Una nuova tregua “umanitaria”, la terza in un mese, sarebbe già stata
violata dagli stessi che l’hanno dichiarata. E’ la storia che si ripete
in Yemen, a quattro mesi dall’inizio dei raid della coalizione
anti-houthi a guida saudita e dopo l’annuncio fatto unilateralmente sabato da Riyadh di interrompere i bombardamenti per cinque giorni per “motivi umanitari”. La violazione della tregua sarebbe avvenuta questa mattina all’alba, quando due
raid sauditi hanno colpito un centro medico di Hajjah che dava rifugio
ai militanti houthi e la periferia di Saadah, roccaforte della
ribellione sciita. Secondo quanto riportato dall’agenzia stampa iraniana
Fars, le vittime sarebbero rispettivamente 3 e 2.
A darne la notizia è stata l’emittente CNN, che cita fonti
del ministero della Difesa yemenita. La maggior parte della stampa
internazionale si è invece concentrata su bombardamenti nella città di
Taez, già teatro due settimane fa della violazione saudita del secondo
cessate il fuoco: secondo le fonti di sicurezza yemenite sarebbero stati
gli Houthi ad aprire il fuoco, mentre alla periferia nord e ovest di
Aden, recentemente riconquistata dalle forze governative, i ribelli
sciiti si sarebbero scontrati con le milizie fedeli al presidente Abd
Rabbo Mansour Hadi.
Il dito internazionale è puntato tutto sugli Houthi, nonostante
abbiano dichiarato di non aver acconsentito ad alcun cessate il fuoco
perché non interpellati. A seguito dell’appello fatto ieri sera dal
segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon per rispettare la tregua, il
capo del comitato rivoluzionario degli Houthi Mohammad Ali al-Houthi ha
dichiarato tramite l’agenzia stampa Saba che il gruppo non avrebbe preso una posizione a riguardo fino a quando le Nazioni Unite non glielo avessero notificato.
Solo un tiepido monito è giunto invece dall’ONU alla notizia del
bombardamento della coalizione anti-houthi nella notte di venerdì su un
complesso residenziale nella città costiera di Mokha. L’attacco,
il più sanguinoso dall’inizio dei raid lo scorso 26 marzo, ha provocato
dalle 80 alle 120 vittime, quando una serie di bombe è stata sganciata
su un complesso di abitazioni di lavoratori della vicina centrale
elettrica. Sarebbe stato allora che il presidente Abd Rabbo
Mansour Hadi, rifugiatosi da tempo a Riyadh, avrebbe chiesto al suo
alleato saudita il cessate il fuoco di cinque giorni.
Intanto, del corridoio umanitario non si ha ancora notizia: dopo la concessione fatta mercoledì scorso dal blocco sunnita all’attracco nel porto di Aden di un cargo delle Nazioni Unite contente aiuti per circa 180 mila persone,
il primo in quattro mesi, per ora sui rifornimenti per la popolazione
affamata grava il silenzio. Quattro mesi di raid e di guerra hanno
ucciso oltre 3.500 persone – tra loro circa 365 bambini – stando alle
cifre diffuse dall’Onu, mentre oltre la metà della popolazione yemenita è
in disperato bisogno di cibo.
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