In Ucraina, anche se sempre meno al centro di telecamere e telegiornali, si combatte ancora ogni giorno e i bombardamenti russi sulle città e le infrastrutture ucraine sono sistematici.
Le forze armate russe, come confermato dallo stesso Zelenskji, concentrano i loro attacchi nel settore di Avdiivka, nel Donetsk, una città ormai completamente distrutta a 90 chilometri a sud di Bakhmut.
I soldati russi ogni giorno guadagnano terreno, mentre il rigido autunno ucraino comincia a farsi sentire e i combattimenti sono rallentati dal fango che ha ormai invaso le trincee, imponendo piano piano il sostanziale stallo su tutti i fronti.
Dall’inizio di giugno, le forze armate ucraine hanno cercato di avanzare nelle direzioni di Zaporizhzhia, Yuzhnodonetsk e Artemivsk, gettando in battaglia unità addestrate e armate dalla NATO ma, come rilevato da tutti gli osservatori, non sono riusciti a ottenere successi significativi in nessun settore del fronte.
Sono passati appena due mesi da quando il segretario della Nato Stoltemberg annunciava che “l’offensiva ucraina guadagnava 100 metri al giorno“. Oggi sul fronte le cose sono completamente capovolte, con i russi che hanno conquistato quasi 340 km quadrati.
Dal 16 ottobre infatti le forze armate russe hanno ripreso l’iniziativa e l’hanno fatto nel settore di Avdiivka, nella regione di Donetsk dove le truppe ucraine rischiano di rimanere intrappolate in una delle famose “sacche” che gli sono costate enormi perdite e molti prigionieri.
Al Consiglio di Difesa dei ministri Ue, lo stesso Stoltenberg ha dovuto ammettere che “La situazione sul piano di battaglia è difficile e questo ci deve spingere ancora di più ad aiutare l’Ucraina, perché non possiamo permettere a Putin di vincere questa guerra”.
Il segretario della Nato è apparso piuttosto preoccupato dello scetticismo che regna tra gli alleati europei dell'alleanza verso l’Ucraina, al quale contribuiscono sia il fallimento della controffensiva ucraina sia l’incombenza dei rifornimenti militari a Kiev che troppo spesso vengono distrutti dai bombardamenti russi, alimentando una spirale di cui non si vede la fine (e di cui magari molti vorrebbero invece vederne).
Ma Stoltenberg e i guerrafondai come Borrell, Von Der Leyen, Biden e Scholz vorrebbero proseguire una insensata guerra per procura – contro la Russia e per conto di Usa e Nato – verso cui in molti cominciano a vedere più gli svantaggi che i vantaggi.
“Fino adesso non abbiamo visto reali intenzioni da parte di Mosca di arrivare a un accordo con l’Ucraina, ecco perché bisogna sostenerla in modo che arrivi ai negoziati da una posizione di vantaggio”, ha detto Stoltenberg commentando i malumori tra gli alleati, che vorrebbero finalmente l’apertura di negoziati con Mosca.
L’aria che tira, anche a Bruxelles, non è più quella della predisposizione fideistica ai successi della controffensiva Ucraina e la “vittoria sulla Russia“. Proprio ieri il ministro della Difesa slovacco, Robert Kaliniak, ha informato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, della “fine dell’assistenza militare all’Ucraina fornita dai depositi delle forze armate slovacche. La Slovacchia, tuttavia, continuerà a fornire all’Ucraina un’ampia serie di aiuti umanitari e di assistenza tecnica, il cui uso non provoca morti”.
“Non c’è senso di urgenza in Europa, la situazione in Ucraina è molto grave e il fronte potrebbe rompersi: c’è la seria possibilità che la guerra venga persa“, ha dichiarato emblematicamente all’Ansa un diplomatico europeo con diretta conoscenza del dossier ucraino.
Appare quantomeno consolatorio quanto dichiarato da Josep Borrell – responsabile esteri e sicurezza della Ue – secondo cui da Francia e Germania verranno fornite120mila munizioni per l’Ucraina nel 2023 e 2024 attraverso ordini specifici ma precisando che queste cifre sono “odierne” e che possono cambiare nel tempo.
Il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, pochi giorni fa si era detto preoccupato perché, a seguito dell’attacco palestinese contro Israele e del mattatoio in corso a Gaza, è diminuita l’attenzione dei mezzi d’informazione per la guerra che l’Ucraina sta combattendo contro la Russia.
Intervistato dal quotidiano tedesco Die Welt, il titolare della diplomazia di Kiev si era lamentato così: “È spiacevole che l’Ucraina non sia più sulle prime pagine. Quando scoppia una nuova guerra, i conflitti precedenti vengono in qualche modo dimenticati”.
Ma noi, purtroppo e per fortuna, come dimostrato dalla manifestazione nazionale a Roma dello scorso 4 novembre, non ci dimentichiamo di nulla, neanche delle guerre che non sono più in prima pagina.
In Italia, infatti entro il 31 dicembre il Parlamento dovrà votare se rinnovare o meno il decreto che ha consentito l’invio di armamenti italiani in Ucraina nella guerra contro la Russia.
Sulla carta lo schieramento guerrafondaio – di maggioranza e di opposizione – ha i numeri per votare il rinnovo del decreto. Al momento dentro il PD non si avvertono voci squillanti che chiedono un cambiamento di posizione sulla partecipazione alla guerra in Ucraina.
Ma se la stanchezza serpeggia tra gli alleati di Kiev in Europa e negli Usa, sembra divampare ancora di più in una opinione pubblica che da un anno e mezzo chiede di cessare il fuoco e aprire negoziati tra Ucraina e Russia, piuttosto che continuare con una inutile carneficina che dura ormai da troppo tempo.
Continuare a inviare armi, spendere soldi e mantenere l’Italia coinvolta in una guerra che la popolazione non sente come propria né necessaria, sarà sempre più difficile, anche per i guerrafondai di governo e di opposizione in Italia. Però occorre ricordarglielo, anche con le iniziative di piazza.
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