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15/03/2022

La notte dei generali, divisi tra avidi e prudenti

I generali italiani non hanno grande fama nel mondo. E neanche in Italia, nonostante gli sforzi eroici – questi sì, visto lo sprezzo del ridicolo – di tutto il sistema mediatico mainstream.

Alla lunga lista di battaglie perse e crimini di guerra bisogna ora aggiungere il “bipolarismo” come opinionisti nei talk show. Quelli in servizio, non a caso, sono abbastanza allineati alle direttive Nato, riprese supinamente dal governo e dall’intera classe politica. Quelli in pensione si possono permettere qualche libertà in più, e dunque almeno nominare una serie di fatti che in tv o sui giornali sembra ormai vietato persino nominare.

Abbiamo ancora negli occhi il prof. Orsini – dell’Università Luiss, cioè di Confindustria! – zittito in malomodo per aver osato dire che la Nato, negli ultimi 30 anni, si è “allargata ad Est”, allarmando la Russia. O il decano degli inviati di guerra, Alberto Negri, costretto a lasciare una trasmissione su La7 per lo stesso motivo.

Più difficile dare del “putiniano” a un generale, e quindi – paradossalmente – proprio da loro esce fuori qualche considerazione realistica in più, qualche notizia dimenticata, e pure qualche appetito finanziario.

Nei due articoli che alleghiamo si possono vedere le profonde differenze tra i due tipi di “generali opinionisti”.

Il primo – in servizio, non sappiamo se brillante – imita gli imprenditori (tipo Carlo Bonomi o Sangalli), chiedendo “più soldi” per gli armamenti, proprio nel momento in cui tutti i governi europei (Svezia compresa!) aumentano le spese militari e puntano alla costruzione di un esercito comune. Insomma, si allena a prendere a calci una porta aperta...

Il secondo – in pensione – smonta con un sorriso buona parte dei luoghi comuni sparati dai media sulla guerra in Ucraina. Come quelli sulla “guerra lampo”, sulla “resistenza imprevista”, e soprattutto sulle “ragioni storiche” alla base di questa guerra.

Il contrario, facciamo notare, di quanto preteso da Mario Draghi nel suo discorso in Parlamento (“non è il momento di fare i conti con se stessi e con gli altri ma di fare i conti con la storia, non quella passata ma di oggi e di domani. A questo punto il passato, quello che abbiamo fatto, gli errori... Tutto questo è utile perché migliora la consapevolezza personale, ma è inutile se ci divide. Quello che abbiamo davanti è qualcosa che ci deve unire”).

È impossibile risolvere qualsiasi problema se non se ne conoscono genesi, ragioni e struttura. Tanto più impossibile, se “il problema” è una guerra che rischia di diventare mondiale, se non si blocca il meccanismo infernale dell’escalation (per ora fatta di sanzioni – l’unico organismo internazionale legittimato a deliberarle sarebbe l’Onu, ma chissenefrega, no? – e di armi leggere inviate quasi clandestinamente).

Ma una classe politica incompetente e asservita si guarda bene dall’interrogarsi sul “che fare?”; le basta obbedire al capo. E i camerieri che popolano le redazioni fanno altrettanto, con ancora più entusiastico servilismo. Al punto che, in questa strana guerra a valori rovesciati, risultano essere loro i veri guerrafondai. Mentre i generali – forse perché un po’ più “competenti” – tirano il freno.

La ragione a noi sembra chiara. Giornalisti e “politici” si sono abituati, negli ultimi trenta anni, a non vedere ostacoli davanti alla “poderosa macchina da guerra” degli Stati Uniti, della Nato, dell’Occidente neoliberista. “Spezzare le reni” all’Iraq, alla Somalia, alla Libia, all’ex Jugoslavia, ecc., era stato sempre abbastanza facile. Un po’ come quelle carogne che hanno ucciso Willy Monteiro.

Ora c’è un avversario “simmetrico”, almeno per quanto riguarda i “muscoli nucleari”. Gli imbecilli pensano di poter fare come le altre volte. I generali si fanno invece due conti e dicono: “stateve calmi”...

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I Dottor Stranamore euroatlantici chiedono miliardi, miliardi e ancora miliardi

Preferisco i generali in pensione a questi infoiati ancora a pieno servizio come questo qui nientemeno che a capo del “Comando Militare dell’Unione Militare Europea”.

Si, quelli in pensione, in questi giorni difficili, hanno dimostrato di essere più distaccati ed equilibrati e di certo alquanto lontani dai bollori guerraioli di questi generaloni che non vedono l’ora di guidare nuove imprese ma non più “in nome della Patria”. Ora ardono per la nuova entità che dopo aver riunito le banche adesso deve riunire gli eserciti nel nome della “democrazia” e della “libertà”: l’Unione Europea.

I nuovi crociati, dunque, contro la barbarie russa. Ma la UE non era nata per fare la pace in Europa dopo la tragedia della seconda guerra mondiale? Pare di no. Insomma, il tipo qui, pieno di medaglie per le missioni “umanitarie” che avrà fatto un po’ qua e un po’ là, in giro per il mondo, ci ha spiegato a Mezz’ ora in più (un’ora) che “occorre investire di più nella difesa, almeno un 2%. del PIL”.

Ora, secondo l’Osservatorio Mil€x nel 2022 la spesa militare italiana tocca la cifra record di 25,8 miliardi di euro. Bene, secondo il generale tizio, quella già gigantesca spesa, deve fare un altro poderoso balzo e passare a 33 miliardi di euro entro quest’anno per costruire l’armamentario del nuovo grande esercito dell’Unione Europea che deve salvarci dai russi cattivi.

Come se il nostro complesso militare industriale non ci costasse già una valanga di miliardi in uomini e mezzi che verrebbero polverizzati in un nano secondo da uno dei migliaia di missili a testata nucleare sparsi per il mondo e puntati verso di noi.

E dove credete che andranno a prendere tutti quei miliardi? Chi pagherà il conto di tutta questa roba? Su quali voci peserà questo nuovo spostamento di bilancio?

Sergio Scorza

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Il generale Landi: “Guerra Lampo? Ingenuo chi lo ha pensato”

Gianfranco Coppola – Agenzia Agi

“Chi immaginava una guerra lampo in Ucraina ha fatto una valutazione un po’ approssimativa e ingenua. L’Ucraina, che è meno attrezzata militarmente, sta facendo il possibile per difendersi ma non possiamo pensare che i russi siano così sprovveduti da non aver previsto quanto sta accadendo. Stanno limitando l’impiego brutale delle loro forze armate perché sanno di stare in mezzo all’Europa e sono nell’occhio del ciclone. Ad esempio finora non hanno usato la forza aerea”.

Una guerra che per il generale ora in pensione Carlo Landi, già comandante del Reparto Sperimentale Volo dell’Aeronautica militare, “poteva essere certamente evitata”.

“In Siria le tattiche e le tecniche militari furono completamente diverse. Adesso, invece, sono tornati di moda gli assedi. Non ci sono più mura da scalare perché le città non ne hanno più, basta chiudere i rifornimenti alimentari, di acqua, energia elettrica e gas, e il gioco è fatto. La guerra è sempre sporca, indipendentemente dall’uso delle armi”, ha spiegato.

“La realtà – dice Landi all’AGI – è che quando c’è una guerra, o una invasione come in questo caso, bisogna andare indietro di almeno 15 anni per ricostruirne le ragioni. E Putin questo attacco lo aveva in testa da almeno 8-10 anni. La situazione in Donbass e in Crimea la conosciamo almeno dal 2014. Era sotto gli occhi di tutti. Diciamo che l’Europa ha fatto finta di non vedere”.

Le intenzioni di Putin

“Putin vuole riportare la Federazione russa ai tempi dell’Unione Sovietica con un cuscinetto di Stati alleati attorno a sè per evitare che la Nato si allarghi ulteriormente. Un allargamento – sottolinea ancora il generale Landi – voluto dagli Usa e che ha finalità meramente commerciali e industriali. Fa impressione pensare che Stati membri dell’Unione Europea, come Polonia, Bulgaria e Slovacchia, che pure hanno fatto parte del Patto di Varsavia, siano disponibili a consegnare all’Ucraina i loro Mig-29, caccia da superiorità aerea di quarta generazione di fabbricazione sovietica prima e russa poi.

Gli americani sono tranquilli perché stanno in mezzo a due oceani. Ma cosa succederebbe se la Russia cominciasse a mettere basi missilistiche a Cuba o in Venezuela?”.

“A parole, tutti dicono di volere una Unione Europea che sia davvero unita, che sia indipendente e agisca quasi fosse un blocco unico. In realtà – osserva ancora Landi – noi dipendiamo necessariamente dalle armi degli Stati Uniti. Abbiamo bisogno dei loro missili Patriot se volessimo davvero difenderci dalla Russia”.

Dotazioni e investimenti

“Gli americani, ad esempio, continuano a investire in un solo programma, ad esempio la produzione degli F35 che vendono in tutto il mondo. L’Europa, invece – è la spiegazione del generale Landi – ha spalmato le sue capacità militari, professionali e finanziarie su tre programmi distinti, il Rafale francese, l’Eurofighter (assemblato in quattro Paesi, Regno Unito, Germania, Italia e Spagna) e il Gripen, di produzione svedese. E poi ci domandiamo come mai quelli americani siano i mezzi migliori. Ricordiamoci di quando fu progettato il Tornado, il caccia poi sviluppato da Regno Unito, Germania e Italia”.

“C’era dentro anche la Francia che dopo due studi decise di sfilarsi e di costruirsi da sola il Mirage. E sempre la Francia si ritirò dallo sviluppo dell’Eurofighter, portato avanti da Germania, Regno Unito e Italia, e lavorò sul Dassault Rafale. Abbiamo poi visto tante volte in tema di migranti, specie di quelli provenienti dalle realtà africane, come l’Europa non sia affatto unita, come se il problema fosse quasi un’esclusiva di Italia e Grecia territorialmente più vicini all’Africa. Anche in questi giorni, sono tutti d’accordo nell’imporre sanzioni a Putin. Poi però abbiamo la Germania che si tira indietro perché ha bisogno del gas russo per il riscaldamento”.

Il ruolo dell’OCSE

Landi è stato per tre anni (2008-2011) anche addetto alla Difesa presso l’Ambasciata d’Italia a Vienna con responsabilità per la Slovacchia e l’Ungheria e di Senior Military Advisor presso l’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.

“È la più grande organizzazione di sicurezza regionale al mondo e conta 57 Stati di Europa, Asia Centrale e Nord America. Ci sono dentro anche Russia e Ucraina. Sotto gli auspici dell’OSCE era stata creata, nel marzo del 2014, una missione speciale di osservazione in Ucraina con il mandato di contribuire a ridurre le tensioni e a promuovere la pace. Ma è servito a ben poco. Forse durante questa missione i lavori dell’OSCE e i suoi rapporti periodici non sono stati valutati nelle varie capitali con la giusta attenzione”.

“Probabilmente noi occidentali, una volta caduto il Muro, abbiamo pensato solo a festeggiare pensando che fossero finiti i nostri problemi. E invece avremmo dovuto pensare a come rapportarci con l’Unione Sovietica, poi diventata Russia. Nei miei anni a Vienna ho scoperto che la parte orientale dell’Europa è molto simile a noi italiani, come mentalità e come modello di vita. E invece sin da piccoli, abbiamo guardato al modello americano come fosse l’unico da seguire o da imitare”.

“Quanto sta accadendo in questi giorni è un retaggio della ‘Guerra Fredda’. L’Europa invece ha bisogno di adottare una politica della difesa che sia comune e con strumenti militari adeguati alle sue ambizioni sociali ed economiche. Un’Europa capace anche di agire da sola se necessario, con una autonomia che non sia per forza da qualcuno, come dalla Nato che per statuto, non dimentichiamolo, è un’Alleanza Difensiva”.

Come andrà a finire questa guerra?

“Impossibile fare previsioni – ammette Landi -. Nei miei anni a Vienna ho imparato che in diplomazia non bisogna mai irritare l’avversario. Ma i negoziati devono andare avanti. Diciamo che mi sarei evitato certe uscite di Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. L’Ue fa bene a prendere tempo e a dire no all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione. In quel Paese ci sono stati grossi problemi di corruzione che la Ue ha cercato di affrontare e risolvere senza riuscirvi. Diciamo che per entrare nella Ue ci sono regole da rispettare e parametri da osservare”.

“Quindi, la questione appare prematura. Quanto al presidente Zelensky, dal suo punto di vista, fa benissimo a chiedere l’istituzione di una no fly zone invitando i possibili sostenitori ad entrare in lotta al fianco dell’Ucraina. Ma l’istituzione di una no fly zone, ormai lo abbiamo ripetuto tante volte, significherebbe l’entrata in guerra della Nato contro la Federazione russa. Molto meglio fa Zelensky quando parla di compromessi su Donbass e Crimea e si rende disponibile a proseguire i negoziati”, conclude il generale Landi.

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