Va avanti decisa la strategia per la rapida normalizzazione di Syriza portata avanti da Alexis Tsipras allo scopo di eliminare o rendere ininfluente il dissenso interno rispetto alla nuova linea di capitolazione nei confronti della Troika, che nei giorni scorsi il primo ministro ha definito ‘una ritirata strategica’.
Dopo molti rinvii, giovedì si è finalmente tenuto il Comitato Centrale di Syriza, il primo dopo la firma del terzo memorandum, preceduto (come da insegnamento bertinottiano, verrebbe da dire) da un’intervista giornalistica in cui il Primo Ministro metteva già le carte in tavola e indirizzava la discussione all’interno del parlamentino del partito. Dai microfoni della radio “Kokkino” il suo intervento è stato chiaro, netto e di segno ultimativo, preconizzatore di un cambio totale di modello di organizzazione politica e di cultura politica: “Il modello Syriza non è fatto per governare”, ha affermato in un passaggio, “quel modello pluralista e polifonico è fallito…. Syriza non si è mai trasformato in un partito unitario e la responsabilità è solo mia” e, continuando sulla falsariga dei tristemente noti richiami alla cultura di governo “c’è una sinistra nella società che si esprime a milioni, mentre Syriza rimane ancora il partito dei 30 mila militanti”.
Sui parlamentari dissidenti, una quarantina, che non hanno votato le misure imposte dal memorandum si è espresso così: “Non posso capirli. Abbiamo deciso tutti insieme di fare di tutto per cercare di salvare le banche e quei cittadini che hanno scelto di non portare i loro risparmi all’estero. Poi torno indietro e mi sento dire: sosteniamo il governo ma votiamo contro l’accordo ottenuto. Non è possibile andare avanti così”. Il Primo Ministro, pertanto, afferma per la prima volta dopo il voto parlamentare di non essere disposto ad andare avanti con un governo di minoranza (anche se prima di tale voto aveva fatto balenare la possibilità di dimettersi nel caso in cui il gruppo parlamentare di Syriza non lo avesse sostenuto in maniera compatta) e vorrebbe che i deputati dissidenti adempiano all’obbligo statutario di dimettersi in caso di dissenso con il voto deciso dalla maggioranza del gruppo parlamentare. Ovviamente, nel suo ragionamento il leader ellenico omette di dire che i parlamentari, come tutto il corpo dirigente e militante di Syriza, sono stati messi di fronte da un giorno all’altro al fatto compiuto della firma del terzo memorandum, nei confronti del quale ci sono state espressioni di dissenso ad ogni livello organizzativo, dalla segreteria al Comitato Centrale passando per la direzione; in questo quadro, pertanto, non si capisce a quale disciplina di partito possa appellarsi.
Il discorso indirizzato da Tsipras alla platea del Comitato Centrale, convocato, giova ripetere, a babbo morto, è stato del medesimo tenore, secondo quanto filtra. “Se qualcuno crede che un altro governo, un altro primo ministro avrebbe ottenuto qualcosa di meglio può dirlo e da questa sede. Se qualcuno crede che Syriza ha abbandonato il popolo venga a dirlo. Se qualcuno crede che Syriza deve abbandonare il governo lo dichiari. Se qualcuno crede che l’accordo che abbiamo è il peggiore dei tre memorandum che lo spieghi con argomenti”, “Non è possibile che alcuni considerano che si possa andare avanti all’infinito con i voti degli altri partiti e una parte del gruppo parlamentare dichiara che l’accordo è una catastrofe per il paese con l’assurdità che sostiene il governo”. Queste affermazioni sono state seguite da un riferimento esplicito ad elezioni anticipate nel caso in cui il dissenso non rientrerà e da una serie di considerazioni improntate sullo schema di ragionamento secondo il quale non c’era alternativa alla firma del memorandum, perché sarebbe impensabile uscire dall’eurozona, pena una catastrofica svalutazione della nuova moneta e la necessità di rivolgersi di nuovo al FMI, oltre che sul fatto che comunque l’accordo firmato lasci margini di manovra.
Durante l’intervento, il Premier ha, inoltre, formulato due proposte: convocare un congresso straordinario per il mese di settembre, nel quale chiarire la nuova linea strategica del partito nelle nuove condizioni date (ovvero, alla luce della linea di capitolazione già intrapresa e rispetto alla quale l’ex segretario non accetta alcun cambiamento di rotta) e tenere un referendum interno al partito sul tema del proseguimento delle trattative con i creditori (ovvero, se rimanere al governo oppure ritirarsi).
La strategia di Tsipras sembra chiara: tenere un congresso di normalizzazione nel mese di settembre, potendo rivendicare la vittoria di aver conseguito un prestito-ponte di 86 miliardi dalla troika (ma la conclusione positiva di tali trattative, prevista per il 20 agosto, è tutt’altro che scontata, viste le posizioni di FMI, Schaeuble e Parlamento Tedesco), per poi andare a nuove elezioni in autunno, sfruttando i sondaggi che gli danno un gradimento personale alle stelle, con probabile conseguimento della maggioranza assoluta, e la possibilità offerta dalla legge greca di poter presentare liste bloccate in caso di elezioni anticipate. In tal modo, egli si ritroverebbe in sella, rafforzato rispetto ad ora sia sul fronte parlamentare, con l’espulsione dalle liste e quindi dall’Assemblea legislative dei deputati critici, sia sul fronte interno al partito con la normalizzazione degli organi dirigenti, prima che le misure draconiane di austerità che ha già cominciato a far approvare possano dispiegare completamente i propri effetti sulle fasce sociali deboli e minare il vasto consenso di cui tuttora gode tra gli elettori e tra i militanti. La scarsa credibilità dei partiti filo-troika, d’altronde, fa sì che al momento l’operazione mirante a dar vita a una “Syriza 2.0” non debba preoccuparsi di competitori elettorali all’altezza.
A tale disegno, la Piattaforma di Sinistra, la quale fino ad ora ha avuto un atteggiamento ancora ambiguo sul sostegno o meno al governo (del tipo “lo appoggiamo, ma non votiamo le misure del memorandum”) ha risposto con la richiesta della convocazione non di un Congresso Straordinario, bensì della Conferenza Permanente, cioè con la stessa composizione del congresso precedente; tale convocazione dovrebbe avvenire ai primi di agosto, quindi prima della fine prevista delle trattative per ottenere il prestito promesso dalla troika e dell’approvazione delle conseguenti misure di austerità e controriforme da votare in Parlamento. Anche in questo caso la strategia è chiara: la riconvocazione della platea congressuale “pre-capitolazione” farebbe emergere in maniera più netta il dissenso interno alla maggioranza del partito nei confronti del memorandum e smonterebbe la tattica del Premier di mettere il partito di fronte al fatto compiuto sulla nuova linea.
Al termine di un’accalorata discussione, le votazioni si sono concluse con una vittoria a metà da parte di Tsipras, che ha prevalso per quanto riguarda la convocazione del Congresso Straordinario a settembre, ma che si è visto bocciare (secondo alcune fonti l’ha ritirata all’ultimo per evitare di certificare il voto negativo nei suoi confronti) la richiesta di referendum interno sull’azione del governo. “Quanti referendum dobbiamo fare ancora? – ha polemizzato il portavoce della Piattaforma di Sinistra, Panagiotis Lafazanis – ne abbiamo fatto già uno e abbiamo preso il 62%”.
L’ago della bilancia nelle votazioni è stato rappresentato dai membri dall’ala sinistra della (ex) maggioranza, il cosiddetto ‘Gruppo dei 53’, nell’ambito del quale si deve registrare la defezione della componente proveniente dal KOE (Organizzazione Comunista di Grecia), che ha deciso di ritirare i propri 17 membri del Comitato Centrale, i quali hanno già presentata una lettera di dimissioni dall’organismo affermando che non hanno intenzione di partecipare ad un congresso predeterminato e che servirà solo a sancire la trasformazione di Syriza in un ‘partito del Memorandum’.
Al di là delle dichiarazioni di facciata e dei richiami all’unità, lo scontro interno a Syriza si va polarizzando sempre di più, in particolare intorno al tema principale: è possibile opporsi alle politiche di austerità restando nell’eurozona e nell’UE? Può un’opzione di governo riformista e di sinistra reggere e svolgere una funzione all’interno della gabbia rappresentata dalle compatibilità della troika? Su tali temi vi sono risposte differenti e opposte, oltre ad una vasta fascia di indecisi che la realtà dei prossimi mesi si incaricherà di orientare.
Fonte
Tsipras fa orma il paio con Bertinotti. Se le sue strategie andassero in porto si registrerà l'ennesimo epitaffio della sinistra.
L'unica cosa di cui non mi capacito è il gradimento che ancora riscuote tra la popolazione, onestamente non me lo spiego nemmeno tirando in ballo lo smarrimento (che però cozza col famoso 62% al referendum) o la narrazione mediatica a senso unico.
Un primo ministro del genere era da prendere a calci nel culo a partire dalla mattina del 13 luglio.
In ogni caso, i riformisti si stanno dimostrando, per la Grecia, il medesimo cancro che furono i socialisti per l'Italia negli anni '80.
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