Il punto della situazione sul caso di Ilaria Salis sta diventando, senza fare troppi giri di parole, il punto della disperazione.
Dopo che il ministro degli Esteri di Budapest ha approfittato della visita a Roma per chiudere la porta e pure il portone, accusando l’Italia di interferire nella sovranità magiara e nello stesso tempo anticipando, in pratica, la sentenza di condanna, non sembrano esserci spiragli per una soluzione positiva.
Dice Eugenio Losco avvocato della militante anarchica insieme a Mauro Straini: “Le ultime dichiarazioni del ministro degli Esteri ungherese descrivono bene quale sia il clima nei confronti della signora Salis. Attacchi sui giornali locali, murales con la sua impiccagione, richieste di condanna esemplari. Il pericolo che non venga garantito un giusto processo nei suoi confronti sembra reale”.
“Il pericolo dell’indipendenza effettiva della magistratura già oggetto di plurime risoluzioni e infrazioni da parte del Parlamento europeo e della Commissione risulta proprio dalle dichiarazioni del ministro – aggiunge il legale – il quale prima ancora che il processo sia iniziato si dichiara sicuro della colpevolezza della signora Salis e ne chiede una condanna esemplare. Confidiamo al più presto che la sua detenzione possa cessare quantomeno con la sostituzione della misura con gli arresti domiciliari”.
Alle parole del ministro magiaro il governo italiano ha replicato timidamente con quelle del ministro Tajani sull’importanza dell’udienza prossima anticipata al 28 marzo, che in realtà pare non garantire granché.
Anche dall’opposizione non è arrivata una reazione forte, foriera di una mobilitazione.
Va ricordato che entro il 15 marzo i giudici ungheresi devono rispondere alla corte di appello di Milano che ha chiesto la possibilità di sostituire il mandato di arresto europeo con la detenzione in casa per Gabriele Marchesi, anarchico coinvolto negli stessi fatti che hanno riguardato Ilaria Salis e in attesa di estradizione.
Il clima non pare favorevole (eufemismo) a una risposta positiva da Budapest. E la corte milanese il 28 marzo deve decidere se consegnare Marchesi agli ungheresi tenendo conto che il procuratore generale aveva espresso parere contrario sia in relazione alle condizioni di detenzione a Budapest sia alle spropositare pene ipotizzate.
In caso di un no all’estradizione i rapporti tra i due paesi diventerebbero ancora più complicati. E i presunti favori in silenzio della diplomazia non sembrano in grado di risolvere qualcosa.
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