraine con centinaia di macchine infettate da virus in grado di “prendere i dati disponibili dai database”, ha twittato l’account ufficiale del gruppo Eset Research con base in Slovacchia.
Allo stesso tempo, la rete internet satellitare civile gestita dalla società statunitense Viasat, che copre il nord Europa (e che ha fornito le mappe satellitari sulle truppe russe, ndr), è stata vittima di “un attacco informatico con decine di migliaia di terminali resi inutilizzabili”.
Fonte
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