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27/07/2015

Svolta fiscale. Ha ragione Renzi e non Bersani. Però con Renzi bisogna scontrarsi...

Non ignoro affatto le capacità di piccolo truffatore del tamarro fiorentino, considero tranquillamente la possibilità che stia solo “facendo ammuina” per preparare la campagna elettorale. So perfettamente che è capace di abolire una tassa per sostituirla con altre tre e so che magari la Ue gli si metterà per traverso per cui cercherà di venirne fuori con uno dei suoi soliti imbrogli verbali. Tutto considerato e soppesato.

Però attenzione: può anche darsi che questa volta non abbiamo a che fare solo con il solito gioco delle tre carte, ma con qualcosa di decisamente più serio e articolato. E se così fosse, stiamo rischiando tutti di tirare la volata a Renzi facendoci trovare impreparati di fronte alla sua iniziativa.

Anche perché non è detto che sia tutta farina del suo sacco e che, magari, questa volta possa esserci qualche suggeritore da non sottovalutare.

Veniamo al centro della questione: in questo paese la pressione fiscale ha raggiunto livelli demenziali e va abbattuta velocemente, se non vogliamo far crollare del tutto il tessuto delle imprese e raggiungere livelli Weimariani di disoccupazione.

Dobbiamo avere il coraggio di dirci alcune cose:

1- Berlusconi è stato una sciagura per questo paese, non si discute, ma Monti ha peggiorato le cose. Con Monti abbiamo visto crescere la pressione fiscale come mai prima, l’occupazione è crollata ed il Pil è calato, di conseguenza il debito pubblico non è diminuito in assoluto ed è cresciuto in rapporto al Pil dal 119 al 133%.

2- In questa sciagurata politica economica, Monti ha avuto nel Pd di Bersani il suo massimo sostenitore e nei governi Pd di Letta e Renzi i suoi continuatori, in una sorta di Montismo-senza Monti. Dunque, Bersani, che sarebbe la “sinistra” del Pd, se si parla di politica economica, può aprire bocca solo per dire “Mi vergogno profondamente” e rimettersi a sedere.

3- Il Montismo senza Monti, per la verità, ha avuto buoni sostenitori in quella corrente di “giovani turchi” da cui proviene qualche giovanotto che oggi si appresta con Sel a dar vita ad un nuovo soggetto di sinistra, ma dal quale non abbiamo sentito una sola parola di critica al montismo con o senza Monti di questi anni.

4- La serie di Presidenti del Consiglio non eletti ma scelti per investitura napolitaniana, ha costituito una sorta di giunta commissariale per conto della Ue ed una sostanziale sospensione dei principi di democrazia in questo paese.

Tutto ciò premesso, Renzi ora prospetta una modifica di questo corso. E’ come Berlusconi? Evviva! Vuol dire che stiamo tornando dal peggio al male: è un passo avanti.

Ma, mi direte, Berlusconi di tagli alle tasse ha parlato molto ma ne ha fatti pochissimi, e quindi, lo stesso farà il suo allievo fiorentino. Ma la storia non si ripete mai uguale, ricordiamolo sempre.

Facciamo conto che questa volta dobbiamo confrontarci con qualcosa di più serio. In primo luogo occorre capire che tagli vuole operare Renzi. Quello sulla casa (di cui ci occuperemo nei prossimi giorni) è il più semplice, anche perché comporta un mancato introito che può essere sostituito con relativa facilità. Più serio è il discorso della seconda rata che toccherebbe Ires ed Irap nel 2017 e che credo sia il nervo più delicato, perché tocca le aziende ed è di lì che ci ripromettiamo una ripresa. Ed a questo proposito occorre confrontarsi prima di ogni altra cosa sul “quanto”. Se si trattasse di una limatina nell’ordine di si e no 1 punto percentuale o meno, gli effetti sarebbero modesti o nulli.

Quindi iniziamo a parlare di numeri. Poi c’è la grande bolla dell’Ipref che merita un discorso a sé, perché riguarda la fetta maggiore degli introiti fiscali.

Il secondo ordine di interrogativi che dobbiamo porci è come intende sostenere la sua manovra Renzi e qui le strade, se si fa sul serio, sono queste:

a. la crescita del Pil;

b. fare disavanzo da finanziare con nuovi debiti;

c. alienare beni pubblici e privatizzare pezzi di economia reale;

d. ridurre la spesa;

e. spostare una parte del carico fiscale da una fascia di contribuenti ad un’altra (ad esempio tassare la rendita).

Ovviamente il primo modo è il più auspicabile ed è anche l’obiettivo che vogliamo raggiungere con il taglio delle tasse, perché ad un maggiore Pil corrisponde un maggiore introito fiscale. Però è evidente che la crescita viene dopo e, magari un bel po’ di tempo dopo, mentre occorre sopperire subito al bisogno. E’ parte della manovra ma nella sua fase terminale, a medio-lungo periodo.

Secondo modo: fare disavanzo, è quello che suggerisce Rossi, il governatore della Toscana ed anche qui se ne può discutere. Bisogna vedere che ne pensano a Bruxelles, Francoforte e Berlino. Poi, nuovi debiti significa anche più interessi da pagare e il vantaggio potrebbe essere solo momentaneo, per complicare la vita in seguito. Infine non dobbiamo dimenticare la sciagurata riforma che ha introdotto il vincolo del pareggio di bilancio in Costituzione e che altri si preoccuperebbero di far rispettare. Insomma, non pare un’uscita granché praticabile.

Restano le altre strade che potrebbero essere la parte più realistica del progetto. Le privatizzazioni: stiamo iniziando con la Cdp, seguiranno pezzi di Finmeccanica ed Eni, beni demaniali ecc. E qui occorre stare molto attenti sia a cosa stiamo privatizzando sia a quali condizioni. E questo perché quando si privatizza in blocco, e sotto la pressione dei conti da far quadrare, non si vende ma si svende. E nella svendita poi, non solo si recupera poco, ma capita di fare qualche regalo agli amici. Le privatizzazioni possono anche diventare un modo per ridisegnare la mappa del potere di un paese. Qui occorre andare al di là delle solite sparate propagandistiche ed una forza politica seria (se ancora ce ne fosse qualcuna in questo povero paese) starebbe già dando mano ad un libro bianco sulle privatizzazioni con cui confrontarsi con il governo (figuriamoci!).

Ma la cosa più probabile è che il quarto punto sarà il vero cuore politico della manovra: la spending review. Che la spesa del nostro paese debba essere tagliata e riqualificata, mi sembra una questione di buon senso. Il punto è tagliare cosa? Da quasi 40 anni, quando si parla di tagli alla spesa pubblica il riferimento automatico che scatta è: pensioni, sanità e scuola. Cioè demolire pezzi di stato sociale.

Che ci sia da eliminare sprechi e diseconomie anche nella sanità e nella scuola è ragionevole e sarebbe saggio passare al pettine fine i bilanci periferici, ma, è realistico che da questa parte ci sia poca polpa da recuperare ed il taglio si traduce regolarmente in una riduzione delle prestazioni e nell’aumento di ticket, visite private, tasse scolastiche ecc. Col che abbiamo semplicemente spostato una parte del carico fiscale da una voce ad un’altra.

Ma è sicuro che questo sia l’unico modo di tagliare la spesa? Abbiamo fatto due conti su quanto frutterebbe all’erario un secco taglio alle retribuzioni più alte di manager, personale politico, vertici della Pa, consulenti vari ecc? Il taglio può avvenire in due modi: decurtando fortemente i compensi per i contratti a termine oppure usando la leva fiscale per i compensi che superino una certa soglia, ad esempio 150.000 euro all’anno. E piantiamola con il luogo comune per cui lo Stato, in questo modo, perderebbe i migliori: quelli che ci sono non mi sembrano affatto i migliori. Poi ci sono molte altre voci di bilancio da defalcare: dalle spese di rappresentanza alle spese militari (ad esempio le costosissime missioni all’estero) o alle eccessive spese di interessi per mutui non sempre necessari e non sempre trattati al meglio, soprattutto dagli enti locali che fanno pasticci con le banche, per non dire del costo coperto della corruzione politica e su questo c’è molto da fare. E poi, in prospettiva c’è la non più rinviabile riforma della Pubblica Amministrazione, con una decisa razionalizzazione del corpo dei dipendenti (e, soprattutto negli enti locali, c’è da fare) e non sto parlando di scuola e sanità. Come si vede ci sono margini per intervenire sulla spesa pubblica e non di lima, ma di scimitarra senza toccare, però, la spesa sociale.

Dunque, è probabile che il vero fronte su cui, probabilmente, dovremo fronteggiare Renzi è quello della spending review, orecchio al quale la sinistra sente molto male e... pour cause. Sul tema ci torneremo in un articolo apposito, per ora ci basta dire che ci sono altri modi di tagliare la spesa che non quelli “soliti” di scuola, pensioni e sanità.

Infine, il tema della redistribuzione del carico fiscale dalle fasce più basse e dalle imprese ai redditi più alti e, soprattutto alla rendita che non è colpita mai. Ma di questo riparleremo.

Come si vede, Renzi ha ragione a dire che bisogna abbattere la pressione fiscale ma c’è modo e modo di farlo e lo scontro va portato su questo terreno, non sul piano delle fesserie dette da Bersani e Fassina che, proprio, non vogliono sentir parlare di riduzione del peso del fisco e manderebbero il paese in fallimento.

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