Come si sa, Nichi Vendola è stato rinviato a giudizio per la questione dell’Ilva di Taranto, insieme ad una quarantina di altre persone. L’accusa è quella di concussione, in quanto avrebbe fatto pressioni a favore dell’Ilva su Giorgio Assennato, direttore generale di Arpa (Agenzia Regionale di Protezione Ambientale) Puglia.
Infatti, qualche mese prima, il dott. Massimo Blonda (che conosco personalmente ed, anche se non lo vedo da una trentina di anni, posso dire che è persona molto seria e scrupolosa) presentò una relazione dalla quale si evinceva che c’era un preoccupante picco di benzoapirene, proveniente quasi esclusivamente dall’Ilva e proponeva una secca riduzione di emissioni per poterle consentire di continuare a produrre. Il direttore dell’Arpa Assennato (che pure conosco personalmente, e posso dire che non farebbe mai un falso) fece sua la relazione.
Diverse intercettazioni telefoniche dimostrano che ci fu un contatto continuo fra Archinà (addetto alle relazioni dell’Ilva) ed i vertici della Regione Puglia, compreso Vendola, per screditare Assennato ed i suoi collaboratori ed ottenere che la Regione non facesse sua quella relazione. Nel quadro delle intercettazioni tornata a galla anche l’infelice telefonata fra Vendola e Giorgio Archinà, resa pubblica a settembre 2013, che produsse una pessima impressione nell’opinione pubblica. L’Arpa mitigò le sue posizioni, pur mantenendo un forte atteggiamento critico.
Oggi, e la cosa è un po’ paradossale, Assennato si ritrova rinviato a giudizio anche lui per quella attenuazione. Va detto, però, che Assennato ha sempre negato di essere stato in qualche modo costretto da Vendola a quel passo e, quindi, ha smentito di essere stato concusso. Questi i fatti.
Non credo che nessuno possa accusarmi di eccessive indulgenze verso Vendola o il suo partito, anzi spesso mi si rimprovera il contrario, ma devo dire, per la conoscenza personale che ho di Vendola, non credo per un attimo che sia un corrotto. Non credo che l’accusa nei suoi confronti reggerà al dibattimento.
Allora si tratta di un attacco politico ai danni del primo governatore di sinistra della Puglia, come si legge in alcuni siti di area Sel pugliese? Nemmeno per sogno. Per complessi giri parentali che non sto qui a spiegare, conosco benissimo il Procuratore Capo della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio e da più di mezzo secolo: è un magistrato molto equilibrato. E’ sempre stato un moderato e non ha mai avuto simpatie di sinistra (anche se qualche giornale, parlando del tutto a sproposito, ha cercato di dipingerlo come la solita “Toga Rossa” per l’intransigenza dimostrata nei confronti dell’Ilva), ma sono certo che le simpatie politiche non influenzino in nessun modo il suo operato di magistrato: si sarebbe comportato allo stesso modo se al posto di Nichi ci fosse stato Fitto o chiunque altro.
E’ un magistrato assolutamente non incline alla indulgenza, questo si, e, se la memoria non mi inganna, faceva riferimento ad una delle scuole penalistiche più rigoriste, come quella di Pietro Nuvolone. Per di più a Taranto c’era un forte allarme sociale per gli effetti dell’inquinamento che è indiscutibile ci fosse e grave. Dunque, togliamo di mezzo questa idea del complotto ai danni di un leader della sinistra, che non ha alcun fondamento (peraltro non mi pare che Nichi abbia mai detto nulla del genere).
Ma togliamo di mezzo anche un’altra idea altrettanto infondata: che Nichi possa aver fatto qualcosa per denaro. Lo conosco troppo bene, so che la vita brillante non gli dispiace e non disprezza i generosi (anche troppo) compensi della Regione Puglia, ma sono convinto che non prenderebbe mai mezzo euro di tangente o simile. Se non è cambiato del tutto nell’ultimo decennio (non lo incontro personalmente più o meno da quel tempo), posso dire con certezza che è una persona onesta. Magari pasticcione e può aver fatto errori politici, ma non è un disonesto.
Ed allora, se Vendola è onesto, Blonda ed Assennato sono persone serie, Sebastio è un magistrato corretto, come ci spieghiamo questa situazione? I processi si fanno proprio per capire come stiano le cose e, quindi, un rinvio a giudizio non è una sentenza di condanna, ma il prodotto di come le cose si sono presentate al magistrato, su cui non c’è ancora stata la parola della difesa.
Non conosco la carte processuali, per cui azzardo qualche ipotesi, cosciente del fatto che possa essere poi smentita dall’andamento dibattimentale. Credo che, almeno per quel che riguarda la posizione personale di Nichi, sia essenziale partire dalla motivazione dei suoi comportamenti più o meno accertati.
Credo che alla base ci sia il problema dell’occupazione nella città ionica, che, da mezzo secolo, vive intorno al siderurgico. Rischiare una chiusura o anche una sospensione degli impianti significherebbe immediatamente una crisi sociale della città, con negozi che chiudono, affari che crollano e la disoccupazione che si allarga a macchia d’olio. Ovviamente, questa non è una buona ragione perché i tarantini debbano beccarsi un cancro ed è evidente che sarebbe stato necessario intervenire per porre rimedio alla situazione conciliando le prioritarie ragioni ambientali con quelle occupazionali. Dunque, obbligando l’azienda a produrre in modo meno inquinante, anche se questo avesse comportato (come era inevitabile che fosse) costi maggiori: le economie di produzione non si possono fare sulla pelle della gente. Una difficile quadratura del cerchio, che richiedeva fantasia, autorevolezza, capacità progettuale, competenza tecnica. Cose purtroppo mancate in questa occasione. Ma questa è materia di giudizio politico (che peraltro non riguarda il solo Vendola e gli amministratori locali, ma che investe anche il governo nazionale che non poteva ignorare la situazione tarantina), non di giudizio penale.
Vendola, per di più, aveva anche le pressioni della Fiom (alla quale è sempre stato molto sensibile) con cui fare i conti ed, infatti, nella famosa telefonata cui accennavamo, dice all’uomo dell’Ilva “I vostri migliori alleati sono quelli della Fiom che mi telefonano venti volte al giorno”.
Nel suo comportamento, forse gli si può rimproverare faciloneria, leggerezza, superficialità, quegli stessi difetti che lo hanno spinto a quella sciagurata telefonata. Proprio perché conosco Nichi, so che la sua indole è piuttosto narcisistica, quel che lo induce alla ricerca di una certa complicità – un po’ ruffiana – con il suo interlocutore del momento, ma questo non significa sempre che quel che dice lo pensi realmente. Quelle frasi – certamente infelici – che abbiamo ascoltato fanno parte di questo aspetto caratteriale del personaggio ed indicano una certa compiacenza (direi anche un po’ di piaggeria), ma non implicano alcuna complicità sostanziale con l’interlocutore. Dunque, insisto, leggerezza, superficialità, avventatezza, ma non cinismo o, peggio, comunanza nel malaffare.
E questo stesso stile poco accorto è probabilmente alla base del suo comportamento oggi sotto i riflettori della giustizia. Immagino che Nichi sia stato facilmente influenzabile da parte degli interessati che gli avranno prospettato un eccesso di severità da parte dell’Arpa, che gli avranno snocciolato dati di parte, ma soprattutto, sospetto possano averlo fatto cadere in una manovra aggirante, facendogli arrivare da terzi voci malevole verso l’Arpa, dati favorevoli all’Ilva ecc. e che abbia finito per convincersi di queste ragioni non avendo tempo e voglia di approfondire la questione (questo è uno dei difetti di Nichi che è sempre suggestivo ma mai profondo). E’ ovvio che sia intervenuto dicendo ad Assennato qualcosa che oggi questo sembra una indebita pressione. Già la minaccia di non confermarlo nell’incarico (di cui si legge nei giornali) non so quanto sia credibile e se sia stata effettivamente proferita. Avrà fatto leva sulle difficoltà sociali della situazione, magari avrà parlato di un miglioramento delle condizioni di produzione, poi non avvenuto.
Certo, tutti elementi che si muovono sul piano psicologico. Ma, allo stato dei fatti, le apparenze sono contro di lui e mi figuro perfettamente l’immagine che possa esserne fatta un magistrato puntiglioso come Sebastio che ha sul collo il fiato della città imbestialita contro l’Ilva e, per di più, è esposto ad una campagna indecente della stampa di destra.
Sono convinto che il dibattimento alla fine scagionerà Nichi. Conoscendo la sua fragilità caratteriale, immagino la sofferenza psicologica che starà attraversando. Per cui, pur nel forte dissenso politico di queste settimane, sento il dovere di fornire questa pubblica attestazione sulla sua sostanziale onestà ed esprimergli la mia amicizia personale in questo momento difficile.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento