L'Unione Europea “sostiene” il governo Renzi non modificando le proprie “previsioni ottimistiche” sulla stato dell'economia italiana nel 2014. La nota Ue di oggi, infatti, assicura una votazione identica a quella di fine febbraio, sia dal lato del Pil sia da quello del deficit.
Ma non può tacere del deciso peggioramento della dinamica debito/Pil provocata dalla decisione (dovuta, peraltro) di accelerare i pagamenti arretrati alle imprese per forniture alla pubblica amministrazione.
Bruxelles precisa che le stime sull'anno prossimo non tengono conto di provvedimenti come il taglio dell'Irpef sui redditi più bassi o degli effetti della spending review "dal momento che i dettagli non sono ancora stati specificati". Una prudenza che nasconde anche una critica – soft, per carità – alla modalità tutta renziana di dare per “fatte” cose che non si sa come andranno.
La proiezione del “governo” comunitario per la crescita italiana resta dunque ferma a un +0,6% quest'anno e +1,2% il prossimo. Numeri inferiori, seppur di poco, agli 0,8% e 1,3% messi nero su bianco dal Def del mese scorso.
Ma non c'è da gioire. Il confronto con la media della zona euro – per la quale si indica un +1,2% nel 2014 e +1,7% nel 2015 – resta molto sfavorevole e segnala un aumento delle distanze con quasi tutti i paesi del continente.
"Il miglioramento [nella dinamica del Pil] visto nel quarto trimestre 2013 è legato alla performance positiva delle esportazioni e all'aumento degli investimenti in macchinari", ma "rischi al ribasso potrebbero derivare da un ulteriore apprezzamento dell'euro e da un acuirsi delle tensioni geopolitiche, con ripercussioni negative sulla ripresa guidata dall'export". Due dinamiche completamente fuori dal controllo politico – sia dell'Unione Europea che, a maggior ragione, dell'Italia – e che rendono un'economia export oriented particolarmente esposta a pericoli esterni.
Decisamente meno concilianti sono le stime sul debito pubblico, per cui la Ue prevede la crescita fino al 135,2% del Pil quest'anno e al 133,9% il prossimo ( a febbraio si fermava rispettivamente a 133,7% e 132,4%).
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