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01/09/2014

Siria/Iraq - Obama: “Ancora nessuna strategia contro l’Isis”

Il presidente Obama lo ammette: “nessuna strategia” contro l’avanzata dello Stato Islamico in Siria e Iraq. Ma, avverte, gli Stati Uniti stanno lavorando a diverse opzioni militari per fermare gli islamisti. “Non metto il carro prima del cavallo – ha detto Obama – Non abbiamo ancora una strategia. Il nostro obiettivo adesso è proteggere gli obiettivi americani in Iraq, la nostra ambasciata, i consolati, il personale”.

Fonti della Casa Bianca riportano l’intenzione di Obama di attendere il summit della Nato previsto per fine settembre così da vagliare la possibilità di una nuova coalizione di volenterosi per intervenire in Siria. I dubbi intorno a bombardamenti contro le postazioni Isis sono tanti: Washington non intende coordinarsi con il governo di Damasco né aiutare l’esercito di Assad ad avanzare nelle aree occupate dai ribelli. Allo stesso tempo, le informazioni in mano all’intelligence Usa non sono sufficienti: a differenza dell’Iraq, dove gli Stati Uniti ricevono informazioni da kurdi e iracheni, in Siria godono di una rete molto meno efficiente. Da qui la decisione di far partire per ora solo aerei di ricognizione che individuino le postazioni jihadiste e i loro movimenti, soprattutto al confine con l’Iraq e intorno alla roccaforte islamista di Raqqa. 
In Iraq si preferisce invece operare con i raid “umanitari”, bombardamenti mirati nelle comunità assediate delle minoranze irachene. Ora sul tavolo sta l’assedio della città turkmena di Amerli, dove restano intrappolati nelle mani dell’Isis  12-15mila turkmeni. Negli ultimi giorni, i raid sono diminuiti e proseguono solo le operazioni via terra di esercito iracheno e peshmerga kurdi che nei giorni passati hanno ottenuto alcuni risultati. Ieri i miliziani kurdi hanno ripreso sette villaggi a nord della strategica diga di Mosul, mentre l’esercito iracheno rioccupava il villaggio di al-Hamra, vicino Tikrit, roccaforte baathista, e la strada di collegamento tra una base militare e la raffineria di Baiji, su cui da tempo l’Isis ha poggiato gli occhi. Ripresi anche due giacimenti petroliferi a nord.
Dall’altra parte del confine, la situazione si aggrava a sud del territorio siriano dove negli ultimi mesi si sono radunate le opposizioni islamiste al presidente Assad, rivali dell’Isis. L’avanzata del gruppo di al-Baghdadi ha spinto verso sud Fronte al-Nusra e altri gruppi islamisti che nei giorni scorsi hanno occupato l’unico valico di frontiera con Israele, a Quneitra. Un’azione che preoccupa Tel Aviv e adesso anche le Nazioni Unite, presenti lungo la zona cuscinetto con una missione di interposizione. Ieri sono stati rapiti 43 caschi blu dell’Undof, mentre altri 81 restano intrappolati tra Ar Ruwayhinah e Burayqah. Colpi di mortaio, dovuti ai duri scontri in corso tra esercito siriano e opposizioni, sono arrivati in territorio israeliano ferendo due soldati.

A nord le violenze arrivano dalla rete: nei giorni scorsi dopo la presa della base dell’aviazione militare di Taqba, una delle principali del paese, i miliziani hanno barbaramente ucciso 250 soldati governativi e mostrato i loro corpi senza vita, nudi, ammassati a terra.

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