Le vie della provocazione sono infinite... Specie in tempi di guerra, quando proprio la guerra diventa la “nuova normalità”, si moltiplicano a dismisura le operazioni tese a seminare confusione, disinformazione, disorientamento politico.
Lo sperimentiamo ogni giorno, basta aprire un giornale di regime o essere travolti da un tg o un talk show. Valanghe di menzogne, assoli di propaganda pura e sbrigative asserzioni ideologiche spacciate per “valori”.
Non basta neanche scendere in piazza in modo molto partecipato e convincente (citiamo, per brevità, soltanto le due giornate del 28 ottobre e del 4 novembre). Anche in quel caso, infatti, gli “avvelenatori di pozzi” inviati sul campo hanno visto inesistenti “strane alleanze” tra sinistra di classe, pacifisti e oscuri personaggi (che o non c’erano proprio, o sono stati cacciati a calci).
Chiarissimo l’intento: dipingere il fronte della Pace e della Resistenza come un maleodorante insieme di fessacchiotti, abili manipolatori, improbabili leader di diverse tendenze, “gente da cui stare alla larga”.
Una confusione totale che proviamo ogni giorno a diradare, sia nella pratica sociale che nella critica dell’ideologia corrente (per esempio districando la triade infernale antisionisnimo-antiebraismo-antisemitismo).
Non siamo quindi rimasti molto sorpresi nel vedere – ieri – pubblicizzare una iniziativa “fondativa di un nuovo partito” che metteva insieme due abituè del trasformismo come Gianni Alemanno e Marco Rizzo.
Il primo, fascista di lunga durata, critico “da destra” del governo Meloni – di cui fa peraltro parte l’ex moglie, Isabella Rauti, figlia del più noto Pino, ex repubblichino e fondatore di ‘Ordine Nuovo’ – è da tempo alla ricerca di una “casa” specializzata nel mischiare le carte, come da manuale della provocazione fascista.
Di lui si ricordano gli sketch dedicatigli da Corrado Guzzanti quando era sindaco di Roma (“Chiamo esercito?” per spalare l’inattesa neve sulla Capitale) e l’impresa compiuta nel cinquantenario della conquista del K2: farsi portare in elicottero al campo base (circa 4600 metri di quota), camminare fino al Campo 1 (a 5.300...), per poi – ovviamente – collassare, essere messo sotto ossigeno e trasportato d’urgenza, sempre in elicottero, all’ospedale più vicino.
Di Marco Rizzo si può dire altrettanto. I nostri lettori sanno bene che non ci interessa mai addentrarci nelle faide polemiche tra microgruppi che fanno a gara per presentarsi come campioni del “vero comunismo”. E quindi lo avevamo semplicemente cancellato dai nostri radar.
Notavamo una certa sua sopravvalutazione da parte dei media mainstream, che si traduceva in interviste e inviti in televisione, ma lo attribuivamo a quella sua innegabile capacità di rappresentare fisicamente e verbalmente l’archetipo del “comunista trinariciuto” in voga nell’immaginario borghese: tetragono, ideologico, sloganistico, respingente.
Per anni alla guida di un suo “Partito Comunista”, aveva poi rapidamente sposato posizioni “rossobrune” o apertamente di destra, declinando la “questione nazionale” in termini assai simili a quelli fascio-leghisti, a partire dall’immigrazione. Cosa che tra l’altro aveva provocato la rottura con il suo settore giovanile, che era presto andato per la sua strada.
“Coerentemente” con questa impostazione aveva poi partecipato alla lista elettorale “Italia sovrana e popolare”, la cui piattaforma è una guazzabuglio di posizioni no vax, “sovranismo” e giuste rivendicazioni che si possono sentire in qualsiasi protesta di massa.
E infine l’iniziativa “incriminata”, che dovrebbe tenersi a fine mese, per “fondare il Forum dell’indipendenza italiana” insieme ad Alemanno, “moderati” (ma deve essere un eufemismo...) da quel Francesco Borgonovo, ora vicedirettore del fogliaccio La Verità e da sempre collaboratore del Primato Nazionale, ‘organetto’ di Casapound.
Una corsa verso il precipizio neofascista che ci sembra da anni “coerente” con il nick che si era guadagnato ai tempi della guerra della Nato contro l’ex Jugoslavia (1999), quando era rimasto nel governo D’Alema rompendo con Rifondazione Comunista: “Rizzo pelato, servo della Nato”.
Sembrava a tutti infatti davvero insopportabile stare nel governo che bombardava Belgrado e contemporaneamente andare in Serbia a portare la propria “solidarietà”.
Del “Forum per l’indipendenza” ce ne saremmo altamente fregati, come di altre cose inutili, se nella manchette di convocazione non avessimo visto due nomi che proprio non c’entrano nulla con questo sottobosco dell’”ammischiamento”: Moni Ovadia ed Elena Basile.
Il primo è notissimo come attore, ebreo molto critico verso Israele, pacifista, compagno sempre disponibile per confronti seri su ogni argomento che conosce bene. La seconda, ex ambasciatrice, si è fatta conoscere al grande pubblico solo di recente per le sue pepate partecipazioni ai talk show di Lilli Gruber e Corrado Formigli, in cui ha efficacemente difeso le ragioni della pace e ricordato il carattere brutalmente imperialista dell’”Occidente collettivo”.
Come potevano, loro due, condividere la “fondazione” di una qualsiasi cosa insieme a Rizzo, Alemanno e Borgonovo?
Un breve giro di verifiche ha portato tutti – anche gli allupatissimi telegiornali di regime – alla verità più semplice: sono stati vittime di una trappola. Era stato loro chiesto di “partecipare ad un dibattito”. Cosa che fanno molto spesso, senza tanti problemi, perché la loro storia è specchiata e nessuno può imputare loro nulla di men che onorevole.
Ovvio che una cosa è “dibattere”, anche con personaggi evitabili come Alemanno, altra – e del tutto diversa – è “partecipare allo stesso movimento politico”.
Le loro dichiarazioni, già nella serata di ieri, sono state lapidarie: “Sono stato invitato dall’ex sindaco Alemanno a partecipare a una tavola rotonda sulla Palestina con Elena Basile e Marco Rizzo e NON a un EVENTO FONDATIVO DI UN PARTITO. Quindi, non potrò partecipare“. Stessa ragione ha addotto Elena Basile, tramite i social, per motivare il ritiro della sua partecipazione.
Ci sarebbe poco da aggiungere sullo squallore di chi “fonda movimenti” con questi trucchi da venditori di tappeti. Ma i media di regime, grandi e piccoli, erano da tempo alla ricerca di una “pistola fumante” che funzionasse da “prova” per la loro tesi precostituita: contro la guerra e contro il sionismo stragista c’è (ci sarebbe...) solo una immonda “alleanza rossobruna” che unisce fascisti storici ed “estrema sinistra” non meglio specificata.
Chi ha organizzato questo “evento”, insomma, sa bene cosa sta facendo e soprattutto quali interessi sta favorendo.
È tempo di guerra, quindi tempo di provocazioni. Evitare ogni frequentazione con certa gente è ormai una questione di salute. Pubblica e propria.
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