La Presidente Cristina Fernandez de Kirchner sta lentamente ma progressivamente recuperando dopo l’operazione alla quale è stata sottoposta all’inizio del mese di ottobre. Ma l’Argentina è scossa dalla più grave crisi degli ultimi anni: saccheggi, scontri, proteste ovunque.
Alla vigilia del trentesimo anniversario del ritorno di Buenos Aires alla democrazia, continua e si estende il braccio di ferro tra governo federale e polizia, in sciopero da giorni apparentemente per chiedere aumenti salariali. La sparizione dei corpi di sicurezza dalle strade ha lasciato campo libero a gruppi di criminali organizzati che si sono dati ai saccheggi e agli assalti, ma anche a settori di popolazione povera che approfittano del caos per portare a casa cibo e prodotti gratis in una situazione in cui la crescente svalutazione della moneta locale, il peso, aggrava le condizioni di milioni di argentini.
Solo nelle ultime ore gli scontri hanno provocato tre morti, portando così a sette il conteggio totale delle vittime dall’inizio della crisi, proprietari di negozi ma anche alcuni saccheggiatori. La situazione è così grave che l’esecutivo federale ha accusato esplicitamente gli agenti di polizia e coloro che partecipano ai saccheggi – a volte, secondo le accuse, i due soggetti coinciderebbero – di cercare di destabilizzare il paese per aprire la porta ad una ventata reazionaria e autoritaria.
Lo sciopero dei poliziotti è iniziato a Cordoba, la seconda città per grandezza dell’Argentina, martedì della scorsa settimana, ma poi si è estesa ad una decina di province del grande paese. In otto di queste province - Buenos Aires, Entre Ríos, La Pampa, Santa Fe, Tucumán, Chaco, Mendoza e Chubut – i poliziotti sono rimasti del tutto chiusi nelle loro caserme, col risultato che centinaia di negozi sono stati assaltati e saccheggiati. Di fronte al caos crescente – sono aumentati esponenzialmente anche altri reati come stupri, omicidi, rapine – naturalmente i media vicini all’oligarchia prendono di mira il governo per le conseguenze dello sciopero della polizia che acquisisce contorni sempre più politici, diretti secondo il governo a produrre una crisi istituzionale e a provocare una reazione autoritaria per ‘mettere fine al disordine’. Per il Frente para la Victoria, la coalizione politica che sostiene Cristina Kirchner, si tratterebbe di una strategia destabilizzatrice che non ha nulla a che fare con richieste di tipo salariale, anche perché l’amministrazione dell’ordine pubblico appartiene in Argentina per lo più alle amministrazioni regionali, molte delle quali controllate da forze politiche antigovernative. Il ministro della giustizia, Julián Álvarez, ha affermato che dietro molti saccheggi c’è una regia comune e che basta andare sui social network per imbattersi in vere e proprie reti organizzate che promuovono gli assalti agli esercizi commerciali. Le accuse principali vengono rivolte dal governo, per ora però senza conseguenze, nei confronti di Sergio Massa e del suo Frente Renovador, nato da una costola delle forze che fino a poco tempo fa appoggiavano l’esecutivo e la presidente Kirchner.
Per cercare di riportare l’ordine nelle strade la Casa Rosada ha mobilitato 10 mila effettivi della Gendarmeria nazionale, mentre in tre province – Cordoba, Rio Negro e Neuquèn – la polizia provinciale ha posto fine alla protesta dopo aver accettato aumenti del salario base di circa il 60%. Ma il ritrarsi dalla protesta delle frange più moderate potrebbe convincere – è l’allarme lanciato dal governo – quelle più radicali a incrementare le provocazioni e le minacce.
“Decine di poliziotti in pensione, assieme a centinaia di sottoufficiali, a quattro agenti penitenziari che hanno fatto uscire delinquenti dalla prigione e a molti altri uomini armati hanno cominciato ad avvisare vandali, ladri e drogati sui negozi e supermercati non protetti da nessuna forza di sicurezza nazionale per saccheggiarli” ha denunciato Bacileff Ivanoff, governatore della provincia del Chaco.
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